Lo sportello impossibile di Giorgio Fontana
Piero Manzoni, Leonardo da Vinci, Enzo Jannacci o Carla Fracci — per non citare che alcuni fra i protagonisti di questi racconti — redivivi e scalpitanti agli sportelli dell’INPS di Milano? E perché no. L’esercizio della narrativa consente nell’allenarci a sospendere l’incredulità, e liberare nel contempo la facoltà di calarci nei panni altrui. “Davanti a un’esperienza letteraria inusitata”, scriveva magnificamente Northrop Frye nel Critico ben temperato, “la domanda pertinente non è «È vero?», bensì: «Una cosa simile può concepirla l’immaginazione?». In caso di risposta negativa, esiste ancora la possibilità che il nostro concetto di ciò che è concepibile dall’immaginazione debba essere allargato. In tal modo la letteratura fornisce una riserva di possibilità d’azione; ci offre una comprensione e una tolleranza maggiori, e nuove prospettive d’azione; aumenta la capacità di esprimere le credenze sia nostre che altrui”.
Comprensione e tolleranza sono qualità che per forza di cose — e spesso fra molte difficoltà — appartengono a chi lavora a stretto contatto con le persone, ogni giorno, e le assiste in procedimenti delicati o deve risolvere per loro problemi cruciali. Ma come si troverebbero questi professionisti davanti a figure del passato particolarmente celebri (e non di rado dal carattere fumantino)? E i bei nomi, a loro volta, come interagirebbero con il tempo presente?
L’elemento comune di questi racconti è, non sorprendentemente, proprio la sorpresa. La quotidianità viene interrotta nel modo più brusco, ma che si tratti di un’allucinazione del protagonista, di un sogno o di un resoconto fattuale non importa poi molto. Allo stesso modo, al di là delle varie soluzioni tecniche scelte — talora di notevole acume — l’aspetto davvero importante è un altro: il modo in cui lo “sportello impossibile” si tinge, paradossalmente, di possibile. E ci avvicina al vissuto autentico degli artisti qui narrati.
Ovviamente non perché i vari Alessandro Manzoni, Leopold e Wolfgang Amadeus Mozart o Igino Ugo Tarchetti — per citarne qualcun altro — potrebbero visitare davvero questo o quell’ufficio dell’INPS locale; ma perché nei racconti sono dipinti nella loro umanità, nelle loro contraddizioni e nelle loro idiosincrasie. Giù dal piedistallo da cui ci fissano distanti, in una situazione che li accosta democraticamente al resto della coda in attesa — il recarsi a un servizio pubblico, il domandare. Il conversare.
Naturalmente ognuno di essi reagisce nei modi più diversi e consoni alle loro personalità, e qui sta il bello: ogni racconto trae a modo proprio linfa da uno scenario dove monotonia e straordinario si sfiorano e collidono nello spazio di qualche meraviglioso minuto. Aggiungo: spesso torna anche un ironico cenno al fatto che la previdenza sociale — insieme ad altri diritti — non era affatto riconosciuta nel passato; e il cui valore, ahimè, a volte dimentichiamo anche oggi. Ciò conferisce un tocco di pregevole malinconia alla freschezza di questi divertissement, e persino una dimensione di realismo. Un realismo capace, come ogni opera narrativa, di rettificare anche solo per un istante le apparenze; un realismo fantastico, se così posso dire, cui abbandonarsi con piacere e riflessione.
Giorgio Fontana, giovane autore, già giurato del Premio letterario Energheia, vedrà la sua ultima fatica letteraria il prossimo 21 aprile 2022 per l’edizione Sellerio, dal titolo: Il Mago di Riga.