Lo studio di Nicola Valentino. Storie di manicomi vecchi e nuovi
Il Quotidiano – Martedì 19 luglio
La prima parte della rassegna culturale “Lentamente”, giunta ormai alla sua quinta edizione, si è conclusa venerdì pomeriggio con un’incontro dedicato alle sofferenze relazionali ed alla diversità. L’incontro, tenutosi in piazzetta Ridola, ha visto protagonista Nicola Valentino ed il suo libro “Istituzioni post manicomiali”, in cui sono confluite una selezione di storie vissute, raccolte tra gli operatori e i residenti di Strutture intermedie residenziali, ovvero le comunità, le case di accoglienza, tutte quelle strutture che dovrebbero provvedere alla reintegrazione nella società di un individuo che ha vissuto per molti anni rinchiuso in una struttura d’istituzione totale.
In effetti considerando che quando parliamo di istituzioni totali ci riferiamo a strutture quali le carceri, i manicomi, i campi di lavoro sembra naturale chiedersi che tipo di esperienza fanno le persone che ci vivono, secondo quali meccanismi entrano in relazione, ma soprattutto come fanno a sopravvivere.
“L’obiettivo di questo libro è quello di dare, attraverso un’accurata analisi di esperienze realmente vissute in queste strutture, delle risposte a questi interrogativi. – ci spiega l’autore – L’analisi che abbiamo condotto, dunque, mira ad analizzare il meccanismo di adattamento alla struttura, quelli per il suo riconoscimento, ma soprattutto si tratta di un’analisi che vuole coinvolgere un ambito sociale più vasto e non riferirsi solo all’individuo che vive l’istituzione”. La metodologia utilizzata per l’analisi di queste strutture è stata la socio-analisi narrativa, che permette di descrivere queste istituzioni sulla base della loro quotidianità, permettendo così di capire se le strutture istituzionali post totali sono un vero mezzo d’integrazione o rappresentano solo la continuità delle strutture manicomiali. “Dalla nostra analisi, effettuata anche grazie alle sollecitazioni degli stessi operatori istituzionali, naturalmente è emerso che sono molti gli elementi di continuità tra le due strutture. – prosegue l’autore, che ha vissuto in prima persona l’esperienza di un’istituzione totale – In effetti non si acquista una libertà totale, ma si rimane comunque legati a determinate regole, ad un controllo spaziale e temporale tipico delle istituzioni totali”.