Riprogettare Roma
_ di Roberto Vacca_
Ho visto di sera via dei Fori Imperiali senza auto. Pochi pedoni anche ora nella buona stagione. Ci si affaccia sui Fori e si vedono pezzi di colonne messi in fila, il retro della Curia e tratti di colonnato illuminati in verde e celeste. La sede stradale è vuota: ci passano bus e taxi, perciò a piedi – solo sui marciapiedi. C’era un chitarrista rumoroso. Venditori di treppiedi.
Esperienza poco entusiasmante. Chiudere una strada o un ponte ai pedoni soddisfa esigenze ideologiche, non funzionali.
La città di Roma va riprogettata nella struttura urbana e nelle funzioni. Gli interventi piemontesi dopo il 1870, quelli fascisti dopo il 1930 e quelli dopo la guerra sono stati fatti a pezzi. I piani regolatori hanno conservato puntigliosamente strutture che andavano eliminate e integrate.
In queste poche righe non avrebbe senso nemmeno delineare come si dovrebbe riprogettare Roma. Elenco solo alcuni esempi di aree, che sono risorse potenziali enormi, se redente nel quadro di un piano globale. I piccoli interventi locali non migliorano l’estetica e aggravano i problemi invece di risolverli. Nel centro di Roma ci sono circa 100 ettari (un chilometro quadrato) di aree militari. Fra queste: l’ospedale militare e sue pertinenze sul Celio (uno dei 7 Colli), magazzini e caserme a Castro Pretorio, via Marsala (che strozza la stazione Termini), via Labicana, Prati, etc. Ai lati del Tevere in zona Ostiense-Magliana ci sono vaste aree ex-industriali rugginose e fatiscenti.
A 2 kilometri dal Colosseo ci sono oltre 15 ettari occupati dal vecchio mattatoio (con mercatini, esercizi commerciali, accampamenti di zingari) e dal Gazometro. Sull’area dei mercati generali dismessi, si sta costruendo una Città dei Giovani, che prevede auditorium, torre del cinema ed esercizi commerciali. Anche questa attrarrebbe gente, ma il progetto non sembra includere soluzioni per la mobilità.
Il problema dei trasporti a Roma non si risolve ridisegnando le aree che cito sopra. Perche il traffico privato funzioni in una città in cui il 50% degli abitanti ha un’auto, almeno il 25% dell’area urbana dovrebbe essere riservato alle strade, che non dovrebbero contenere veicoli in sosta. A Roma la superficie stradale è solo del 18% [70 km2 su 400], però ci sono 70 auto per ogni 100 abitanti per cui, con oltre due milioni di auto in sosta ai bordi delle strade, la superficie rimasta ai veicoli in moto è inferiore al 10%. Il fatto che si circola male induce numeri crescenti di utenti a tenere ferma la loro auto.
Si stanno avviando a risolvere il problema varie grandi città tedesche. A Roma ci si prova in modo microscopico. Descrissi la soluzione vera in un articolo del 2011 pubblicato da “Il Caffè” di Locarno. Lo riporto qui di seguito. Spero che lo legga anche il Prof. Marino, sindaco di Roma.
“Va: sostituito il 90% delle auto private con una flotta di veicoli in affitto costituita dal 10% dell’attuale parco auto urbano. Le auto in comune, senza autista, saranno accessibili e pagate con carta di credito. Il lettore della carta di credito a bordo è connesso via radio con la centrale e con la banca. Di giorno la metà è in uso. L’altra metà è in attesa di utenti, che le raggiungono con un breve percorso a piedi. I luoghi ove sono disponibili auto in affitto sono mostrati in tempo reale su cartelli stradali con mappa, su Internet e sui telefoni cellulari. Dopo l’uso, l’utente lascia l’auto e la parcheggia in sosta consentita. Non deve andarla a prendere in centri di raccolta né riportarcela. Più questi sono capienti, più sono lontani dall’utente. L’inserzione della carta di credito a fine servizio interrompe l’addebito e segnala via radio al centro il luogo ove è l’auto, il livello del carburante e la diagnosi di eventuale guasti. Quindi interviene il personale per rifornimento, riparazione o rientro in garage). I serbatoi non si riempiono ai distributori, ma da autocisterne mobili (il processo è ben più facile e sicuro degli approvvigionamenti in volo).
Eliminata la sosta e ridotto il numero delle auto, sparisce la congestione e si viaggia in città a 50 km/h, invece che a 10. La maggiore velocità e la diminuzione del numero di auto migliorerebbero la qualità dell’aria. Oltre a risparmiare tempo, non immobilizzeremmo il nostro capitale (che si deprezza) e non cercheremmo parcheggio ogni volta che ci fermimo. Le noie burocratiche – assicurazione, tassa circolazione, riparazioni, saranno comprese nell’addebito su carta di credito. La responsabilità civile sarà assicurata dall’identificazione con carta di credito. Gli utenti certificano via radio le condizioni dell’auto quando la prendono e quando la lasciano e queste dichiarazioni sono registrate.
Questo sistema darebbe grossi vantaggi, se adottato su grande scala. Invece, introdotto con poche migliaia di auto in comune, non darebbe gran giovamento. Quindi sarà necessaria una sapiente campagna di propaganda e informazione- Non sembra fattibile convincere mediante una adozione graduale la massa di automobilisti ormai abituati al possesso del veicolo. Alcuni lo considerano ancora come un simbolo di status.
La diminuzione drastica del numero di auto apparirà come un disastro per l’industria automobilistica. L’auto privata sarà sempre ritenuta vitale per chi abita lontano dalla città. Inoltre ciascuna auto pubblica che i cittadini usano a turno percorrerà circa 150.000 km/anno [mentre in media un’auto privata fa 10 volte meno strada]. La vita media di un’auto sarà più corta, e il mercato di sostituzione più vivace. I costruttori, poi, introdurranno innovazioni di progetto. I progressi della tecnologia della comunicazione e dell’informazione permetteranno di ottenere dall’automobile prestazioni ancora poco diffuse. Ogni veicolo, connesso in wifi, potrà funzionare come un centro di comunicazione e di lavoro mobile, mentre molti modi di impiego saranno automatizzati. Il pubblico si convincerà che la modernità e l’attrattiva di un’auto consistono in funzioni intelligenti e non in motori potenti con i quali raggiungere velocità alte – illegali, pericolose e irrealizzabili se il traffico è congestionato.
Questo futuro appare inevitabile: in tutto il mondo i parchi auto si stanno saturando. Per avviarci a una transizione razionale, industriali, investitori e governi faranno bene a formulare piani tempestivi.”
Riprogettare un grande sistema – una grande città – che ha proliferato a caso è un’impresa complessa. Richiede competenze multiple, non improvvisazione