Ladri di storia, predoni di paesaggi fragili di Michele Morelli
A proposito dei lavori di “pubblica utilità” attivati recentemente dal comune di Matera nel territorio del Parco Regionale della Murgia Materana, i cosiddetti “Lavori per la realizzazione di sezioni Preistoria e Civiltà Rupestre del Parco della Storia dell’Uomo”. Ti allego inoltre due foto (prima e dopo la lottizzazione di contrada San Francesco.
Li chiamano “ladri di storia”, predoni di paesaggi fragili, di patrimoni artistici e di ambienti naturali. Da tempo i territori del sud sono stati e sono oggetto di traffici illegali di materiali della storia. Le inchieste della magistratura nella vicina Puglia parlano addirittura di trulli smontati, ben confezionati, pronti per essere spediti al nord. Sembra tutto inverosimile, ma è quanto è accaduto e accade sul nostro territorio. Il commercio del paesaggio ha in catalogo anche le pietre meravigliose utilizzate per realizzare i muretti a secco, scalini, capitelli ornamentali. Sono scomparse persino le pietre tombali megalitiche dell’età dei metalli. Anche nei Sassi e nella murgia prospicente i ladri di storia hanno agito e operato indisturbati per decenni. Ancora oggi, quel poco che rimane di autentico è a rischio.
Qualche anno fa ricorderete la scomparsa dell’edicole votive della Madonna del Carmine di vico Giumella (olio su rama); qualche mese prima sparì il dipinto (olio su rame) della Madonna del Rosario di via Lombardi.
Alla fine degli anni sessanta del secolo scorso, centinaia di ettari di paesaggio fragile della murgia materana furono sacrificati per realizzare il cementificio dell’Italcementi. Negli anni novanta del secolo scorso, grazie alla legge istitutiva del parco regionale e alla presenza costante e assidua di Legambiente, terminarono i dissodamenti da parte di agricoltori senza scrupoli fino ad allora tollerati dalle istituzioni locali. Pina Belli D’Elia in un intervento di qualche anno fa sulla Gazzetta del Mezzogiorno spiegava con efficacia la forza attrattiva dei nostri paesaggi. “Eppure – dice la Belli D’Elia – questo era, e potrebbe essere ancora, uno dei più rilevanti punti di forza per un turismo di qualità: una terra che offre, sì, castelli e cattedrali, ma inseriti ancora in un contesto ambientale che conferisce a quelle emergenze monumentali il massimo del loro senso… Ma ai nostri paesaggi si può chiedere di più, perché di più sono in grado di offrire, soprattutto in termini di conoscenza.” La Belli ricorda che negli ultimi anni la devastazione del nostro paesaggio è stata evitata solo dove l’opinione pubblica si è dimostrata più sensibile e attenta nei confronti del proprio patrimonio culturale. L’unico modo per fermare “l’epidemia devastatrice di paesaggi ” è la partecipazione attiva dei cittadini. Si tratta dunque di informare loro correttamente di ciò che li aspetta, cosa guadagna la comunità nella tutela e nel mantenimento del paesaggio fragile della murgia materana ( in bilico tra natura e memoria) ma anche, e soprattutto, cosa potrebbe perdere irrimediabilmente se si continua a ” predare la storia”. Di ” storie cancellate” la nostra città potrebbe raccontarne tante, una l’abbiamo già citata (quella dell’Italcementi); vorremmo non dimenticare l’abbattimento della cripta di san Giacomo, la devastazione dei contesti ambientali di Cristo la Gravinella (lottizzazione in corso) e della Grancia di San Francesco (lottizzazione in corso). Di tentativi di distruzione di paesaggi fragili ve ne sono stati altrettanto, come ad esempio la mancata lottizzazione in contrada Colangiulli (a ridosso delle cave settecentesche), o le richieste bellicose respinte al mittente di società speculative che intendevano realizzare improbabili villette in località Murgecchia.
I problemi della conservazione del paesaggio e dei suoi elementi costitutivi non finiscono qui, spesso a vestire i panni di predatori sono proprio le pubbliche amministrazioni con i loro uffici tecnici, finanche quelle istituzioni nate per difendere, tutelare e conservare il nostro patrimonio culturale (le Soprintendenze e gli uffici regionali della tutela dei paesaggio) .
E a proposito di istituzioni pubbliche, in queste ultime settimane fanno discutere i lavori di realizzazione di due progetti (parco della storia dell’uomo e della civiltà rupestre) promossi dall’amministrazione comunale i cui interventi edilizi ricadono in località murgia Timone, area prospicente i Sassi. Si tratta di lavori per lo più edilizi tendenti ad esaltare aspetti legati alla fruizione di massa più che alla ricerca, alla salvaguardia, alla conservazione e, non ultima, alla messa in sicurezza del paesaggio fragile della murgia materana. Quello che emerge dai rendering, l’immagine che ne se deduce, è a dir poco preoccupante (passerelle e pensiline panoramiche ovunque, illuminazione da eliporto per il villaggio trincerato, ecc. ). Interventi che sottraggono anziché aggiungere valore, inutili ,che danno l’idea di “operare” senza diagnosi, con mano pesante, là dove è necessario intervenire con conoscenza ed estrema prudenza.
Il punto critico sta proprio nel contenuto dell’indirizzo posto a base dell’appalto dei lavori. Si è voluto tener fuori la città (si è voluto evitare il contatto con la comunità, l'”incontro etnografico” direbbe De Martino) pensando che il problema si potesse risolvere delegando il tutto a Invitalia (quale soggetto attuatore) non riflettendo sui limiti di una progettazione “svolta per visite” sosterrebbe il prof. Bronzini.
Le denunce di questi giorni fanno ben sperare, tentare una sutura, un rammendo plausibile. Non sarà facile. Abbiamo bisogno di umiltà, conoscenza e rispetto di un paesaggio fragile come quello della murgia materana, in bilico tra natura e memoria.
L’appello, per il momento, non è altro che un invito ad esercitare la massima attenzione durante tutte le fasi di lavoro. La murgia materana, nonostante tutti i cambiamenti, continua a narrare in modo profondo e denso la storia di questo territorio. La conservazione e la salvaguardia di questo paesaggio fragile è un dovere morale oltre che una prescrizione normativa.