I Brevissimi 2020 – Cane Azzurro, Nicola Pelli_Parma
Anno 2020 – (I colori dell’iride – Azzurro)
Mi sveglio, apro gli occhi e vedo la stanza in disordine, i muri sporchi e ingialliti, richiudo gli occhi. Vorrei dormire in eterno, vorrei vivere nei miei mondi inventati. Sono stanco. Ecco è proprio la stanchezza, è proprio lei il problema; vivere è faticoso, troppo faticoso.
Ricordo che ridevo abbracciato ai miei amici, la vita mi piaceva.
Potrei prendere un cane! Sì, un bel cane allegro e scodinzolante. Domani vado al canile.
Ci saranno tanti cani in attesa, mi annuseranno e smetteranno di battere la coda, i cani hanno un senso in più di me, uno in più di tutti: la chiaroveggenza. Sentiranno il mio odore e capiranno. Vedranno la ciotola vuota e l’acqua sporca, il ritardo ingiustificabile con cui li porterò fuori e il cane che sceglierò mi darà un morso, come per fissare un punto: ‘siamo incompatibili, lasciami perdere.’ Io sarò incrollabile nella mia decisione di portarlo a casa e alla fine si convincerà, sarà un piccolo meticcio chiazzato, non mi piacerà il colore del pelo e lo tingerò d’azzurro.
Una volta a casa gli preparerò un angolo con una bella coperta, la ciotola con l’acqua e un pezzo di formaggio. Non è un bel posto casa mia ma non ho mai sentito di un suicidio canino, ho letto storie raccapriccianti di cani ciechi, alla catena per quindici anni, bastonati tutti i giorni che subiscono ogni genere di cosa senza voler morire, senza il desiderio di staccare la spina. È come se dentro il cane, da qualche parte nella testa, ci fosse un’energia inesauribile. Il cane non crolla mai psicologicamente, soccombe solo ad attacchi fisici cruenti non dipendenti dalla sua volontà.
Dovrò uscire tutti i giorni per il cane azzurro, calerò dal letto e passerò di fronte allo specchio, assonnato, la sua ombra sul pavimento striscerà con il capo chino.
Andremo fuori in strada, io e il cane azzurro con la zampa alzata ad ogni palo, un po’ a marcare il territorio, un po’ per abitudine, un po’ per un tic nervoso. E cosa avrà da annusare? Tutta l’erba, le pisciate, i sassi, la terra, i muri, gli alberi e improvvisamente una richiesta d’amore, con la testa ciondolante a toccarmi i pantaloni, gli occhi imploranti.
Il cane azzurro sarà il mio unico amico, l’unica speranza per non cadere definitivamente. Non avrò troppo tempo, tirerà il guinzaglio con un’energia ignorante. Sì, i cani sono ignoranti.
Il gatto dimostra una certa intelligenza, saranno i loro occhi inquietanti e l’indipendenza, il cane no. Però neppure il gatto si ammazzerebbe, in questo sono simili. Il gatto mi potrebbe attaccare la toxoplasmosi con improvvise graffiate e io pazzo di rabbia cercherei di accopparlo, questa del gatto però è un’altra storia; il gatto non fa per me, mi agita. Torneremo a casa, io e il cane azzurro, diversamente svuotati: lui la vescica io l’anima. Gli tirerò la palla e lui allegro la prenderà senza alcun riporto. Lo inseguirò per riavere la sfera coperta di bava e il gioco finirà.
Mi butterò sul letto, il cane azzurro sarà diventato troppo impegnativo, dovrò dormire.
Mi sveglierò con la pancia indolenzita, dovremo nutrirci e nel frigo ci sarà solo una busta di prosciutto e una mela. Non potrò dargli il prosciutto, quello sarà mio.
Andrò a cercare nella spazzatura dei vicini e troverò qualcosa per il cane azzurro, croste di pizza, pasta avanzata, un osso.
I vicini mi sorprenderanno con la testa nel bidone e diranno sottovoce: “È un barbone”.
Ho un tetto e questa casa è mia, non sono un barbone.
Avrò il cane azzurro con il chip e chissà se quel pezzo di ferro ne permetterà la localizzazione, conosceranno la mia posizione agganciando il cane azzurro, mi sarò portato in casa una spia.
Alla fine dei conti l’idea del cane azzurro è pessima.
Ho ancora fame, il frigo è vuoto, la pancia rutta, le lenzuola però sono calde.
Le dita di una mano tra i capelli, il tepore di un bacio morbido profumato di rosa, una volta mi hanno voluto bene; l’azzurro del cielo attraversa le tende.