I Brevissimi 2020 – La foto – disegno, Luce Santato_Lendinara(RO)
Anno 2020 – (I colori dell’iride – Azzurro)
La vedevo brillare nei suoi occhi quella luce, una lacrima invisibile le segnava il volto, il riflesso di un ricordo intenso che non era riuscita ad arginare.
Una donna forte, mia madre, aveva sempre qualche buona parola di conforto da spendere per gli altri, una roccia intrisa d’umanità, eppure, lei che cercava di attutire i colpi furiosi inferti dalle tempeste della vita anche per me, quando guardava la foto del nonno, s’intristiva. A volte la sera amava sedersi sul divano, restava in silenzio con la luce soffusa di una candela, travolta dai suoi pensieri ascoltando “L’aria sulla quarta corda” di Bach. Lo sapevo che il nonno amava la musica classica e l’opera lirica, anche mia madre era incantata da quelle note, diceva che le facevano traboccare l’anima di emozioni intense, così immergendosi nella musica le sembrava di fluttuare tra i colori e i profumi dei ricordi, sapori che gradiva soprattutto quando si adagiava nella quiete di certe sere stanche e malinconiche.
Di soppiatto uscivo dal lettino e andavo a coccolarmi vicino a lei e mi accarezzava la fronte, ed io, poco più di dieci anni, puntualmente mi addormentavo.
Erano momenti intimi, una condivisione d’affetti, un mio modo per alleviare il suo dispiacere e farle sentire che le ero vicina, che lo sentivo il suo dolore.
Un giorno feci un disegno, avevo copiato da una foto il ritratto del nonno, disegnai la mamma al suo fianco e aggiunsi la mia immagine.
Io e mamma, una coppia vincente, siamo sempre state solo noi due, nessun papà, è pur vero che c’era un nonno, ma non ricordo di averlo conosciuto perché è venuto a mancare quando ero molto piccola. Così, quando lei vide il mio “capolavoro”, si rallegrò tantissimo, mi strinse tra le braccia e iniziò a parlarmi della sua infanzia, cominciò a schiudere il cuore, mi disse che non voleva rattristarmi con le sue riflessioni ma ora che stavo diventando grande, era arrivato il tempo di condividere, per quanto possibile, le memorie. Decise che era giunto il momento di appendere le foto delle memorie tra le pareti dell’anima, per trarne forza nei momenti incerti, di far visita al museo della nostra esistenza “antica” ogni tanto e di apprezzare le cose buone che avevamo dalla vita, in primis proprio, il mio sorriso, che guarda caso, era uguale a quello del nonno.
Così diventammo ancora più amiche, parlavamo veramente di tutto, dalla compagna di classe che faceva i dispetti, alla collega di lavoro che arrivava sempre in ritardo.
D’estate, sotto l’ombra della grande quercia, ascoltavamo il frinire delle cicale, qualche volta improvvisamente la mamma si metteva il dito davanti alla bocca, per dirmi di stare in silenzio e ascoltare insieme la voce del vento, e nel vento sentivamo la forza che proveniva dalle passate stagioni, dai nostri antenati, dalla storia del mondo. Mi sembrava che tutto il creato confluisse in noi, eravamo solo due puntini nell’infinito, scintille d’immenso, un tutt’uno con la vita, un cerchio meraviglioso di energia, dove le tracce del passato e le proiezioni del futuro coincidevano con un magnifico presente.
La valigia è pronta, tra poco partirò per uno scambio culturale con la scuola. La mamma ha preparato tutto con cura. Dall’aereo scorgo la sottile linea dell’orizzonte, è una grande emozione vedere la terra confondersi con le nuvole. Passeggiando per Praga costeggio il Danubio, tra le stanze del cuore cerco la foto – disegno e ritrovo il colore dei nostri occhi, blu come l’acqua del fiume, blu come un po’ di noi.