Storie di tessitura, computer, filature, cultura.
di Roberto Vacca
L’India è uno dei Paesi con il più alto Prodotto Interno Lordo al mondo. Dal 2014 al 2018 la sua economia è cresciuta più rapidamente di ogni altra. È al terzo posto nella classifica mondiale, se questa viene fatta in base al potere d’acquisto. (E’ al sesto posto se la classifica si fa in base al Prodotto Interno Lordo nominale, cioè alla parità fra le valute).
In India il divario fra redditi alti e bassi è enorme; ci sono molti miliardari, ma più di un terzo della popolazione sta sotto la soglia di povertà [reddito pro capite di 1,25 $/giorno]; il 66 % dei lavoratori è attivo in agricoltura che genera il 28% del PIL. Il Paese è un forte esportatore di software. L’industria tessile impiega 45 milioni di lavoratori, ma produce solo il 2,5% del PIL. È notevole la produzione con telai a mano, inventati tre millenni or sono.
Fra i prodotti tessili più pregiati, ed esportati, sono i sari – l’indumento femminile rettangolare (1 metro per 9). Lo stile di sari moderno più ricercato è lo jamdani, che contiene motivi ornamentali in seta, oro e argento e altri supplementari realizzati nell’ordito con filo più pesante. Per tesserlo, il telaio va predisposto mediante una procedura complessa, che richiede calcoli complicati e notevole tempo di artigiani esperti. In conseguenza il costo di produzione dei sari era salito considerevolmente influendo negativamente sui volumi prodotti ed esportati.
Balaj – un disegnatore di jamdani e programmatore di computer – produsse un software molto efficace per convertire motivi disegnati a mano [prodotti in accordo con i clienti finali per cui il processo è stato chiamato “innovazione guidata dall’utente”] in grafici usati dai tessitori per generare gli output digitali necessari per la predisposizione del telaio. Così il lavoro del tessitore è stato accelerato e i costi di produzione sono stati ridotti mentre la qualità del prodotto era migliorata: questa popolare attività lavorativa di qualità è stata salvata dai computer.
A Roma antica e fino al medioevo l’alto costo dei tessuti era dovuto al grosso lavoro per produrre a mano i filati. Le mani delle matrone che “stavano a casa e filavano la lana” erano dure e callose. Le signore anglosassoni, invece, facevano filare alle zitelle [appunto: “spinster”] i chilometri necessari per produrre un vestito o un mantello, ma il tempo di lavoro era sempre lungo e i costi erano alti.
Intorno all’anno 1000 i cinesi inventarono l’arcolaio a ruota e pedale e la produttività crebbe di due ordini di grandezza. L’invenzione si diffuse in Europa dal 13° secolo. L’uso e il consumo di tessuti crebbe a dismisura e così si resero disponibili grandi quantità di stracci inizialmente riciclati per imbottiture. Entro poco più di due secoli gli stracci furono usati per produrre carta (altra invenzione cinese) prima dagli arabi in Spagna, poi in Sicilia, a Fabriano e in tutta Europa. I libri di carta sostituirono quelli di pergamena – per ciascuno dei quali fino allora andavano sacrificati centinaia di ovini. La diffusione dei testi scritti, però, era sempre costosa perché andavano copiati a mano dagli amanuensi. Anche questo collo di bottiglia fu risolto con la stampa (di nuovo originata in Cina). La Bibbia di Gutemberg [a caratteri mobili stampata su carta di stracci] aprì l’era della diffusione di idee e messaggi, dell’alfabetismo, della letteratura, della cultura anche scientifica e della democrazia.
Gli strumenti elettronici moderni della tecnologia dell’informazione e della comunicazione hanno trasformato questa diffusione in una marea onnicomprensiva – la Rete. Non hanno certo conseguito la liberazione dei contenuti da errori, falsità, irrilevanze e difetti. È questa una battaglia senza fine in cui i campioni meglio informati e illuminati temono spesso di soccombere. Arriverà un’invenzione a salvarci anche da questo?