Con l’approvazione del Regolamento Urbanistico 2021 l’ex cinema Quinto dovrà essere abbattuto e l’Archivio di Stato decentrato nell’ex convitto nazionale in contrada san Francesco.
Lettera aperta al sindaco Domenico Bennardi.
A cura di Mutamenti a Mezzogiorno e città plurale
Michele Morelli – Marino Trizio
Alla fine della grande guerra del secolo scorso, con un’Italia da ricostruire, il cinema diventa il fulcro della vita sociale. Esplode il fenomeno delle sale cinematografiche. Le sale raddoppiano, oltre diecimila con più di ottocento milioni di biglietti venduti. Numeri che testimoniano come il paese si avviava verso la ripresa. Anche nella nostra città, in quegli anni, i progetti incominceranno a proliferare. Il Cinema-Teatro Duni, progettato da Ettore Stella, inaugurò una stagione importante per Matera, a cui seguirà il cine teatro di Ludovico Quaroni a La Martella. Emanuele Plasmati progetterà il cinema Annunziatella, che non si realizzerà, e l’arena Orfeo. Nel 1954 Primo Egi realizzerà il progetto del cinema Quinto. La crisi drammatica delle sale cinematografiche e dei teatri incomincerà negli anni ottanta. Le sale chiuderanno a ripetizione e si dimezzeranno. Le più fortunate si convertiranno, altre saranno abbattute per far posto a grandi magazzini o a edifici residenziali. Il cinema Quinto si salverà. Nel quadro degli interventi post terremoto del 1980, il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali definirà un piano straordinario per la messa in sicurezza degli istituti culturali colpiti dal sisma. Un’idonea sistemazione edilizia dell’Archivio di Stato della città di Matera diventa, questa volta, una priorità. La Sezione dell’Archivio, previsto dalla legge n. 2006/39, prenderà corpo solo nel 1955. I primi anni dell’Istituto sono stati davvero duri, sia per la mancanza di personale che per la sistemazione logistica non idonea a fronte di un incremento documentario sempre più ricco. La mancanza di personale e la non idoneità della sede di via Scotellaro ha in qualche modo contribuito all’estraniazione dell’Istituto dal complessivo dibattito culturale e dallo sperimentalismo materano di quegli anni. Negli anni sessanta la ricerca storica comincerà a recuperare un certo interesse nella nostra città.
Nel 1979, grazie alla legge 285, un numeroso contingente di personale fu messo a disposizione dell’Istituto: 23 unità, di cui 7 archivisti, 3 documentalisti, 10 con profilo tecnico-scientifico. Con il terremoto del 1980 la situazione logistica diventerà drammatica, i locali di via R. Scotellato vengono dichiarati inagibili, stessa sorte il palazzo dell’Annunziata che all’epoca ospitava gli uffici giudiziari e l’archivio notarile. La ricerca di immobili per affrontare la nuova emergenza non fu affatto facile, si individuarono alcuni locali di una pizzeria, un autosalone ed infine un ex sala cinematografica nel centro cittadino che da due anni aveva chiuso i battenti. L’accordo per la locazione lo si raggiunge con i proprietari prima per i locali del cinema e solo successivamente per altre unità (l’ex discoteca). Con il gruppo di architetti del Centro di fotoriproduzione legatoria e restauro degli archivi di Stato e i tecnici della Soprintendenza si comincerà a studiare una sistemazione dell’ex cinema in modo da attrezzare l’immobile per il ricovero degli atti e garantire l’utilizzazione pubblica degli stessi, tenendo conto delle nuove normative antisismiche. Il progetto di adattamento delle cubature dell’ex cinema ha consentito di operare le indispensabili modifiche distributive adottando il criterio della reversibilità che di fatto non hanno alterato lo schema tipologico e strutturale originario.
Per questo approccio rispettoso dello schema tipologico originario, secondo l’ex direttrice Antonella Manupelli, la nuova sede dell’Archivio di Stato di Matera potrebbe essere ascritta al recupero delle c.d. “sedi dell’effimero”. Negli anni successivi l’ex direttrice dichiarerà che “operativamente si è riusciti a coniugare il principio del rispetto del Bene e della reversibilità con i criteri di archiveconomia, recuperando un immobile edificato nel 1953 a sede cinematografica e di cui ancora è possibile, anzi direi è stata potenziata, la lettura in termini di destinazione di uso originaria”. Il recupero conservativo, filologicamente corretto, ai fini di una rilettura a tutto tondo, dell’intervento attuato e del contesto sopravvenuto, ha eliminato, con piena soddisfazione, quello che poteva sembrare un handicap. L’Archivio di Stato di Matera è risultato in piena sintonia con l’ex cinema Quinto. Il quadro tuttavia è fortemente cambiato, da anni i proprietari non sono più disponibili al rinnovo del contratto di locazione e rivendicano la restituzione dell’immobile. L’unica offerta che verrà avanzata dalla passata amministrazione come nuova sede dell’archivio sarà l’ex immobile comunale originariamente destinato a Convitto Nazionale, sito in contrada san Francesco alla periferia sud della città. In un recente intervento l’ex sindaco dichiarava che “tale scelta è stata condivisa nel 2019 dal Direttore Generale degli Archivi di Stato” e che la stessa ha “apprezzato la saggezza e la generosità dell’amministrazione”. Contro questa ipotesi si sono espressi i lavoratori dell’archivio, per nulla rassegnati, e numerose associazioni culturali. E se per l’Archivio di Stato una sede, se pur decentrata e per nulla idonea, ci sarà, altro destino spetterà all’ex cinema Quinto. Il Consiglio comunale, con l’approvazione del Regolamento Urbanistico, ha decretato, in modo affrettato, il cambio di destinazione d’uso dell’ex cinema da “Servizi Pubblici”, incluso nello standard urbanistico (P4a), ad Ambito a Rimodellamento. Questo significa abbattimento dell’ex cinema e la trasformazione delle attuali superfici in una palazzina residenziale di tre piani oltre ai soliti negozi al piano terra.
Un vero e proprio colpo di grazia, come nella migliore tradizione urbanistica di questa città. Noi pensiamo che sia un errore il trasferimento dell’Archivio di Stato presso l’ex convitto nazionale, così come il cambio di destinazione d’uso dell’ex cinematografo. Di fatto questa scelta decreta la morte dell’edificio quando invece meriterebbe di essere tutelato per il suo valore architettonico testimoniale (Matera. Architetture del Novecento 1900-1970 di Luigi Acito pubblicato da La Stamperia Liantonio).
Pensiamo che sia possibile una diversa soluzione al problema, che tenga conto: della salvaguardia dell’Archivio di Stato nell’attuale sede, della tutela dell’ex cinema Quinto quale architettura testimoniale del novecento e delle aspettative (legittime) dei proprietari. Basta seguire lo stesso principio perequativo adottato nel Regolamento Urbanistico per l’acquisizione delle aree verdi.
Se si adottasse tale criterio per la cessione dell’immobile ex cinematografo si potrebbe mettere a disposizione dei privati parte della quantità edificatoria residua in una delle tante aree potenzialmente pubbliche che il RU2021 mette a disposizione del Comune.
Un’altra area pubblica che potrebbe essere oggetto di scambio è quella compresa tra l’edificio del Tribunale e l’Istituto Tecnico Commerciale “Loperfido”, con affaccio su viale A. Moro, di proprietà (o meglio nella disponibilità) dell’Ente Provincia. Si tratta di un’area delicatissima che secondo quanto deciso dal RU2021 prevede un carico edificatorio pari a circa 4.000 mq di superficie utile lorda da destinare ad abitazioni private e attività commerciali ( anche se ci sembra assurdo che un ente pubblico, la Provincia, reclami una rendita di tipo speculativa, concessa da questa amministrazione, a spese della collettività materana).
Se la città deve rinunciare a questa area “verde” lo si faccia per una ragione nobile di interesse pubblico. Questo rafforzerebbe la finalità del RU che intende “favorire un assetto urbanistico di qualità adeguato al particolare carattere di Matera come città d’arte e di cultura” e l’equa distribuzione tra pubblico e privato dei vantaggi derivanti dal processo di trasformazione della città. L’amministrazione comunale farebbe bene a riflettere su quanto suggerito. Correggere il tiro è ancora possibile e bisogna farlo in fretta al fine di evitare la vendita dei diritti edificatori da parte della Provincia, così come è accaduto in via Pecci.
Questa amministrazione è di fronte a una scelta: se essere ricordata per aver salvato o invece decretato la fine dell’edificio storico dell’ex cinematografo, la definitiva “marginalizzazione” dell’Archivio di Stato, uno delle più importanti istituzioni culturali della nostra città, e, non ultima, aver consentito la cementificazione definitiva della collina di Macamarda senza una convincente ragione pubblica.