I racconti del Premio Energheia Europa

A casa, Yaroslav Lendiel_Celje

Racconto finalista Premio Energheia Slovenia 2022

Traduzione a cura di CHIARA SANTAMBROGIO (Sapienza Università di Roma)

È bello parlare con le persone, ascoltare le loro storie, sulle loro esperienze e le loro emozioni. Ascoltare come sognano e come si sforzano di perseguire degli obiettivi affinché i sogni diventino realtà. Sebbene le storie sfortunate siano tristi e singolari, hanno un qualcosa di attraente, che fa continuare ad ascoltarle. Forse le si ascolta per evitare storie simili, per alleggerire la tua quotidianità? Egli amava ascoltare storie e parlare con le persone, quindi le persone lo desideravano, gli credevano e si fidavano di lui.

Stava camminando per la città, al centro della quale si ergeva una torre che arrivava al cielo e alla quale conducevano tutte le strade e i ponti. Gli edifici erano magnifici e fatti tutti dello stesso grigio materiale, perciò la città sembrava povera, l’ambiente metteva sotto pressione lo stato mentale di un gentiluomo dall’estero. Un tempo c’erano milioni di persone che vivevano in città, ora erano rimaste solo poche decine di migliaia. Avrebbero anche loro lasciato la città, ma dovevano servire il Grande Bambino, temevano la punizione.

Alfred venne portato in albergo, poi nella sua stanza.

“Tutto quello che ha con sé deve essere lasciato nella stanza.”

“Perché?”

“Il Grande Bambino non vuole che gli si disubbidisca, dobbiamo obbedire alle sue leggi.”

Alfred consegnò i bagagli con gli effetti personali, i documenti e anche il portafoglio al personale dell’hotel, conservando solo una penna e un taccuino.

“Deve consegnare anche quelli.”

Ma sono solo una matita e un taccuino.”

Deve rispettare la legge senza eccezioni, non vorrà che ci siano delle conseguenze.”

Bene.” disse con un sospiro forzato, e rimase a mani vuote.

Fuori lo aspettava un’auto, fatta del solito materiale grigio. C’era così tanto grigio nei suoi occhi che dovette trattenersi e pensare a qualcosa di bello per non vomitare.

Non si preoccupi, in breve tempo si abituerà alla nostra città, tutti attraversano un periodo in cui non sopportano i nostri colori e la nostra atmosfera, ma ci si abituano”. Devono farlo.

Guidarono fino alla torre principale, al centro, dove si svolgevano le attività più importanti, quasi le uniche consentite. Guidavano lentamente e Alfred riuscì ad osservare le zone della città.

L’architettura era magnifica, almeno per quegli edifici che erano stati completati, dato che gli altri dovevano costituire le fondamenta di altri edifici altissimi. In alcuni punti sorgevano dei palazzi, in altri si potevano vedere solo ruderi.

Tutte le strade, le vie, le recinzioni erano fatte di quel materiale grigio. Anche le poche persone che correvano per le strade indossavano abiti grigi, coperti da altri indumenti grigi. I vestiti erano parzialmente strappati e la pelle grigia si vedeva nei buchi accanto agli occhi grigi, alle labbra, alle unghie grigie. Nessuna parte del loro corpo sembrava umana se confrontata con l’aspetto delle persone della terra natale di Alfred.

«Come si chiama questo posto?» chiese Alfred.

Quando parliamo di questo luogo usiamo la parola Casa, perché la città non ha altri nomi. Le persone lavorano nella Casa, sono membri della Casa, vivono nella Casa, la Casa diventa parte della personalità degli abitanti e gli abitanti diventano Casa».

Perché avete tutti la pelle grigia? Sembra che il sole splenda come in altre città e l’aria è leggera, sembra pulita e non solo a vedersi”.

Crede che un uomo possa percepire nell’aria un veleno incolore e inodore? Se fosse così, non ci sarebbe assolutamente nessuna creatura viva in questa città o, se la città fosse più pulita, la famiglia reale penserebbe a un ambiente pulito o almeno a un dispositivo che nasconda odori e colori sgradevoli, ma se il problema non lo vede, forse non esiste. Questo è ciò che pensavano i capi del Focolare, e questo colore grigio che oggi nota sulle persone e su di me è il risultato delle loro azioni. Sia felice di essere stato abbastanza fortunato da non veder apparire delle spaccature sulla pelle che la facessero urlare per il dolore e per il prurito.”

Il viaggiatore rimase sconvolto dalla notizia appresa, o almeno per lui era una novità, ma la città era completamente grigia e i colori erano del tutto alieni alla Casa. La paura e la tensione non si percepirono nelle sue parole:

E gli edifici? Perché sono così grigi e monotoni, ancora il veleno nell’aria? ”

Oh no, perché gli edifici hanno respirato l’aria. La Casa è nota per un materiale che viene prodotto solo qui. Tutti gli edifici ne sono fatti ed è una materia prima eccezionale. L’economia della Casa si basa sulla vendita del grigio, così attraente per la sua durezza, leggerezza e plasticità. È adatto a qualsiasi prodotto e può essere miscelato con molti materiali diversi a basse concentrazioni e quantità, senza perdere le sue proprietà. Un pezzo talmente piccolo da poterlo tenere in mano è sufficiente per rafforzare e migliorare intere flotte, case e altro ancora. Mescolato con altre materie prime, perde colore e anche…”

Mi scuso per l’interruzione, ma nelle città normali non ci sono persone dalla pelle grigia come qui da voi. Da dove viene questo veleno nell’aria?”

Se mi permettesse di finire il discorso, otterrebbe la risposta desiderata. A volte è meglio tacere.”

L’autista guardò per un momento il riflesso di Alfred nello specchietto, poi continuò:

Il grigio, se miscelato con altre materie prime, necessariamente in piccole concentrazioni e insieme ad una piccola quantità di grigio già presente nell’atmosfera, perde il suo colore e il suo effetto negativo sull’uomo, sebbene le altre proprietà rimangano invariate. Poiché in luoghi normali il grigio è omogeneo e in quantità insufficienti, non lo rilevi e non distrugge l’ambiente. È dannoso solo qui, nella Casa, dove tutto è fatto di questo materiale, che reagisce con l’aria e inizia a emettere un gas invisibile e inodore. Penetra tutto, l’animato e l’inanimato, che sia spesso o sottile, nulla può essere protetto, solo le lunghe distanze possono salvare una persona dall’effetto nocivo, dalla pelle grigia.”

Poi per la maggior parte del viaggio ci fu silenzio, solo vicino ai monumenti l’autista disse una o due frasi. Alfred osservò la torre e si ricordò di com’era. I colori erano scomparsi anche lì? Cercò di immaginare il Grande Bambino, ma non capiva perché venisse chiamato “bambino”, quale caratteristica infantile potesse essere così fortemente presente in lui. Era sciocco come un bambino o era ingenuo e non era mai uscito dalle stanze reali, oppure aveva esigenze incontentabili che facevano lavorare tutti quanti, nonostante fossero impossibili da soddisfare, così il Bambino piangeva e si arrabbiava? Aveva solo pessime opinioni riguardo l’attuale leader di questa città, perché la città era stata deformata da molto tempo, a giudicare dalla narrazione dell’autista privato di Alfred. Voleva fare una bella impressione, perché avrebbe dovuto lavorare per il Grande Bambino per un anno, ma il sogno non poteva trasformarsi in realtà.

Mentre si dirigevano verso l’ultimo ponte prima della torre, l’auto si fermò. Davanti a lui c’era un ampio e lungo ponte senza sostegni apparenti su di esso: questi erano sotto, nascosti alla vista.

“Perché ci siamo fermati?” Alfred era già stanco dell’aspetto della città e voleva entrare nella Torre del Re il prima possibile.

Perché siamo alla fine della strada. Le leggi mi impediscono di proseguire.”

Il viaggio lungo questo ponte richiederà abbastanza tempo da poterla definire una passeggiata. Perché non possiamo avvicinarci? Quale legge ci vieta di farlo? Da cosa questa legge sta cercando di proteggerci? Chi ne trae vantaggio? Al sovrano piace aspettare il più a lungo possibile? Ascolti, mi porti un po’ più vicino, tanto non se ne accorgerà. Ha paura? Quanto è terribile la punizione per un reato così modesto? Se è così orribile, perché non resistete, tutti voi, perché non fate valere la vostra volontà?”

L’autista rise in modo incontrollabile e sonoro, la sua voce echeggiava come se si trovasse in un ampio corridoio.

«Lei è ingenuo, signore, non posso fare a meno di ridere. Se non si abitua alla nostra civiltà, avrà difficoltà a sopravvivere fino al prossimo mese. Le consiglio di rispettare tutte le leggi e di osservarle in silenzio e con fiducia. Quanto alla punizione, meglio non sperimentarla, non ha la forza di ribellarsi. Buona fortuna, straniero!” E senza aspettare un congedo o altre parole, salì in macchina e ritornò in città.

Così Alfred fu lasciato solo.

Non era l’unico sul ponte, dalla torre tornavano persone a capo chino. Alfred provò a interagire, toccando le loro spalle grigie: nonostante avesse paura della pelle grigia, paura che ne sarebbe stato contagiato. Voleva che gli rivolgessero lo sguardo per ottenere attenzione, risposte, ma inutilmente. Mormoravano qualcosa e non reagivano al tocco. Arrivò persino a scuoterli, ma invano. Nessuno di loro guardava da nessuna parte, nessuno guardava Alfred, erano immersi in loro stessi. Quando Alfred non ricevette risposta nemmeno dal ventisettesimo passante, rinunciò. Non si arrese subito, ma gradualmente: ogni viaggiatore silenzioso portava via una piccola porzione del suo interesse e della sua curiosità, all’inizio non se ne accorse, ma alla fine ne fu devastato.

Dopo questo episodio, smise di pensare e si avvicinò alla torre, dove avrebbe incontrato il sovrano. Non immaginava che sarebbe tornato indietro entusiasta quanto i passanti che aveva interrogato.

Sul ponte c’era una ferrovia, costantemente percorsa da rumorosi treni in movimento, e i timpani dolevano per il fracasso.

A volte sembrava che non fosse solo il movimento dei treni a causare inquinamento acustico, ma era come se nei vagoni ci fosse qualcuno che si lanciava contro le pareti, urlando, come se quel carro fosse letale e dentro fosse come una prigione.

Il prigioniero era incapace di liberarsi e la sua battaglia si riduceva solo ad un suono inquietante percepito dai passanti, i quali l’avrebbero dimenticato appena oltrepassato il ponte.

Alfred pensò che, nonostante i suoni della ribellione gli sembrassero irreali, i suoi timpani gli stavano causando un dolore enorme. Voleva tornare in albergo, poi a casa, dove lo aspettava l’amore, anche se era a causa sua che lui si trovava qui.

Lei si era ammalata, e le sue cure erano talmente costose che con il suo precedente lavoro, a cui teneva, non poteva permettersi di coprirne le spese.

Non pretendeva poi tanto dalla vita e il suo vecchio lavoro, che non richiedeva molto tempo né fatica, gli bastava e gli piaceva, nonostante non offrisse molto denaro. Però, per evitare la morte della sua amata, era disposto a fare qualsiasi cosa.

Il desiderio di vederla sorridere, di ascoltare le sue storie, di guardarla, lo aveva portato in un luogo dove era un estraneo.

A metà strada, Alfred si fermò affacciandosi dal parapetto laterale e guardò in basso dove avrebbe dovuto essere il fiume, motivo dell’esistenza del ponte, ma vide solo terra arida.

Notò sabbia, sedimenti vari, bottiglie, manifesti pubblicitari vecchi e umidi sui quali non si leggeva più quasi nulla. Era convinto che sotto il ponte ci fosse un tempo un vero fiume che aveva una sorgente, scorreva in una qualche direzione, ma ora era scomparso, e sul suo tumulo si potevano vedere lo sporco, cosicché i peccati che aveva nascosto o era stato costretto a nascondere erano alla mercé di altri.

Ora il fiume non scorreva più e ciò che prima celava era stato rivelato, tutti potevano vedere quello sporco rivoltante. Ma c’é di più: gli abitanti del Focolare erano smarriti, vivevano nella paura costante del castigo di cui non parlavano, del re che dovevano adorare, di cambiamenti utopistici.

In passato si beveva l’acqua fresca dal fiume, c’era vita, i pesci nuotavano, le piante fiorivano, mentre ora? A nessuno mportava più come fosse, perché ora al posto del fiume c’erano i rifiuti dell’esistenza umana. Erano state costruite case, vie e strade per l’uomo, erano state realizzate miniere e fabbriche perché questi edifici potessero essere ricreati all’infinito.

Avevano privato l’uomo della sua libertà e creato una gerarchia, al vertice della quale stava il re, mentre gli altri erano rimasti in basso, a lavorare nelle miniere per conto della famiglia reale e della loro torre.

Dato che il re solo stava sulla cima, questa era interamente di sua proprietà, e poiché gli altri stavano in basso, i possedimenti degli altri erano inferiori, incluse la natura e le emozioni.

L’uomo era stato derubato della natura e sul suo tumulo si vedevano grigi resti umani, che Alfred riconosceva solo dalla forma, e altre vittime del genere umano, il tutto in nome della ricchezza dei governanti del mondo.

A quel punto andò alla torre per incontrare il Grande Bambino, in nome della ricchezza dei padroni del mondo. Alla fine giunse alla porta verso la quale si dirigeva sin dal suo arrivo.

È arrivato? Lui è qui!”

Il Grande Bambino salutò Alfred, stando seduto su un trono che era sprofondato nel mezzo a causa del peso regale opprimente.

Era enorme e si teneva aggrappato a un trono che non era grigio. L’intera sala era variopinta, le tinte brillavano in contrasto con il grigio della città, alle pareti erano appese opere colorate raffiguranti paesaggi lontani, gli occhi si rallegravano e Alfred, grazie ai colori, sentiva la leggerezza di essere a casa.

Le guardie erano rappresentanti del popolo dalla pelle grigia e sorvegliavano silenziosamente la sala e il re, finché egli non li congedò.

Non vedeva sorrisi su nessun viso tranne quello del Bambino, che era l’unico con il corpo bianco, quasi completamente calvo con i capelli qua e là acconciati come quelli di un bambino.

La saliva gli usciva dalla bocca quando la apriva, e la teneva sempre aperta. Una governante gli stava accanto, asciugandogli la bava, ed era il suo unico dovere. Accanto a lei stavano altri servi.

Ad Alfred sembrava disgustoso, ma doveva avvicinarsi.

Doveva tacere.

Doveva adottare nuove abitudini.

Doveva comportarsi come ci si aspettava da lui.

Una guardia si piazzò di fronte a lui e gli parò la strada. Il Grande Bambino si arrabbiò, perché non aveva dato alcun ordine. La sua pelle iniziò a cambiare, a diventare grigia, come quella di tutti gli altri. Sbatté il pugno sullo schienale e la guardia si spaventò, poi si voltò verso il sovrano e chinò il capo: voleva rivolgersi verso di lui o guardarlo negli occhi, ma aveva paura.

Mi scusi, signore, ma…”

Chi ti ha dato il permesso di parlare, verme?! Pensi che io sia stupido per aver lasciato che si avvicinasse a me? Credi che non l’abbia già visto? Pensi che il nostro ospite sia un oppositore? Hai osato dubitare di me, mi hai deluso, ragazzo mio. Avvicinati!”

Il Grande Bambino allungò le braccia come per abbracciare la guardia. Continuando a guardare a terra il giovane si avvicinò al sovrano, che lo abbracciò. La guardia era giovanissima, semplice, senza alcuna esperienza di vita da raccontare, sembrava fosse entrata a far parte delle guardie per volere di qualcun altro, magari i poveri genitori, o chissà quali circostanze straordinarie. Un’altra parola aggressiva e inclemente e sarebbe scoppiato in lacrime dalla paura della punizione, invece il Bambino iniziò a sussurrare:

“Va tutto bene…”, carezzandogli la testa con le mani, “ma nessuno dovrebbe dubitare di me!”

La mano che aveva accarezzato la testa della guardia ora la spingeva forte, trascinandolo a terra. La mascella cozzò contro il duro mattone, alcuni denti volarono fuori dalla bocca, sangue fresco schizzò sulle pareti e sul pavimento, allargandosi ai piedi della guardia che non riusciva ad alzarsi, i vestiti divennero rossi, iniziò a piangere.

“Se muore, buttalo fuori dalla finestra, lascialo marcire nel fiume; se sopravvive, portalo fuori dai miei territori, sbarazzati di lui.” Le altre guardie lo presero di peso e gli tapparono la bocca, per evitare che i suoi lamenti peggiorassero la situazione, poi lo portarono verso la finestra.

Alfred osservava. Era indelicato seguirlo in silenzio con gli occhi, strinse i palmi delle mani a pugno. Pensò di esprimere il suo dissenso per incoraggiare le guardie a smettere di rispettare le leggi efferate, farli resistere, ma si ricordò. Ricordò il motivo per cui si trovava lì: una moglie che lo aspettava a casa, in un ospedale, con una malattia che peggiorava di giorno in giorno.

Gli ritornò in mente l’autista che gli suggeriva di tacere, seguire le indicazioni, abituarsi alla città grigia. L’autista aveva sentito le parole di Alfred, ma temeva la punizione, di cui non voleva dire nulla. E se anche le guardie avessero paura di questa punizione e ciò le rendesse incapaci di resistere? Se avesse tentato di aizzarli contro il Grande Bambino in sua presenza e non fossero rimasti al suo fianco, avrebbe perso tutto. Temeva per la propria vita, per se stesso, per sua moglie. Si preoccupava anche dei grigi, ma, se avesse perso tutto adesso, la maledizione del grigio avrebbe continuato ad incombere su questa città, nessuno sarebbe venuto in soccorso, e a quanto pare gli stessi abitanti ci avevano rinunciato molto tempo fa, senza mai cedere a sé stessi. Lui poteva essere l’unico uomo in grado di salvare tutti e il cui ruolo era fondamentale, perciò decise di rimanere in silenzio.

La giovane guardia venne gettata fuori dalla finestra, ci vollero pochi secondi prima che toccasse terra, solo allora si sentirono le urla nei corridoi. Il Grande Bambino era ritornato normale, con la pelle bianca e il viso calmo. Alfred si fermò davanti al Grande Bambino a una distanza di tre passi.

“Sei pronto per la tua nuova professione?”

“Preferirei saperne di più, perché non so altro se non che devo negoziare con le persone”.

Il re fece l’occhiolino a uno dei servitori, che portò un foglio di carta piegato, poi attese.

Forse non lo sai, ma la Casa si basa completamente sulla vendita del grigio, ma non lo riusciamo più a vendere a causa della sua natura tossica, che fa sì che nessuno voglia usare il grigio nei propri prodotti, e gli abitanti delle tue città protestano quando proviamo a venderlo a varie aziende. Quindi abbiamo bisogno di qualcuno che valorizzi la nostra merce e abbiamo scelto te, perché vieni dall’estero e sai come funziona, sai come essere convincente, le tue capacità di persuasione sono conosciute ovunque. Il tuo compito sarà convincere gli abitanti della tua terra natale che il grigio non è così tossico come pensano e che può portare bellezza. Se li convincerai, saremo in grado di vendere più grigio e le aziende lo compreranno.”

Ma se acquistassero questa sostanza, distruggerebbero le loro città! Guardi il suo regno. A prima vista sembra un posto magnifico, ricco ed esteso, pieno di gente, ma in realtà la città si sta spegnendo, solo in questa torre è possibile osservare colori accesi. Guardi il fiume: è scomparso e solo alla vista provoca il vomito. Vuole davvero avvelenare altre città, territori stranieri? Guardi la sua gente: sono grigi e stanno morendo di dolore e malattie, soffrono in edifici grigi, imponenti ma tossici, non vogliono interagire tra loro, l’uomo è estraneo a sé stesso. Vuole che io sia il mediatore tra il suo veleno e la civiltà? Non posso accettare questo lavoro, mi dispiace di essere venuto”.

“Aspetti! Non ha ascoltato tutto ciò che le stiamo offrendo.”

Poi un servitore si avvicinò ad Alfred e gli diede un foglio di carta con sopra delle cifre. Ad Alfred tornò alla mente il costo dei trattamenti di sua moglie e, dopo pochi istanti, in lacrime, tornò a guardare il Grande Bambino, con una risposta negli occhi.

“Non vedo l’ora di collaborare con lei, signor Alfred!”

L’autista portò Alfred in albergo. La Casa di notte era peggio della Casa di giorno, la gente scendeva in strada e faceva molte cose.

“Vedo che si è abituato alla nostra città dopo due mesi”, disse l’autista, che stava guardando Alfred. La sua pelle era diventata più grigia rispetto a quando era arrivato. Toccò la pelle con le dita e la accarezzò: prudeva.

“Con il tempo ci si abitua a tutto.”

Giunto a destinazione, entrò nella sua stanza e finalmente si lasciò andare. Era a Casa.