I brevissimi 2022 – Nero, Giulia Airoldi_Cesano Maderno(MB)
_Anno 2022 – (Nero)
Silenzio.
È tutto quello che riesco a sentire.
Nero.
È tutto quello che riesco a vedere.
Confusione.
È tutto quello che provo, ormai.
Non è sempre stato così. Almeno, credo. Non mi ricordo più molte cose purtroppo… I luoghi dove ho lasciato le chiavi o il nome degli oggetti che ho davanti. Talvolta non riconosco più anche alcune
persone. Di certo non so in che giorno, mese o anno siamo.
<<Mamma, è ora di alzarsi e di prepararsi per uscire!>>. Apro gli occhi impastati di sonno e vedo una donna che si aggira nella stanza, raccogliendo vestiti dagli appendini e mettendoli in un cesto di vimini per poi fermarsi di fronte alla finestra a tirare su la tapparella. La luce entra irruente in camera, ma la mia mente non riconosce che è giorno, sebbene i miei occhi istintivamente si socchiudano. Sono ancora concentrata sulla ragazza. Mi è familiare: credo di conoscerla…Ma certo. È Elena, mia figlia maggiore.
Solo che…non capisco, come mai vuole farmi uscire di sera? È già ora di cena? Glielo chiedo con la voce un po’ rauca e gracchiante.
Lei mi osserva, lo sguardo per un breve momento è attraversato da un lampo di dolore e tristezza, che però scompare subito quando torna a sorridermi:<< Mamma, non è sera. Sono le otto del mattino del 10 maggio e devi preparati per andare al Centro diurno. Come gli altri giorni, ricordi? Oggi, c’è il torneo di briscola e la tua amica Ornella ti aspetta per giocare con lei.>>
<<Tesoro, non so di cosa stai parlando. Oggi io e tuo padre saliamo in montagna: devo fare tante cose in casa…>> O almeno, credo. Mi alzo dal letto e cerco di pensare a ciò che devo fare oggi ma una nebbiolina fitta sembra avvolgere la mia mente. La luce mi acceca per un momento mentre mi alzo e mi metto a osservare fuori dalla finestra. Il cielo è così azzurro oggi…wow, quante case ci sono fuori e che carina quella con il comignolo ros…il pino è di un verde brillante, quasi come quelli che ci sono in montagna…<<Mamma?>> Chissà com’è la casa: mio marito ed io non vediamo l’ora di portare i bambini non appena il più piccolo riuscirà a sopportare un viaggio un po’ più lungo di mezz’ora…<<Mamma?>> Un momento, dov’è mio marito? Perché non è qui di fianco a me?
<<Mamma!>>
Una mano mi sfiora il braccio e mi giro a guardare gli occhi azzurri di mia figlia: li ha presi da me, ma per il resto è tutta suo padre. Però, è una versione più grande della mia bambina. Lei è ancora piccola, non dovrebbe essere così grande…<<Bambina mia, come mai sei qui? E dov’è papà? Si è già alzato? Oggi dobbiamo andare su in montagna.>>
Mia figlia fa un passo indietro, come scioccata, e le lacrime le offuscano gli occhi chiari. Cos’è successo?
Ho fatto qualcosa di sbagliato? Non capisco, sono così confusa. Provo a pensare a cosa possa essere
accaduto ma tutto quello che la mia mente mi mostra è…nero.
Vedo solo nero: come una tela enorme di cui non vedo i margini e tinta di un corvino così profondo e scuro che mi ci perdo…c’era forse qualcosa che dovevo ricordare? No, non credo.
<<Mamma su, devi prepararti che fra poco arriva Andrea a portarti al Centro, dove ti divertirai moltissimo con i tuoi amici. C’è il torneo di briscola oggi, sai, il gioco che ti piace tanto?>>
Sorrido alla mia bambina. Com’è grande, ormai! << Certo, tesoro! Ora vado.>>
Esco dalla stanza, dirigendomi verso la cucina dove una tazza di caffelatte fumante già mi aspetta. Mi serve lo zucchero però, senza non mi piace. Apro il mobile dove sono sicura che sia, ma trovo solo bicchieri. Ops, ho sbagliato. Apro quello di fianco, ma qui ci sono invece i piatti. Un momento, dov’è finito lo zucchero? Lo metto sempre lì. Provo a pensare a dove sia questo “lì” ma tutto ciò che ottengo è…nero. Ancora nero, sempre nero. Non capisco. Perché c’è solo questo colore? Dove sono finiti i miei pensieri? E i miei ricordi? Non trovo più niente, solo nero su nero su nero su nero.
Inizio ad aprire agitata tutti i cassetti, le antine dei mobili e degli scaffali appesi: niente, non è da nessuna parte. È sparito! È scomparso come tutto il resto! Non lo trovo, dov’è!? Forse mio marito lo
sa…Sì, lui lo saprà di sicuro, sa sempre tutto. Lo chiamo. Silenzio. Lo chiamo di nuovo più forte: è
diventato un po’ sordo negli ultimi anni… almeno credo.
Continua a non rispondere e inizio a preoccuparmi: dov’è? Mi guardo intorno: tutti i mobili sono aperti, ma non so perché. Cosa stavo cercando? Provo a pensarci. Niente. Ci ripenso. Nulla. Ci riprovo, non posso essermelo già dimenticata. Nero.
Confusa, mi giro ma per sbaglio urto una tazzina di caffelatte caldo che cade per terra rompendosi in mille pezzi e schizzando i miei pantaloni del pigiama. Sento un bruciore improvviso e mi tiro indietro, ma c’è un’antina aperta e per tenermi in equilibrio mi appendo allo scaffale in alto, anche quello aperto.
Solo che lì ci sono i bicchieri e per sbaglio me ne cadono un paio.
<<Mamma! Che cosa è successo? Stai bene? Ti sei fatta male? Non muoverti che ci sono tutti i vetri!>>
Elena arriva di corsa, tutta trafelata e con gli occhi spalancati dalla preoccupazione. Le lenzuola che
stava piegando sono finite in corridoio mentre correva qui. Faccio come mi dice mentre inizia a
raccogliere i cocci e le spiego:<< Stavo solo cercando…>> Caspita, cos’era? Giro la testa verso il tavolo dove c’era la tazzina e dove si trova anche un contenitore con su scritto… <<…lo zucchero! Ecco dov’era!>>.
Elena ha tolto i pezzi di vetro più grossi nel frattempo e ora mi conduce gentilmente fuori dalla cucina, oltre il corridoio e a sinistra dove c’è il salotto. Mi siedo sulla poltrona di mio marito e accarezzo i braccioli di pelle. Era il suo posto preferito questo…aspetta, era? Dov’è lui?
<<Tesoro, papà dov’è?>> Elena chiude gli occhi e fa un sospiro profondo e leggermente tremante. Poi mi guarda e si accovaccia di fianco a me e mi parla con un tono dolce, come si fa ad un bambino di solito:<<Papà non c’è più da molti anni, mamma. Ricordi? È morto, mamma.>> un dolore immenso mi pervade il petto, togliendomi il respiro. Com’è possibile? Com’è successo? Non è…un breve flash mi attraversa la mente, subito inghiottito dal nero che lì è sempre in agguato. Ritorna e riesco a ricordare una serata fredda d’inverno, le luci dell’ambulanza, una bara e il cimitero… Annuisco ad Elena mentre cerco di afferrare quelle memorie ma continuano a sfuggirmi e sprofondano sempre di più nel nero, come se fossero sabbie mobili.
Il campanello suona e mi giro per vedere il mio terzo figlio Andrea assieme alla mia secondogenita,
Clarissa. Che bello vederli tutti insieme, i miei tre bambini! Loro guardano verso la cucina prima di
girarsi con un’espressione preoccupata verso di me.
Gli sorrido, la gioia mi pervade:<< Ma che bello, siete tutti venuti a trovarmi! È da così tanto che non vi vedo!>>. Dei sorrisi deboli compaiono sui loro visi mentre si avvicinano per abbracciarmi. Mentre Andrea si allontana con Elena, Clarissa si siede sul divano affianco a me, tenendomi la mano mentre controlla le mie gambe, che ora che ci penso sembrano bruciare un po’. Guardo in basso e vedo che ho i pantaloni sporchi di macchie scure…chissà cos’è successo…
<< Mamma, ti fanno male le gambe? Fammi vedere, così mettiamo della pomata prima di uscire.>>
Dopo avermi medicata, mi porta degli indumenti per uscire, nonostante le mie proteste di sapere
scegliere benissimo da sola cosa indossare. Il colore lavanda del maglione cattura la mia attenzione e mi perdo ad osservarlo, ma improvvisamente si mischia con del nero…<<Mamma, ci sei? Hai preso la borsa?>> Mi giro verso Andrea e realizzo di stare indossando il cappotto, pronta per uscire. Chissà dove devo andare, però. Prendo la borsa e esco di casa, cercando di capire quale impegno abbia questa mattina, incontrando nella mia mente solo nero. Durante il viaggio, osservando dal finestrino un pensiero mi assale all’improvviso e con esso la paura, fredda, profonda e nera… Ma chi sono?