A chi di dovere, Yael Kastel_Haifa
Racconto vincitore Premio Energheia Israele 2022
Traduzione a cura di Asher Salah
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A chi di dovere
Eccovi un resoconto nella mia esistenza.
Alcuni potrebbero dire che ho vissuto una vita insignificante. In gran parte è vero. Tutto quanto ho vissuto e respirato potrebbe essere avvolto in questo documento e buttato via.
Sono consapevole che questo è un inizio piuttosto deprimente e quindi rompiamo il ghiaccio. Ecco una breve lista di fatti che vorrei che voi sapeste di me.
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Io sono la sola persona vivente su tutti questi 149,487,920 metri quadri di pianeta
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Dirigo da solo questa stazione fin dal giorno in cui sono arrivato.
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Ho l’equivalente di 24 anni in tempo terrestre.
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Starò qui sino a quando morirò.
Questi fatti possono sollevare alcune questioni da parte vostra. Supporre che ‘voi’ abbiate delle domande è tutt’al più una mera illusione, dal momento che nessun ‘voi’ dedicherà un qualsiasi pensiero a quella misera cosa che si nasconde dietro la parola ‘io’. Se non altro per avere almeno un appiglio, chiederò a ‘voi’ di lasciarmi intatta la speranza che questo mio documento sarà forse un giorno esaminato da un altro essere umano o da un altro essere intelligente (non mi curo delle distinzioni).
Orbene, potete a buon titolo chiedervi perché mi trovo qui e perché sto scrivendo queste parole in questo momento.
Se siete abbastanza intelligenti forse avrete già capito, basandovi sul poco che ho detto sinora, che le circostanze non sono state tali da lasciare adito alla supposizione che io mi trovi qua per scelta. O almeno, l’unica scelta che avevo era tra la morte e un isolamento a vita, per quanto adesso cominci a pensare che queste due opzioni siano alla fine assai simili.
2. Una scusa ufficiale
Perché qualcuno avrebbe mai dovuto essere condannato a una vita di solitudine? La risposta secondo la legge dell’Unione è che: “L’uccisione di un altro essere intelligente sarà punita con la pena di morte o con una condanna a lavori forzati in totale isolamento”.
Sono forse le parole che state leggendo quelle di un assassino? Vi assicuro che non lo sono. Tuttavia, vorrei presentare le mie scuse ufficiali:
Mi scuso di avervi lasciato indietro.
Dal momento che state leggendo queste righe, ciò significa che io non sono più qui. E dal momento che conosco la legge dei pianeti sotto il governo di questa Unione, neanche voi probabilmente siete degli assassini. Vi chiedo pertanto di considerare questo documento come il mio tentativo di aiutarvi a cavarvela.
Ignoro come vi sentiate in questo preciso istante. Io non avevo alcun documento che mi aspettasse quando sono arrivato qui. Forse sono stato il primo ad esservi spedito, forse la persona prima di me non ha lasciato alcun appunto o forse i suoi appunti gli sono stati portati via. Voglio che le mie memorie siano condivise con qualcun altro a parte me.
Adesso, se mi è concesso, vorrei condividere con voi il mio primo consiglio:
Non credete a tutto quello che vi dico.
3. Istruzioni (Parte prima)
Questa stazione è quanto si potrebbe chiamare un ‘laboratorio sperimentale’. Questo è il nome di codice per dire ‘un’enorme perdita di tempo’. Voi probabilmente riceverete una lunga lista di compiti tediosi da effettuare ogni giorno, la maggior parte dei quali completamente inutili. Altri forse mi serviranno se ci provate abbastanza sul serio.
Alcuni compiti includono:
– Raccogliere, descrivere e numerare diverse piante (potrebbe essere utile; potreste trovare qualcosa di commestibile).
– Tentare di far germinare semenze in diverse condizioni (del tutto inutile, almeno che non riusciate a trovare il modo di predire il clima in costante cambiamento, una cosa che, basata sulla mia esperienza passata e sulle mie registrazioni, è assolutamente imprevedibile).
– Preparare elenchi di compiti per un controllo mensile (che mai verrà effettuato. lo si può fare se si desidera appigliarsi a qualche falsa speranza, cosa che ammetto può rivelarsi talvolta utile).
Mi domando che età abbiate. Mi domando se siete più giovani o più vecchi di me. Quando sono venuto qui avevo 19 anni. Sarà stato un pochino di più di 5 anni terrestri ormai. Tuttavia, mi sembra che avrebbe potuto essere 10 anni fa o anche solo ieri.
Preoccuparsi del tempo non è più necessario per qualcuno come me, dal momento che non importa quanto tempo passa. Il mio destino in ogni caso non cambierà.
Almeno questo è quanto credevo.
4. Una storia
Una volta mi sono immaginato che sarei stato un giorno salvato o avrei trovato un modo di uscire di qui. La storia era più o meno questa:
Era un giorno come un altro.
Mi ero alzato e stavo guardando fuori dalla finestra nella immensità del terreno macchiato.
Quel giorno avevo deciso che avrei tentato di vedere cosa si trovava dietro la collina settentrionale. Una voce dentro di me mi diceva di starmene lontano da quanto era ignoto e distante. Ma un’altra voce, altrettanto forte, mi spingeva ad esplorare, a prendere rischi nell’eventualità di trovare qualcosa di nuovo. Dovetti farmi coraggio e alla fine preparai una borsa con alcuni biscotti e dell’acqua e misi i piedi fuori.
Era giorno (ci sono 14 ore di giorno qui in media e questo è qualcosa che vale la pena che voi mettiate per iscritto) ed ero andato per il mio solito cammino, attento ai fossi (merita pure che voi prendiate nota che ci sono dei fossi qui intorno). Circa un’ora e mezzo più tardi ho sentito il suono di un motore tremolante da sotto. Non molto dopo potevo riconoscere la forma di una banale navicella spaziale.
Era precipitata (o quanto meno a era atterrata piuttosto male in funzione di come si preferisca esprimersi) proprio là dove mi stavo dirigendo e mi ci avvicinai.
Prima di continuare ho qualcosa da confessare.
Questa storia non è completamente inventata. C’è del vero, ma voi non avrete modo di discernere quanto, almeno così credo.
Dov’ero?
Oh, giusto.
Mi ci stavo avvicinando.
Silenziosamente.
(Non sono il tipo da fidarmi di un qualsiasi visitatore non invitato precipitato dal cielo).
Il cockpit si aprì con un sibilante ‘tssss’ e strizzai gli occhi per vedere se riuscivo a determinare se la forma di vita là dentro rappresentasse una minaccia. Non potevo ancora vedere ma potevo sentire che qualcuno diceva:
“Aiuto!”
5. In caso di disfunzione
Erano umani per quanto ne so. Credo che si fossero rotti una gamba. Erano sanguinanti.
Non ho alcuna conoscenza medica, ma valutando la situazione non mi sembrava troppo buona.
Quindi, come potete immaginare, mi sono sentito piuttosto perso non sapendo se avrei dovuto aiutare un pilota che si era appena schiantato. Bene.
Non sono abituato a chiacchierare con altre persone. Non ho degli ‘altri’ con cui parlare. A volte canto e canticchio tra me e me, ma cerco di non emettere suoni. Mi pare che una volta che inizio a parlare con me stesso, faccio fatica a fermarmi. E posso essere un compagno molto crudele, quindi è meglio evitarlo.
Avrei potuto tornare indietro e lasciarli morire. Nessuno l’avrebbe mai saputo. Ma la mia curiosità ha avuto il sopravvento; non vedevo un’anima viva da un bel pezzo.
“Capisci la nostra lingua?” Mi hanno chiesto.
“Credo che vi siate rotti le gambe”, risposi.
Non riuscivo a capire se fossero divertiti o se avessero la bocca deformata a causa del dolore.
“Credi?”
Mi hanno chiesto se potevo rimettergli a posto le ossa. Ho detto che non ne ero sicuro. Non ci conoscevamo da molto tempo. Mi risposero che facessi del mio meglio. Ho detto “se insistete”.
Sono tornato alla stazione per portare loro del ghiaccio e dei bastoni per stabilizzare le gambe. Quando sono tornato, erano ancora coscienti, anche se in uno stato leggermente confusionale.
Vi risparmio ulteriori dettagli sullo stato dei loro arti. Mi hanno chiesto di andare a prendere il kit del pronto soccorso riposto in un una piccola scatola di latta nella loro navicella spaziale. Conteneva degli antidolorifici.
Non ho molta esperienza nella stabilizzazione degli arti. Ora che posso dire con orgoglio di esserci riuscito almeno una volta. Ecco le varie tappe da seguire in tal evenienza:
1. Spingere la gamba in modo che non si pieghi.
2. Cercare di non badare alle urla.
3. Mettere delle bende intorno alla ferita.
4. Cercare di non badare alle urla.
5. Premere qualsiasi cosa che si ritenga adatta a fungere da imbracatura e legarla in modo che non si muova.
6. Cercare di non badare alle urla.
Sono andato a prendere il mio carretto da giardino per portarli alla base. Erano più alti e più pesanti di me. Ho pensato alla loro astronave e a cosa potesse contenere. Mi chiedevo se funzionasse ancora.
Mi chiedevo se mi ricordassi ancora come pilotare un’astronave.
6. Inventario
Dopo averli messi sul mio letto, (erano tutti insanguinati e impolverati, ma stavo per cambiare le lenzuola in ogni caso) decisi che sarebbe stato meglio perquisire la loro navicella mentre erano ancora mal messi. Sembrava che avessero la febbre e borbottavano sciocchezze scambiandomi per qualcun’altro.
Qualcuno che avevano conosciuto e che gli stava a cuore.
Qualcuno che avevano amato.
Mancavano ancora un paio d’ore prima del tramonto. Sono tornato alla navicella. Ho portato il mio carretto nel caso ci fosse molta roba da prendere. Sempre essere preparati. E a me non importa se pensate che io sia un ladro. Mi rifiuto di giustificarmi davanti a voi. E un giorno (se sopravviverete qui abbastanza a lungo) diventerete disperati ed egoisti come me. E l’abbozzerete di chiedervi quel che è giusto e sbagliato, chiedendovi invece cosa è necessario.
Avevo trovato diverse cose necessarie:
· Antidolorifici.
· 12 scatole di cibo secco.
· Un sacchetto di cartone pieno di soldi.
· Altri antidolorifici.
· Una cartuccia piena di proiettili.
L’ultimo articolo sembra suggerire che potrebbe esserci anche una pistola. Ma di due cose l’una, o non riuscivo a trovarla perché era ben nascosta, o se la tenevano addosso.
Molto probabilmente se la tenevano addosso.
“Me ne occuperò più tardi”, mi dissi fra me.
Avete mai sparato con una pistola?
È una cosa abbastanza sgradevole. Vi fa male alle orecchie e vi fa sentire lo stomaco vuoto.
7. Carognaro
Erano ancora sul mio letto quando sono tornato. Si erano addormentati, o erano privi di sensi, o qualcosa del genere. Li ho inclinati quel tanto che basta a farmi grugnire qualcosa addosso. Gli ho messo in mano parecchi antidolorifici. Li hanno presi e sono ripiombati nel loro stato di dormiveglia. Mi sono concesso la libertà di prenderne un po’ anche per me. Le pillole non erano abbastanza forti per i miei gusti, in ogni caso, accolsi a braccia aperte il loro torpore.
Stesi un altro paio di lenzuola sul pavimento e cercai di dormire.
Era una strana sensazione, stare con altri esseri umani.
I loro respiri erano bassi e profondi ma non sereni. Li ascoltavo mentre sentivo i miei propri respiri farsi più profondi finché non caddi in un dolce, torpido, nebuloso nulla.
Mi sono svegliato sentendo qualcosa di freddo premuto contro la mia gola.
Un coltello.
“Rivogliamo indietro la nostra pistola”, dissero. Sembravano spaventati. Il loro viso brillava di febbrile sudore.
Afferrai il polso che stringeva il coltello e spinsi via la mano. Fu facile. “Provate a minacciami quando vi sentirete un po’ meglio”, dissi.
Sembravano più offesi che spaventati per quello che avevo detto. “Se avete intenzione di uccidermi, facciamola finita adesso”.
Era il mio turno di sentirmi offeso. “Non ho intenzione di uccidervi”. Non l’avevo per davvero.
I loro occhi scuri mi fissarono, lottando per sollevare le pesanti tende degli antidolorifici e della febbre. I loro occhi indugiarono sui miei ancora un po’, cercando la verità.
Non saprei dire se l’avessero trovata o meno.
“Se mi aiutate a riparare la nave, posso portarvi con me”.
Anch’io sono un carognaro della verità. Ma in questo caso non occorreva cercarla nei loro occhi. Era come se qualcuno glielo avesse scritto sulla fronte.
B U G I A R D I
Ho sfoggiato il mio sorriso più gentile e gli ho stretto la mano.