Resta!, Rania Ali
Racconto vincitore Premio Energheia Egitto 2023
Sono i primi momenti di un tramonto purpureo e malinconico, da un altoparlante in lontananza arriva la voce rauca di un imam che sta iniziando la preghiera. Sempre più forte è il cinguettio degli uccellini, soprattutto quelli imprigionati in gabbie minuscole dimenticate fuori sui balconi.
Salem esce dalla camera da letto tutto insonnolito, scalzo, i capelli grigi spettinati, la canottiera bianca con macchie di sugo ormai secche e i pantaloni del pigiama mai indossato completo.
Si siede su una poltrona elegante ma impolverata e coperta dei peli grigi del gatto, un persiano che, appena lo vede sveglio gli si va a strusciare sulle gambe e si accuccia sul bracciolo accanto.
Gli occhi ancora socchiusi, allunga la mano sulla consolle accanto per prendere la macchinetta per rollare le sigarette, inizia a farsi una sigaretta con tutta calma, sporgendo un po’ fuori la punta della lingua come fa quando è concentrato su qualcosa.
Non accende la luce, per lui è sufficiente la luce fioca che viene dall’unica lampadina non ancora fulminata dell’applique sopra la consolle. Accende la sigaretta, poi il cellulare, e gli si illumina il volto dalla luce dello schermo, tenuto vicino agli occhi per riuscire a vedere meglio. Non ha mai messo gli occhiali nonostante ne abbia bisogno.
Inizia a scrollare la pagina Facebook, un gesto automatico che fa distrattamente. Ecco che si sofferma su una foto delle sue figlie, un sorrisino gli si disegna sul volto, un sorrisino che le figlie non vedono nè immaginano e con l’indice grosso inizia a digitare sulla tastiera. Nel frattempo la cenere della sigaretta si accumula finchè la lascia cadere a terra sulla cenere di tutte le altre sigarette, lasciata lì non si sa da quando…
Mentre scrive il commento sotto la foto, sente aprire la porta, non si gira perchè sa che è lei, l’unica che ha ancora le chiavi di casa. Qualche volta viene da sola e qualche volta la deve chiamare lui per chiederle come mai non è salita quel giorno per stare un po’ con lui.
“Ah sei qui? Pensavo fossi uscito, non vedo la tua Jeep sotto casa.”, dice Laila accendendo la luce dell’ingresso e del salotto.
“Ehi gioiuzza, finalmente ti sei ricordata di me? Non mi chiami più.’’, dice Salem socchiudendo gli occhi infastiditi dalle luci accese tutte insieme improvvisamente.
“Ma devo chiamare sempre io?!”, risponde Laila istintivamente.
“Sono i figli che devono chiamare i genitori almeno per sapere se sono ancora vivi o morti…”
“Va beh… E i figli invece sono esonerati dalla morte?!”, dice lei senza guardarlo in faccia, ha smesso di farlo già da tempo.
Non le risponde, vuole finire di scrivere il commento pieno di errori ortografici sotto la foto. Appena clicca sulla freccia blu per inviarlo, si sente il suono della notifica sul telefono di Laila.
Laila tira fuori il telefonino che aveva messo nella tasca della vestaglia prestata dalla mamma e indossata per non salire due piani di scale in pigiama. Legge il nome del padre sullo schermo e rimette il telefono in tasca.
“Ma allora, hai fatto come ti ho chiesto?”, dice Laila prendendo in braccio Armani, il gatto di papà.
“Lascialo! Non gli piace essere preso in braccio se non da me. Vieni da papà, piccolo Armani!’’, dice guardando il gatto con un sorriso che scopre i denti separati, imperfetti ma che gli stanno bene.
“Hai parlato con Assem come mi avevi promesso? Gli hai detto che voglio tornare a lavorare in azienda con loro?”, le veniva difficile ripetere la stessa domanda per l’ennesima volta. Sono anni che chiede al padre di parlare con Assem, l’amico del padre e il direttore dell’azienda dove lavorava Laila 5 anni fa, e di dirgli che lei vuole tornare a lavorare lì. Qualche volta l’orgoglio le impedisce di chiedergli questo favore, ma secondo lei è l’unico modo per riprendere a lavorare dopo 5 anni che è rimasta a casa. Anzi, è sempre stato lui a dirle di non cercare lavoro perchè un giorno gliene trova lui uno, uno di prestigio, adatto alla figlia di Salem, non un lavoro qualsiasi.
“Sì, due giorni fa. Purtroppo non hanno bisogno di nessuno adesso…’’, risponde in modo elusivo mentre guarda il telefono.
Laila, senza dire niente, lo ascolta con gli occhi chini a terra, facendo un gesto spontaneo con il piede per rimuovere la polvere accumulata sul parquet.
“Ma tua sorella? Non chiama, non sale mai…”, dice alzando il sopracciglio destro come è solito fare quando vuol far vedere che è infastidito.
“Sai che torna dal lavoro stanca e la sera dorme…”, risponde guardandolo in faccia.
Salem rivece una chiamata sul telefono, ma la rifiuta subito. Laila va verso la porta per uscire, basta scendere due piani di scale per arrivare a casa sua dove l’aspettano la mamma e la sorella, ma lui le chiede di rimanere a bere il caffè insieme. Mentre glielo dice, il telefono squilla e lui rifiuta di nuovo la chiamata.
Laila accende la tv e si mette sul divano mentre lui va in cucina a fare due tazzine di caffè turco senza zucchero come piace a loro. Mentre sta in piedi davanti al fornello per controllare il caffè riceve un messaggio. Accende il telefono e lo legge: “Ehi, Salem ti ho chiamato due volte per chiederti se tua figlia vuole ancora lavorare con noi. Fra una settimana la ragazza che era venuta al posto suo se ne va. Fammi sapere!”.
Salem senza pensarci due volte clicca su Rispondi al messaggio, abbassa la fiamma e inizia a scrivere: “Ciao Assem, grazie per il tuo pensiero. Laila sarebbe felice di questa notizia, ma purtroppo lei ha già trovato un altro lavoro. A presto.”.
Mentre manda il messaggio, il caffè bolle e fuoriesce dal cezve sporcando il fornello. Arriva Armani che inizia a miagolare insistentemente e a strusciarsi sulle gambe di Salem che lo prende in braccio e gli dice: “Lo so, Armani, dispiace anche a me, ma se pure lei lavora che ci verrà a trovare ogni sera?!”.