I brevissimi 2023 – Fiorile, Simona Massera Caudera_Torino
Anno 2023, tema: La primavera
Come ogni mattina, prima che la città si svegliasse, Rufus, un Basset Hound placido dallo sguardo malinconico, e il signor Armando erano in piedi già da un pezzo.
Il signor Armando amava far colazione nella calma della sua cucina, agitata solo dal rumore della pendola che da cinquant’anni faceva il suo dovere segnando il tempo con esattezza. Non che se ne facesse molto di tutto quel tempo da quando era andato in pensione, lasciando il suo posto di impiegato di terzo livello all’archivio di stato. Tuttavia, il signor Armando si radeva e si vestiva con cura, come se dovesse andare ancora in ufficio.
Alle 7 erano già davanti all’edicola del signor Giuliano che negli anni aveva resistito a varie crisi economiche, un bombardamento e il tentativo assillante del comune di trasformarla in un punto informativo per turisti.
Rufus era un cane intelligente e conosceva il suo padrone meglio di chiunque altro. Bastava un gesto appena accennato, un sussurro per capire che bisognava affrettare il passo e svoltare per non fare brutti incontri.
Il signor Armando non amava perdersi in convenevoli con gli inquilini del condominio. Tutti quei buongiorno e buonasera, che non significavano niente, non gli piacevano. Lui per tutta risposta alzava il labbro superiore e non emetteva che un debole fiato. Salutava solo i cani e mai i padroni.
– Buongiorno, Chopper, come va la zampa? – diceva rivolto a un simpatico pastore australiano.
C’erano poi certe persone che non poteva proprio soffrire e cercava di evitare a ogni costo. Come la signora Lerda del quarto piano. La camminata frenetica, i colori assordanti dell’abbigliamento, il profumo intenso, il vigore con cui strattonava il figlio nei momenti di fretta, il barboncino sempre tosato e con cappottini di tutte le nuance del rosa. L’insieme gli procurava un senso di nausea e stizza.
C’erano invece alcuni inquilini che lo incuriosivano come la ragazza dell’ottavo piano, la signorina Orfea, sempre gentile e sobria nei modi. Gli suscitava una simpatia istintiva e anche a Rufus piaceva dato che si fermava a lungo ad annusarle le gambe scodinzolando felice. Tuttavia, non approvava il modo in cui trattava quelle povere piante che aveva sul balcone. Uno strazio. Le lasciava morire di sete in estate e, agonizzanti, le abbandonava alla mercé del vento e della pioggia autunnali, al punto che i vasi di gerani ormai sfioriti grondavano acqua ai piani inferiori e d’inverno parevano spettri: a monito della caducità dell’esistenza.
Avrebbe voluto proprio dirglielo che non si potevano trattare così le piante, che quello più che un balcone sembrava il miglio verde dei condannati a morte. Ma poi, assecondando la sua ritrosia, aveva desistito dal proposito di critica.
Non molto tempo fa, all’inizio della primavera, l’aveva vista armeggiare sul balcone, con una certa foga, mentre strappava rami secchi e toglieva i miseri resti di quello scempio invernale, buttando il tutto in grossi sacchi della spazzatura. Le aveva fatto tenerezza e aveva pertanto deciso di agire in suo aiuto, ma in segreto. Aveva iniziato a mettere nella buca delle lettere della ragazza dei ritagli di giornale con articoli sul giardinaggio. E a poco a poco aveva visto fiorire il balcone e la ragazza.
Una mattina, di ritorno dalla solita passeggiata con Rufus, l’aveva incontrata.
– L’abbiamo trovato, – le disse, porgendole un quadrifoglio.
Rufus sollevò il suo naso da cacciatore guardando il padrone incredulo. Aveva proprio parlato e donato a quella ragazza dal buon odore il bottino della loro passeggiata.
Lei sorrise e ringraziò il signor Armando, poi si avviò in macchina all’ospedale. Posò quella piccola piantina sul sedile accanto a sé. Ce l’avrebbe fatta, se lo sentiva, questa volta ci sarebbe riuscita.
Qualche giorno dopo arrivò l’esito del prelievo. Era incinta. Dopo tre anni di tentativi, la sua bambina riposava tranquilla dentro di lei in attesa di fiorire.