Le parole dei giurati

Il racconto, arma di emancipazione al femminile, Angela Mauro

Presidente Giuria Premio letterario Energheia 2023_XXIX edizione

  “Un giorno troverò le parole giuste e saranno semplici”, scriveva Jack Kerouac. Mentre sono qui a cercare le mie per scrivere di quanto sia prezioso scrivere (e leggere, magari prima di scrivere), mi torna in mente una citazione dell’autore di ‘On the road’ e altri celebri capolavori, mito tra i più ovvi della mia generazione. Scrivere alla fine deve e non può che essere semplice. Ma scrivere su quanto sia importante scrivere è un gioco insidioso che può trascinarti nel più imperdonabile degli errori: la banalità. Allora, trovata la rotta, teniamo dunque la barra dritta. E forse un modo per riuscirci è stringere l’obiettivo sull’importanza di un particolare genere letterario spesso considerato minore che il premio Energheia ha il pregio di aver messo a valore: il racconto.

Si dirà: tanti premi letterari lo fanno. Bene, non sono mai abbastanza. Perché tra i vari generi narrativi, il racconto ha la maggiore carica di innovazione, rottura, energia. Nella storia, il racconto ha osato lì dove nessuno si era mai spinto. Soprattutto: lì dove mai nessuna donna si era mai spinta. Perché il racconto è soprattutto una storia di emancipazione femminile.

Alla fine dell’800 fu pioniera un’autrice statunitense, nata nel Missouri da padre irlandese: Kate Chopin. Oltre a lei, ce ne furono altre. Non a caso: donne. Ma il suo è davvero un caso particolare: a questa piccola autrice, vissuta solo per 54 anni nella seconda metà del diciannovesimo secolo, si deve larga parte del lavoro per aprire un varco alla modernità. Prima, c’era Charles Dickens con i suoi imperdibili romanzi sulla Gran Bretagna vittoriana, abitudini e cliché, lunghe descrizioni nei binari della tradizione puritana che il genio seppe mettere in pagina consegnandoci autentici capolavori. All’alba del nuovo secolo e al tramonto della vita e dell’epoca della regina Vittoria, anche Dickens andava superato e il suo genere letterario andava sfidato: nei contenuti e nello strumento.

Il ‘racconto’ contrapposto al ‘romanzo’ diventa dunque l’arma con cui Chopin e poi altre scrittrici prendono coraggio e sfidano un universo letterario e sociale fino ad allora decisamente maschile. Scrivono di donne che scoprono di avere un’anima e una personalità che va al di là dei compiti domestici e di cura della famiglia che la società ha assegnato loro. Un’anima che non sono più disposte a soffocare. “Rinuncerei a ciò che non è essenziale; darei i miei soldi, darei la mia vita per i miei figli; ma non darei me stessa”, dice Edna Pontellier, la protagonista de ‘Il risveglio’, il racconto più famoso di Chopin. Ne scrivono in forma breve, evitando di indugiare in pagine di particolari prolissi per lasciare al lettore l’immaginazione della scena, spesso anche della chiusura della storia. Tutto è concentrato in un breve lasso di tempo, in un bagliore, anche un solo incontro o sussulto che però ha scavato così forte da provocare terremoti emotivi, ‘risvegli’, appunto.

È anche così che i casti vestiti dell’epoca vittoriana cominciano a ritirarsi scoprendo man mano qualche centimetro di pelle in più. La morale dell’epoca comincia a cedere sotto i colpi delle rivendicazioni per il riconoscimento del diritto di voto alle donne, per citarne solo una. Ma Chopin non si ritiene una femminista e nemmeno una suffragette. È anche sposata con sei figli, nella Liousiana scossa della guerra civile. A lei piace solo esplorare idee. Non pensa di doverle tradurre necessariamente in azione diretta, non è un’attivista. Forse nemmeno lei immagina quanto la sola ‘azione diretta’ di scrivere racconti sia in grado di originare una valanga che rompe la diga dei tabù in letteratura e nella società.

Oltre cento anni fa, fu il racconto, oggetto contundente per conquistare il diritto femminile al romanzo, genere bellissimo e per fortuna ancora vivo, ma per secoli appannaggio maschile. Oggi il racconto può ancora tanto perché conserva quella potenzialità di scintilla in grado di innescare anche effetti non del tutto calcolati, per il suo carattere leggero, sfuggente, veloce, la capacità di fotografare l’attimo e lasciare eventualmente tutto il resto alla fantasia del lettore.

Energheia tiene dunque una piccola luce accesa su un genere che si è rivelato faro di emancipazione nella storia della letteratura e nella società. Proprio come il faro di Virginia Woolf, ‘Gita al faro’, un romanzo uscito cento anni fa, a significare tra le altre cose che grazie a quell’arma di sfondamento del racconto breve, anche un prodotto letterario più lungo poteva stare ormai saldo nelle mani di una donna.