Pietro Bartolo, il medico “della speranza e dei salvataggi”
Il medico di Lampedusa, , protagonista del film “Fuocoammare”.
“Il messaggio che vorrei dare è che sarebbe giusto, opportuno e umano, intanto accogliere queste persone che vengono da paesi dove rischiano di morire, dove muoiono di fame, e quindi chiedono aiuto. E’ un nostro dovere, obbligo di ogni uomo e di ogni Nazione accoglierli, e contemporaneamente, magari, fare qualcosa per risolvere i loro problemi a casa loro”.
A renderlo famoso è stato il grande schermo, con “Fuocoammare”, il film-documentario dedicato al dramma degli sbarchi dei profughi a Lampedusa. Ma l’impegno quotidiano di Pietro Bartolo per i migranti va avanti dal 1991: in questi venticinque anni di attività, nel difficile ruolo di ufficiale sanitario delle Isole Pelagie, Bartolo ha visitato e prestato assistenza a oltre 250mila immigrati, arrivati nell’isola siciliana per fuggire alle guerre e alla povertà, in cerca di un futuro migliore per sé e per i propri figli.
“Io nasco pescatore e poi ho cambiato mestiere dopo aver avuto un’esperienza molto brutta: sono stato un naufrago anche io, per me è stato traumatizzante”. Così Pietro Bartolo, il medico di Lampedusa che ha prestato soccorso ai tanti migranti che sbarcavano nell’isola, nell’intervista Personale è politico, format del Partito democratico, ideato per presentare i candidati alle elezione europee, pubblicata sul sito del Partito democratico.
“Il mio papà ha deciso che cambiassi, anche perché lui aveva un obiettivo: mandare almeno uno dei figli a studiare – la mia era una famiglia numerosa, eravamo 8 figli, 6 donne, 2 maschi, uno disabile dalla nascita – perché studiare era il massimo. E quindi ha approfittato di quella mia brutta esperienza per decidere con un sistema: per non fare torto a nessuno ha fatto dei bigliettini, li ha messi in un barattolo, ha fatto scegliere a Caterina la più piccola e sono uscito io, Pietro. Peccato che dopo qualche giorno le mie sorelle hanno visto che in tutti quei bigliettini c’era scritto ‘Pietro’”, racconta Bartolo, candidato al PE nel collegio Isole.
“Ho scelto di entrare in politica dopo la strage di Lampedusa nel 2013”, spiega, “368 morti sotto i nostri occhi, a due passi dal porto e vedere tutti quei bambini morti, quella tragedia, mi ha fatto decidere. Dovevo fare un’altra scelta: entrare in politica”.
“C’è una cosa che mi opprime e mi fa fare delle domande, se faccio o no le cose giuste. Quando tutto questo finirà, perché deve finire, allora verrà scritto tutto nel libro di storia e quando quella storia verrà letta dai miei nipoti, che vedo raramente perché sono 5 mesi che non vado a casa, mi diranno: ‘Nonno, ma tu cosa hai fatto? Tu eri il medico di Lampedusa, tu eri il responsabile, lo eri più degli altri perché tu conoscevi tutto mentre gli altri parlano per sentito dire. Ma tu eri un europarlamentare: cosa hai fatto per cambiare tutto questo?’. E cosa dovrò rispondere io ai miei nipoti? Che sono diventato un attore, uno scrittore, che sono stato a Hollywood sul red carpet? Che sono diventato un europarlamentare e sono un incapace? Ecco perché sto lavorando con tutte le mie forze, credetemi, per poter dire ai miei nipoti: io ho fatto tutto quello che era giusto fare, tutto quello che ho potuto fare”.
“Quando l’Europa si renderà conto che il fenomeno migratorio è un’opportunità, una ricchezza, allora, a quel punto, sono certo che l’Europa darà le risposte giuste”, conclude Bartolo.