I brevissimi 2024 – La strega, Letizia Mattoni_Castorano(AP)
Anno 2024 (Le stagioni: Inverno) – finalista
Quando ero piccolo al paese abitava una vecchia signora.
Nessuno l’aveva mai vista, né sapeva il suo nome, ma per tutti era “la Strega”.
La sua casa era situata su di un colle, che la faceva risultare ancora più tenebrosa di quanto già non fosse, viste le alte mura che la circondavano e che rendevano visibile solo il suo tetto nero e a punta.
Sin da bambini ci veniva spiegato che era molto pericoloso aggirarsi in quei luoghi perché, ogni volta che qualcuno lo faceva, l’anziana si adirava talmente tanto da portare un inverno lungo e freddo quanto la sua rabbia.
Ovviamente nessuno di noi amava quella stagione, essa era considerata solo una portatrice di malattie e morte, e per questo meritava di non esistere.
Capitò un giorno, per caso, che assieme a qualche mio giovane compaesano, decisi di fare una partita a nascondino.
A quei tempi, come ogni ragazzino nel fiore dei suoi anni, ero molto più che competitivo e così, pur di essere l’ultimo a venir trovato, decisi di acquattarmi nei pressi della dimora della Strega.
Velocemente salii sul ripido colle, per poi rintanarmi in un enorme cespuglio.
Questa scelta però portò con sé conseguenze dolorose, infatti, nascosti tra le foglie dell’arbusto, c’erano numerosi rovi, i quali mi lacerarono le cosce.
Urlai dal dolore, per poi immediatamente tapparmi con una mano la bocca: se la Strega mi avesse sentito, sarebbero stati guai sia per me che per l’intero paese.
Dolorante uscii dal mio nascondiglio e, trattenendo invano i singhiozzi, provai a camminare, ma ogni passo mi faceva rivivere quel brutto momento.
Decisi di mettermi in ginocchio, pensando sul da farsi.
Poi ebbi un’idea, fermata però da un senso di ragione misto a dell’esitazione.
C’era un’unica persona che in quel momento poteva aiutarmi e così, mentre le mie lacrime scendevano a fiotti, mi avvicinai al cancello della spaventosa casa.
Non era presente nessun tipo di campanello e l’unica cosa che potevo fare era scavalcare.
A precedere le mie azioni però ci pensò una rauca voce alle mie spalle:
<<Cosa ci fai qui?>>.
Spaventato mi girai, trovando una vecchia signora dai capelli bianchi e vellutati che imbronciata mi stava scrutando con i suoi occhi di ghiaccio.
Prima che potessi scappare, mi prese per un braccio, girandomi per vedere meglio i tagli che mi ero procurato, poi, dalla sua lunga veste, sfilò una minuscola chiave, con la quale mi diede l’accesso alla sua dimora.
Appena entrato, mi fece accomodare.
<<Torno subito. Vedi di non muoverti.>>, mi disse minacciosa.
La mia testardaggine però era più forte di qualsiasi avvertimento, così decisi di alzarmi e perlustrare la stanza in cui mi trovavo.
Mentre mi incamminavo silenziosamente sul pavimento in parquet, andai a sbattere contro un mobile e, quando alzai lo sguardo, rimasi ammaliato: davanti a me avevo un enorme armadio costellato da centinaia di palle di vetro che racchiudevano paesaggi invernali.
<<Ti piacciono?>>
Sobbalzai al suono della sua voce.
Lei non curante proseguì:
<<C’è un bel sole oggi, non credi?>>
<<Qui però fa freddo.>>, risposi seccato.
Rise di gusto:
<<Penso che, per ciò, debba incolpare la mia anima. È lei a portare l’inverno che tanto vi spaventa. Non sai quanto invidio tutti voi che avete la primavera nel cuore, che siete sempre felici e non provate dolore, se non a volte quello carnale. Ma tu sei un bambino, cosa ne puoi sapere?>>, sospirò per poi restare in silenzio.
Quando si riprese dai suoi pensieri disse:
<<Sai che ogni palla rappresenta un mio compleanno?>>.
Sentito ciò, in un attimo di immensa paura corsi via, senza fermarmi fino a quando non giunsi alla base del colle.
La mattina dopo, non sentii il solito stormir degli uccelli, e presto scoprii che fuori nevicava.
Nessuno sembrava preoccupato come le altre volte, anzi gioiva perché aveva appena saputo della morte della Strega.
Così ella, silenziosamente, aveva trascinato via con sé la paura del freddo e la sua anima di ghiaccio.