I brevissimi 2024 – Inverno o Inferno?, Gianpaolo Carbone_Scalenghe(TO)
Anno 2024 (Le stagioni: Inverno) – finalista
INVERNO O INFERNO?
1 Inverno soffiar tacito, toccar
Gli alberi sonnolenti, camminar
Su prati e fiori imbevuti di sue
Bianche lacrime, osservo all’esterno.
Mi fa sovvenir del mio innocente
Germoglio gli anni, quando più candore
Donava al dolce riso puerile.
Mosso dal cor di ricordo affamato,
Lascio la vista del niveo manto
10 Per saziarlo col cibo prediletto:
Le foto, istanti resi immortali.
Freno allo sfogliar dell’umane fronde,
Sorgente d’ambrosia per la memoria,
È bello in voi affondar di tanto in tanto!
Così sfoglio i miei anni: o quanti giorni
Ridestati e in presente rinnovati!
V’è una foto più viva dell’altre:
Me fresco di cinque anni mostra, stretto
Dal tenero abbraccio di mio nonno,
20 Immersi nel niveo sospirar.
Subito sazio, il cor di tornar
Dal viaggio del risveglio mi comanda
E mi mena dal nonno, dal qual due
Porte e poche e brevi orme mi separano.
Ratto, l’antico volto e il bianco pelo,
Vedo. Ratto, quella foto gli tendo:
«Rievocar ti voglio,» dice, «sull’orme
Dell’inverno e del ricordo che hai acceso
In me, una storia a te mai narrata.
30 Padre ebbi, nomato Andrea, che, tratto
Da concioni letali alla feral
Guerra, malgrado respirasse dolci
Giorni con la soave moglie e ’l dolce
Virgulto di quel figlio all’alba della
Vita, il caldo tettuccio lasciò,
Per andar in Russia a innaffiar di sangue
Le steppe. Partì d’estate con sangue
Infocato, ma ratto s’agghiacciò,
Quando venne inverno che inferno fece.
40 Ulular del vento straniero, raffiche
Di strali ostili, penuria di cibo,
Estremo ghiaccio; vita si confonde
Con morte, il bianco ciel con la bianca
Terra: c’è un orizzonte? In tutto
Ciò si dolse dell’ardito commiato.
La cieca e rorida nebbia lo fece
Tornar a vedere: solo la fiamma
Di ritrovar i cari lo scaldava.
Ed attizzata fu allorché vibrò
50 Il segnal ‘Ritirata! Ritirata!’.
E della notte e del dì sotto l’aere,
Con Angelo, fido amico, sollievo
Nella sciagura, i celeri passi
Divideva, mosso da uguale meta,
Alla qual sempre più eran propinqui
Malgrado il crudo gelo e i morbi atroci.
Correre, fuggire, tornare, vivere,
Sperar. Cos’è la speranza? Cos’è,
Se non un aereo che sormonta
60 Le nubi e ti mostra il bel mar dall’alto?
E come non lo ferma il vento avverso
Così mille e mille mali non piegano
I due esploratori di speranza.
Ma un dì all’ormai familiar rugghiar
Della tormenta si sommò il marzio
Infuriar, la canea della morte.
I Russi eran alle calcagna e accesero
Strali ad essi contrari. V’era a pochi
Passi una trincea alla qual accorsero
70 Per farsi nascosti: a pochi passi
Ma a tanti strali: ahi, due trafiggono
Papà! Ahi, le stelle tocca il dolor,
Ma a più infiniti s’eleva quello
Del cor! Angelo balza giù, lo trae
Al riparo e tenta l’estreme cure
Per papà: ma troppo è il salasso.
Qual cola dall’Etna la sua lava,
Tal fluisce dal corpo il vital rivolo.
Lo vuole portare seco, ma come?
80 ‘Lasciami qui,’ disse, ‘se ben mi vuoi,
Ché queste parole che odi volar
Con i petali del mio morente
Fior di giovinezza, sono l’estreme.
Ora fuggi l’inferno che ci ghiaccia,
Va’ a casa mia e ai miei due cor narra
La folle tragedia. Al tristo figlio
Non è concesso serbare ricordi
Del papà: a lui porta come farmaco
Questo ciondolo con la mia foto.
90 Possa io rivederli nell’eterno
Mondo, ben lontani dalle ferite
Dell’inumana umanità, aperte
Anche da me, innamorato della
Guerra prima di scrutarle l’orrendo
Viso. Ah, ne sollevi la mendace
Maschera chi ancora la brama! Ché
Dolce è la guerra ai soli inesperti’.
Dato ad Angelo l’estremo commiato,
L’anima esalò. Ei tre volte il suo
100 Nome urlò per ridestarlo, ma tre
Volte papà non rispose: l’amico,
Con il cor dal pianto franto, dové
Lasciarlo, ma la missione concluse:
Superstite varcò la nostra soglia
E quivi ciò che or ti narrai narrò.
Giammai conobbi padre, a me sempre
Ignoto per la guerra, e sul suo
Essere m’è concesso vagheggiar
Solo con la foto ch’ei mi donò».
110 E mentre vergo questi fogli,
Continuano gli uomini
A vergare gli uomini
Portando guerre e cordogli.
Paventi l’uomo rovina
117
Atroce, se i pianti dei bimbi e sofferenze
Crudeli e buie violenze
E morte continua a recar con la guerra assassina.