I brevissimi 2024 – Nell’inverno più buio la speranza è la luce, Arianna Pignotti_Grottammare(AP)
Anno 2024 (Le stagioni: Inverno) – finalista
Mi accoccolo, quasi mi accartoccio mentre mi guardo intorno incantato. Quel luogo candido così ovattato mi sembra estraneo e meraviglioso.
Un vento gelido fa svolazzare garbatamente, quasi volesse scusarsi, fiocchi eleganti che simili a minuscole farfalle confuse si posano ovunque.
Smetto praticamente di respirare per paura che quella magia cessi all’improvviso.
Ho freddo, e mi rannicchio ancora di più stringendo le ginocchia fino al mento e piegando le braccia davanti al mio ventre più che posso.
Assomiglio a un origami abbandonato in quel vicolo, sotto un cielo che con complicati ricami sembra voler nascondere fumo e lingue di fuoco.
Sono triste pur in tutta quella quiete, e sono solo come sempre sono stato e sarò.
Disperato come quando nelle ore lente e vuote mi sale un’infinita tristezza e tutto mi sembra inutile ed estraneo al mio destino. Muto, ma voce, pur se fioca, di migliaia di altre voci, della loro fame di vita, della loro pazienza di anime sottomesse a un destino crudele e impietoso dove i sogni sono inutili e la speranza senza fondamento.
Ho chiesto così poco alla vita e anche quel poco mi è stato negato.
Una casa solida, un raggio di sole che non fosse oscurato dal fumo, un campo coperto di fiori e non di macerie, la felicità e non l’angoscia nella consapevolezza che esisto.
Mi scuoto, e osservo l’infinita meraviglia di questa neve, così gelida eppure capace di restituire calore e anima all’inverno.
Il freddo mi divora i piedi. Mi chiedo se con un paio di scarpe sarebbe diverso, non ne ho mai posseduto un paio.
Il bianco della neve sposa un silenzio benefico, che come un fratello, rivolge su di me il suo sguardo amoroso e carico di compassione, tentando di placare le mie più oscure paure.
Tolgo piano i palmi dalle orecchie e finalmente mi accorgo di Ahmed che trema al mio fianco e fissa ipnotizzato quella cascata di luce fragile e pura.
- Non sono bellissimi questi fiocchi Ahmed ?-
Gli dico.
Poi aggiungo sottovoce.
- Sono piccoli angeli scesi giù per giocare con noi. Sono un regalo delle stelle. Non è vero che sono indifferenti al nostro dolore.-
Il mio amico mi rivolge un enorme sorriso sdentato che sembra annegare fin nei suoi occhi.
Sento il mio cuore spezzarsi e provo una tenerezza fino alle lacrime per me, per lui.
Penso che non riuscirò mai a ricomporlo questo mio cuore, che si sta disfacendo pezzo a pezzo come una cosa vecchia.
Il silenzio e quella luce lattiginosa sembrano suggerire un nuovo inizio e quasi risanare questo mondo martoriato che però palpita ancora.
Mi stendo su questa neve benedetta, in quest’inverno di morte e di urla, di missili e bombe e, sogno di crescere libero, felice e al sicuro, diventare vecchio e volare proprio come questi fiocchi immacolati, sopra la morte e la sofferenza.
L’inverno infinito della mia esistenza non sembra però prevedere primavera.
Come uno sprazzo di luce che abbaglia quest’inverno di tenebre, un fiocco si posa lieve sulla punta del mio naso, un cristallo perfetto che resiste miracolosamente intatto sulla mia pelle.
Lo sfioro piano, quasi religiosamente e sento che da qualche parte in fondo all’anima, si fa strada, timoroso ma allo stesso tempo prepotente, il pensiero che anche il mio essere nato è un miracolo.
Anche se io, Samir, sono nato e vivo a Gaza.