Quelli che bruciano_prima parte
di Helena Janeczek
Non mi ero pentita di averla accesa. Nel parterre mancavano gli ospiti che persino mio figlio riconosce come presenze di un patto sado-maso tra pubblico e programma, non stavano sbraitando, nemmeno interrompendosi di continuo. I servizi si concentravano su questioni più interessanti del consueto, rendendo tollerabili le inevitabili dosi di retorica. Poi il giovane conduttore si è avvicinato a un uomo in platea, uno di quelli invitati nel ruolo della gente-che-porta-la-sua-testimonianza. La storia doveva essere giunta al cosiddetto onore della cronaca ma non ne sapevo nulla. Mi arriva solo la faccia del piccolo imprenditore senza lavoro, gli occhi con le lacrime malassorbite. Dopo le elezioni, il testimone era andato davanti alla casa di Beppe Grillo e lì aveva conosciuto un altro artigiano: Mauro Sari, piastrellista, che tre giorni prima si era dato fuoco in una piazzuola sull’Aurelia a Vado Ligure. Entrambi avevano votato per i 5 Stelle, entrambi speravano in un aiuto del fondatore. Corrado Formigli fa partire il supporto foto e video per affiancare la faccia e le parole del uomo morto alle parole dell’uomo in piedi. Quest’ultimo, Giuseppe Piscitello, racconta che Sari si era stancato dell’attesa ma prima di andarsene gli aveva dato i suoi recapiti. Poco dopo, Piscitello era stato fatto entrare per un breve colloquio con Beppe Grillo che gli avrebbe promesso di ricontattarlo dopo pochi giorni. Formigli a un certo punto interrompe la testimonianza, devia il discorso verso i terreni meno accidentati dell’opinione politica. Sollecitato dal conduttore, Piscitello sostiene che Grillo avrebbe dovuto cominciare a “far qualcosa” e per fare qualcosa avrebbe dovuto accettare qualche forma di governo con il Pd. Sa come interpretare la parte del popolo che va in tv, ma non sembra davvero interessato a parlare di questi aspetti. Vuole arrivare al punto, all’accusa. Formigli gli si avvicina a un palmo mentre rimarca una presa di distanza. Grillo non ha mai governato il paese e non lo governa adesso, controbatte. E’ chiaro che non è che Beppe Grillo poteva salvare la vita di quell’uomo, no? Quell’uomo ha deciso di uccidersi perché è un uomo disperato. Grillo, lei dice, poteva fare una scelta politica di alleanza, di governo, che magari poteva cambiare in futuro le sorti di questo paese, probabilmente non le sorti di Mauro, no? L’argomentazione non suona solo paternalistica o ipocrita ma sostanzialmente campata in aria. Il testimone è venuto apposta per dire l’esatto contrario e Formigli lo sa bene: ma prima deve mettere le mani avanti, forse barcamenarsi nel tenere a bada i demoni da lui stesso convocati. Piscitello prosegue a raccontare che Sari l’aveva chiamato diverse volte per sapere se Grillo si fosse fatto vivo e poi conclude: magari aveva solo bisogno di una pacca sulle spalle, di una parolina,“non preoccuparti Mauro che qualcosa faremo”. Non l’abbandono assoluto.
Più tardi scoppia una zuffa per un tweet con cui Salvo Mandarà, filmaker del M5S, esprime che Formigli dovrebbe darsi fuoco se avesse una coscienza, polemica che oscura tutto il resto. Il conduttore usa facebook per difendere la propria correttezza professionale, ricevendo un po’ di solidarietà seguita da una gragnuola di accuse di sciacallaggio. Ma il disagio per la televisione che sfrutta e strumentalizza il dolore l’avevo visto montare su proprio su twitter durante la messa in onda e non da parte dei simpatizzanti del M5S.
Per quanto mi riguarda, il disagio era aumentato anche guardando il servizio trasmesso subito dopo aver rimesso Piscitello al proprio posto di popolo-pubblico. Grillo che in diversi comizi denuncia la disperazione dei piccoli imprenditori schiacciati dalla crisi, racconta storie strazianti, urla che loro del Movimento sono gli unici a fare ciò possono per dare aiuto, anche solo l’aiuto di un po’ di ascolto perché “se ti senti totalmente invisibile diventi pericoloso, questo lo sanno anche i bambini.” Grillo che commenta la morte di Sari dicendo che si sente partecipe al dolore e anche responsabile perché non aveva capito sino che punto quel uomo fosse disperato. Grillo avvicinato dopo i comizi da uomini che gli consegnano i loro numeri di telefono, che elargisce abbracci e persino baci sulla fronte dei simpatizzanti. Qualcuno dei commentatori al post di Formigli rivendicava la scorrettezza di mostrarlo quasi fosse Padre Pio, ma se pare evidente che il video sia stato montato per veicolare un simile messaggio, il materiale filmico esibito non dev’essere stato difficile da riprendere o reperire. A me, a dire il vero, Grillo appariva più come una strana via di mezzo tra un santo taumaturgo e l’antica figura del politico-notabile chiamato a darsi da fare per gli elettori-clientes, ma non lo dico con spregio di giudizio. Lo dico con tutto lo sconcerto e il malessere che quella trasmissione mi ha lasciato addosso, malessere che avvertivo come qualcosa di più profondo di ogni tentativo di strumentalizzazione e che mi ha portato, infine, a ricostruire sin dall’inizio le vicende di Sari e Piscitello.
Il 26 febbraio tutte le troupe sono appostate davanti alla casa del vincitore elettorale, ma Beppe Grillo non esce per rilasciare dichiarazioni. I giornalisti quindi si accontentano di intervistare prima Mauro Sari, venuto con l’Ape Piaggio azzurra con la striscia Grazie Beppe appiccicata sul parabrezza, e poi Giuseppe Piscitello. Sari dice di voler chiedere solo un consiglio, parla come un uomo mite e insicuro, nello sguardo traspare un’ansia depressiva. Piscitello è più aggressivo, rivendica i venti voti dati in famiglia all’M5S, vuole sapere Grillo che cosa ne farà, ora che ha conseguito il 25%. Provocatoriamente (forse anche perché ha l’accento meridionale) una giornalista gli chiede se ha fatto le foto alle schede, ma lui ribatte che è reato e che non si tratta proprio di voto di scambio. Più tardi, dopo essere stato filmato durante il colloquio con Grillo sull’uscio della casa, ribatte che è già contento così, molto più contento, non se lo sarebbe mai aspettato. Ripete con enfasi dimostrativa che Beppe Grillo è una persona seria che fa quel che promette: più avanti, con più calma, lo chiamerà per parlare dei problemi dei piccoli-medi imprenditori.
Passa poco più di una settimana e Piscitello viene imbarcato sulla nave-madre dei talk-show con Piazza e Popolo, ospite di Santoro nella puntata del 7 marzo di Servizio Pubblico. Un operatore lo segue nel suo appartamento, in banca dove un funzionario con volto oscurato e voce distorta gli illustra il debito accumulato senza aver fatto prelievi, in un ospedale dove in anni passati aveva lavorato alla ristrutturazione. Il titolo con il quale il video viene postato all’indomani su vari siti, tra cui Il Fatto Quotidiano, varia da “l’urlo di Giuseppe” a “Grillo, aiutami tu”.