Strade_Raffaele Lamorte, Chivasso(TO)
_Racconto finalista undicesima edizione Premio Energheia 2005_
JACK 1
Normale, tutto perfettamente normale. Ecco la solita porta di casa da varcare, la solita valigetta da lavoro nella mano sinistra, il solito aroma di caffè nella gola.
Jack si chiude la porta alle spalle, osserva con pazienza la busta dell’immondizia che la vicina lascia abitualmente davanti all’entrata. Prova a chiamare l’ascensore, ma questo è impegnato nell’abituale appuntamento con le donne delle pulizie. Poco male, facendo le scale (le solite, lunghissime, scale) aiuta il sangue a mettere in moto il cervello.
Dalle finestre che danno sul pianerottolo è possibile prevedere una giornata soleggiata, come lecito aspettarsi all’apice dell’estate. Jack sa di essere abbonato ad un’abbondante sudata, in linea perfetta con le settimane precedenti, ma lo accetta sorridendo.
INTERLUDIO
Viene chiamato in tanti modi: sdoppiamento di personalità, schizofrenia, sindrome di Jeckyll e Hyde (di questo non sono certo, ma non si può negare che renda bene l’idea, giusto?).
Il caso di Jack è particolare, perché se “normalmente” avviene uno sdoppiamento, un cambio, questo si svolge lungo un unico tratto temporale. Se due bambini si contendono il telecomando, capiterà che a fasi alterne prevalga l’una o l’altra parte; nel caso di Jack invece le quattro mani pigiano insieme i tasti, e questo porta a indubbia confusione.
Jack vive due vite, sovrapposte e divise tra loro, da una sottile membrana.
JACK 2
Normale, tutto schifosamente normale. Quella dannata porta che chiede di essere aperta e varcata, la 24ore piena di cartacce adibite ad aumentarne il volume, quell’acido gusto di caffè che chiede di essere spazzato via da una caramella alla menta ovviamente assente.
Jack odia alzarsi la mattina, odia il freddo penetrante quando si alza dal letto, odia vestirsi con la solita giacca e la solita camicia anche quando fuori si schiatta dal caldo.
Appena uscito di casa trova la spazzatura della vicina che inonda le scale di tanfo da discarica. Jack brontola qualcosa di incomprensibile (e se mai si capisse, sarebbe impronunciabile) e poi calcia rabbiosamente la borsa d’immondizia, lasciando fuoriuscire alcuni filtri per il tè accompagnati da bucce di mela.
Prova a chiamare l’ascensore, pigiando sul tasto a velocità crescente, fino a rassegnarsi, come tutte le mattine a prendere le scale.
Come immaginava fuori domina il regno del sole, caldo e arido. Avrebbe dovuto cambiare la camicia fradicia appena arrivato a lavoro.
JACK 1
Jack osserva con rassegnazione il serpente metallico multicolore che ha inghiottito la strada sotto casa sua. Al profumo di caffè si sovrappone il tanfo di gas nocivi. Jack decide di non prendere l’auto, come del resto accade in ogni giorno estivo; tendenzialmente preferisce andare a piedi, a meno che non stia piovendo, e pensa che in questo modo la sua Marea si riduce ad essere un costosissimo ombrello.
Controlla l’orologio: tutto nella norma, orario perfetto, può passare a comprare il giornale alla solita edicoletta esagonale.
A vendergli il giornale c’è un simpatico vecchietto un po’ smemorato, dal quale fortunatamente Jack non ha bisogno di comprare altro che il giornale.
Prova ad infilare il quotidiano in borsa dopo averlo piegato in due, senza ricordarsi di aver già tentato quell’operazione la mattina scorsa (e quella prima, e quella prima ancora) ottenendo scarsi risultati. Si chiede se il giornale sia troppo grosso o la borsa troppo piccola. Opta per la seconda ipotesi, ripromettendosi un giorno di comprarne una più grande, magari in pelle chiara.
Tenendo il giornale in mano, impregnandolo di sudore trasferito dalla pelle sudata e unticcia, raggiunge il luogo in cui lavora da quindici anni.
Una grande macchina adibita alla vendita degli elettrodomestici, nella quale Jack non è altro che un piccolo ingranaggio.
Entra dall’ingresso laterale riservato agli “addetti ai lavori”.
JACK 2
Il traffico lo innervosisce, poiché di solito è infastidito dalla stupidità umana. Pensa che più della metà della gente in coda ha preso l’auto per un tragitto che in bicicletta avrebbe richiesto non più di dieci minuti.
Pedalate lardoni sfaticati, o almeno camminate!
Jack si chiede perché diavolo si sia comprato un’auto così costosa per usarla tanto sporadicamente, soprattutto per partecipare ad incontri di famiglia. Andare all’inferno in limousine non è una gran consolazione.
Cammina con passo deciso trattenendo il fiato il più a lungo possibile per limitare la quantità di veleno nei polmoni. Pensa che per colpa di quei maledetti auto-dipendenti lui perde due minuti di vita per ogni boccata d’aria.
Raggiunge la solita edicoletta e compra il giornale. Nient’altro, solo il giornale, poiché il vecchio edicolante, che lavora là almeno dalla fondazione di Roma, non è ancora in grado di distinguere una rivista d’informatica da un fascicolo sulle porcellane cinesi della dinastia Ming.
Il giornale non entra in borsa (complici le cartacce inserite precedentemente) e Jack lo pressa con violenza fino a ridurlo ad un cartoccio. Chiude con uno scatto la 24ore rigonfia e prosegue con passi di piombo lungo la strada rovente.
Arriva davanti all’ingresso principale del negozio in cui lavora.
Il “Mostro” sembra così accogliente dall’esterno, con le sue porte trasparenti che si aprono magicamente per accogliere (ingoiare) l’ignaro cliente (vittima).
Jack invece entra dall’ingresso laterale, nascosto dietro un cassonetto per i rifiuti organici.
Chi lavora nell’intestino del Mostro non può permettersi di entrare dalla bocca.
INTERLUDIO PARTE SECONDA
Se questa fosse una giornata come tante non avrebbe il minimo senso perdere tempo dietro a Jack e la sua nemesi malvagia.
Infatti, nonostante le apparenze, questa non è la solita giornata di routine. Oggi le due vite vengono a contatto, le due sostanze separate dalla sottile membrana si mischiano in quello che potrebbe risultare, una miscela esplosiva. La sovrapposizione è lenta, ma non per questo indolore.
E’ un problema, un problema, molto grosso.
JACK 1 MEET JACK 2
Jack viene accolto dalla onnipresente puzza di fumo, dominatrice incontrastata nella sala di ricreazione per il personale.
Si dirige verso lo spogliatoio per recuperare la sua squallida divisa, verde, imposta dall’azienda. Posa la 24ore su una panca e si cambia, preparandosi mentalmente ad otto ore di lavoro.
Jack inspira disgustato l’odore di tabacco, odiando contemporaneamente i fumatori, i tabaccai e le multinazionali distributrici di sigarette.
Tira fuori dalla borsa alcuni fogli informativi riguardo i prodotti da vendere e li lascia sul tavolo prima di entrare nello spogliatoio.
Jack entra nel settore lavatrici ed inizia ad aggirarsi rilassato tra gli elettrodomestici. Il locale è già dignitosamente affollato, nonostante siano, solamente, le nove di mattina. Si domanda come può tutta quella gente avere tempo da perdere mentre mezzo mondo sta lavorando e l’altra metà sta’ cercando lavoro.
Sono parassiti, schifose sanguisughe che vivono succhiando il nostro sudore, gli risponde una voce che non riconosce come sua, ma che indubbiamente proviene dalla sua testa.
Si afferra la tempia tra indice e pollice e socchiude gli occhi un secondo. Quando li riapre è convinto di essersi immaginato tutto.
Per un attimo Jack ha avuto l’impressione che quel posto gli piaccia, che il Mostro in realtà sia accogliente.
Fortunatamente riesce a scacciare via il pensiero e torna a concentrarsi su quelle sanguisughe che sono i suoi clienti.
Pensa che guadagnarsi da vivere convincendo le sanguisughe in acquisti inutili sia un’opera di equilibrio soddisfacente.
Con occhio allenato si guarda intorno per scorgere una possibile preda da sacrificare in onore del Mostro. Trova una signora oltre la sessantina che cerca di decifrare, attraverso gli spessi occhiali, il prezzo di una lavatrice bianca.
Bene, pensa, di sicuro posso aiutare quella signora a fare un buon acquisto senza lascarle buttare inutilmente i soldi della misera pensione.
COSA? COSA HA APPENA PENSATO? Non vuole crederci, non può crederci. La frase giusta deve essere “approfittiamo di quella vecchia rimbambita per venderle qualcosa di costoso e totalmente inutile”; sì, questa va molto meglio, è più naturale, più “giusta”. Si è semplicemente svegliato male, niente di straordinario; con la mano aperta si tira uno schiaffo alla fronte e scrolla la testa. Ora è pronto ad entrare in azione, che il demone Mostro lo aiuti.
Jack si dirige verso la signora canuta sfoggiando il suo migliore “sorriso di tipo uno”, abbastanza cordiale da ispirare simpatia, ma non così marcato da farlo sembrare un idiota.
– Posso esserle d’aiuto in qualche modo? – chiede rispettando la procedura.
La donna sembra non averlo sentito, ma si volta comunque verso il ragazzo vestito di verde che ha scorto con la coda dell’occhio.
– Scusi ha detto qualcosa? -, sbiascica mostrando i pochi denti che il tempo non le ha ancora sottratto crudelmente.
Certo, ho chiesto, come preferisci essere derubata, stupida vecchia. Proprio io devo beccarmi la nonnina sorda?
Jack sopprime con violenza quel cane rabbioso che ringhia nella sua testa e si impegna a ripetere esattamente la stessa domanda.
Nota il suo tono di voce nervoso, ma decide di ignorarlo.
Ascolta la risposta della vecchia (no, non vecchia, anziana) che risponde, seguendo il rito, di star solo dando un’occhiata, ma la voce che gli parla è lontana, dimezzata. Per un attimo pensa che qualcuno stia ascoltando con lui, dentro di lui, usando le sue stesse orecchie e impedendogli una percezione uditiva ottimale.
Ha ragione, la falla nella membrana si allarga sempre di più e presto arriverà alla rottura completa.
JACK 1 AND JACK 2
Jack sente che qualcosa non va, gli pare di essere un recipiente troppo piccolo in procinto di traboccare. C’è qualcosa in lui (o qualcuno, per quanto possa sembrare assurdo) che è di troppo, un peso eccessivo da sostenere. Ma la sensazione peggiore è trasmessa dalla vitalità di questo intruso, dotato di una coscienza che non coincide con la sua.
Jack di colpo si ritrova come nel mezzo di una pesante sbronza. La testa è piena di piombo e le tempie sono pressate da una morsa ferrea. Cerca un appiglio per non cadere, ma la mano tremolante incontra solo aria.
Jack cade a terra con violenza.
Jack perde per un attimo la vista e sente aumentare il battito cardiaco. Una eco lontano gli sta parlando, la voce gli domanda qualcosa di tanto semplice, quanto incomprensibile.
In mezzo al mulinello di parole riesce a cogliere solo “bene”, ripetuta più volte.
Bene? Vuole sapere se sto bene?
No che non sto bene, dannazione. Sono caduto a terra e non riesco a muovermi. Ti sembra che possa andare in qualche modo bene?
Jack non sa se l’ha semplicemente pensato oppure detto ad alta voce, è solo certo di non essere stato lui a formulare quella frase.
Chiude gli occhi e inizia la caccia di quella presenza estranea, annusando nella sua mente come un segugio ben addestrato. Non trova nulla, o almeno così crede, considerato che, non sa nemmeno lui cosa stia cercando. Per un momento si vergogna di quel che sta facendo e si chiede se in realtà non stia percorrendo il breve viale che porta alla pazzia.
Jack sa che lui lo sta cercando. Qualcuno ha invocato il suo nome, e non si tratta della vecchia sorda (che tra l’altro si è allontanata in cerca di aiuto) bensì di una persona a lui così estranea e così vicina allo stesso tempo, un uomo con la sua stessa voce. Il nome di Jack viene chiamato con un volume in costante crescita, come se qualcuno girasse la manopola dello stereo, fino a costringerlo a premersi con forza le mani sulle orecchie. Non serve a niente, lo strazio prosegue aumentando di intensità, sembra che qualcuno voglia far esplodere le casse dello stereo.
A Jack non resta che gridare, per sfogo e dolore.
Jack sente un urlo disumano trapassargli il cranio e inizia a gridare anche lui.
INTERLUDIO PARTE TERZA
I due Jack sono a terra agonizzanti per il dolore inflittosi reciprocamente.
La sottile membrana è percorsa da una grande falla ed è ormai prossima alla rottura. I due liquidi, da sempre separati, hanno iniziato a mischiarsi.
Quelle che erano due entità distinte saranno costrette a fondersi o distruggersi a vicenda.
Nulla di cui spaventarsi, comunque, Jack non è il primo a vivere questa esperienza e non sarà nemmeno l’ultimo.
JACK 1 VS JACK 2
Di colpo il dolore cessa. Jack riprende a respirare normalmente e sente il cuore ritornare a battere un ritmo regolare.
Non capisce cosa gli sia successo, ma sembra passato.
Riapre gli occhi.
Finalmente l’ululato svanisce nel nulla e l’unico fastidio rimane la lingua che si è morso per errore durante quei pochi momenti in cui aveva temuto davvero di morire, o peggio, impazzire. Il sangue caldo gli impasta la bocca senza arrecare fastidio; quando è ubriaco, gli capita spesso di fare a botte e prendersele. Prende una boccata d’aria e apre gli occhi.
I due Jack si trovano faccia a faccia. Jack e Jack, uno di fronte all’altro, immobili. Non capiscono come hanno fatto ad alzarsi in piedi, ma indubbiamente è il problema di minor importanza.
Si fissano in silenzio per qualche istante, mentre osservano intorno a loro lo strano fenomeno in corso.
Immagini, oggetti, persone, tutti che scorrono in ogni direzione, si scontrano, si fondono insieme.
Un mosaico variopinto in movimento, confuso e inafferrabile.
Ricordi. Vita. Anima, che null’altro è che l’insieme dei nostri ricordi.
Mentre il flusso prosegue la sua corsa Jack decide che è opportuno intervenire.
– E tu chi diavolo sei? Cioè, sembri me, ma non è possibile che tu sia me, altrimenti chi sono io?
Jack non risponde e continua a osservare quell’uomo che tanto gli assomiglia in tutto e per tutto. Sembra di guardarsi attraverso un’acqua leggermente increspata dal lancio di un sasso
– Ehi bello sei sveglio? Dannazione, forse mi sto parlando da solo. Ne ho fatti di viaggi con la mente, ma questo è totalmente sballato.
– Questa non è una visione -, afferma impassibile Jack, come se si trattasse di una verità inconfutabile. Non capisce come, eppure sente di sapere cosa sta succedendo.
– Tu sei me, ed io sono te.
– No, sei una visione. Io ho una mia vita, io ho la mia poltrona e la mia tv, ho la mia casa e il mio schifosissimo lavoro.
Non ti ho mai visto, né sognato, quindi tu non esisti.
– Io potrei pensare, esattamente, la stessa cosa di te, eppure siamo qui entrambi nella stessa situazione.
Jack sorride con cattiveria, mentre muove qualche timido passo verso quello che ormai sente essere un suo avversario.
Non capisce molto di questa storia, se non la cristallina certezza con cui si accorge di dover lottare per sopravvivere. Si sente in pericolo, e tanto gli basta per metterlo sull’attenti e assumere un atteggiamento aggressivo.
Jack sa che deve sfidare l’uomo di fronte a sé. L’idea non gli piace per niente, non è mai stato buono a pugni. Sa di giocarsi la propria esistenza. Il suo mondo e quello della nemesi (poiché si sente in grado di definirla così), sono entrati in collisione.
I due concorrenti alla sfida per il montepremi finale: ci sarà un vincitore e un vinto, e al perdente non verrà regalata una scatola del gioco da un presentatore sorridente.
Al perdente spetta l’oblio.
– Io e te, dobbiamo sfidarci.
– Lo so, non c’è bisogno che me lo dica tu.
– Hai ragione. La situazione è palese nella sua assurdità.
Non per questo lascerò che il buonsenso venga calpestato.
– Come diavolo parli? Sapere di aver un alter ego come te mi riempie di disgusto, mi chiedo come mai in tutto questo tempo la sola tua lontana presenza non mi abbia fatto venire da vomitare.
– Tu pensi che io non possa essere malvagio? Credi che sia un “rammollito”?
– Certo che lo penso. Dimostrami il contrario.
Jack ha paura. Non vuole dimostrarlo, ma è spaventato a morte. L’unica volta in cui è stato così spaventato risale all’incidente avuto in macchina, quando le ruote slittarono sull’asfalto bagnato ed evitò per un soffi o di schiantarsi contro un palo della luce e finire stritolato nelle lamiere della costosa Marea.
Jack è stranamente calmo. Nella sua vita ha sempre mantenuto un profilo basso, cercando di passare inosservato in ogni occasione nella quale non era strettamente necessaria la sua presenza. Si è sempre tenuto lontano da situazioni pericolose o che avrebbero potuto portare a situazioni pericolose. Eppure non ha paura, vede chiaramente la sua vittoria.
– Allora, fatti avanti!
– Non ce n’è bisogno. Non mi serve lottare con te.
– Tu dici? Vediamo un po’ se ti sentirai così altezzoso dopo questo.
Jack lancia con violenza la mano chiusa a pugno contro il volto della nemesi. Jack aspetta senza muoversi. Le nocche della mano, preparate all’urto con la mandibola, scivolano nell’aria mancando il bersaglio. No, non l’ho mancato, pensa Jack, semplicemente non posso colpirlo.
– Ora hai capito perché non sento il bisogno di combattere con te? Ho capito, io ho capito. E tu hai perso.
Jack sente un bruciore improvviso sul volto, come se fosse stato colpito da un mattone. La mascella gli si spezza con un suono secco.
– Cosa diavolo succede? -, sbiascica con fatica.
– Tu hai colpito me, colpendo te stesso. Tu hai rifiutato la vita, hai rifiutato di donare e donarti un futuro. Io vado, torno a vivere -, Jack sente di aver fatto quel che ritiene “giusto”.
Jack osserva il corpo di Jack sparire come uno spettro che ritorna nell’aldilà. Purtroppo sa che il morto in questo caso è lui e, come gli è stato detto, ha perso. Qualcuno diceva “vivi e lascia vivere”. Jack spera che chiunque fosse sia morto tra atroci sofferenze.
Poi tocca a lui, e viene il buio.
In una stanza del pronto soccorso Jack apre gli occhi e sorride