Amore vero_Nisreen Naja, Tripoli(Libano)
_Racconto vincitore Premio Energheia Libano 2012.
Traduzione di Cristina Foti
Alcuni dicono che l’amore vero
non muore mai.
Altri dicono
che non esiste per niente.
Era lì distesa sul divano del salotto, addormentata. La mano poggiata sull’addome, le luci ancora accese, la tavola apparecchiata e le candele ormai liquefatte.
Era il loro secondo anniversario. Gli aveva cucinato i suoi piatti preferiti, sapeva esattamente a che ora sarebbe tornato dal lavoro. Tutto era pronto. Si era vestita, aveva impacchettato il regalo e aveva cominciato ad aspettare. L’annuncio da fare era di quelli importanti.
Poco prima di mezzanotte lui era arrivato. Aveva visto la moglie addormentata, un bacio sulla guancia e se l’era caricata in braccio per portarla a letto.
Dimentico dell’occasione speciale di oggi, stava facendo straordinari su straordinari per poter finalmente pagare il loro viaggio di nozze che all’epoca non si erano potuti permettere.
Erano già due anni che erano sposati, un amore appassionato scoppiato all’università, condividendo momenti belli, ma anche brutti. Di certo c’era che entrambi non potevano immaginare un futuro che non li vedesse insieme, ma avevano avuto tutti contro. Le loro diverse confessioni religiose ponevano un veto alla loro storia. Le famiglie l’avevano messa giù pesante. Dima aveva un credo diverso da quello di Rami.
E allora? Credevano nello stesso Dio, perché opporsi al loro amore? Rami e Dima non riuscivano a comprendere il perché della totale disapprovazione delle famiglie.
Ora, sei anni dopo, avevano compreso fino in fondo le differenze che li dividevano, e continuavano ad amarsi come prima.
Rami scaricò tutto il suo peso su una sedia e cominciò a mangiare il cibo freddo come un automa. Perso nei suoi pensieri, a volte si accigliava, poi scrollava la testa e sorrideva.
Immagini di Dima gli turbinavano davanti: la prima volta che l’aveva vista e i diversi momenti della progressiva conoscenza reciproca, la sua bellezza. Pensava di tutto, e l’amava.
Ancora ora, il semplice tenersi per mano gli causava emozione.
Ancora ora gli era sufficiente guardarla negli occhi per sentirsi perso. E i suoi baci così appassionati…
Cominciò ad immaginare come risarcire l’amata moglie per i vani sforzi di festeggiamento della sera prima. Come aveva potuto dimenticare il loro anniversario di matrimonio? Quello che era stato di sicuro il momento migliore della sua esistenza.
Il carico della vita quotidiana lo aveva sommerso, come aveva potuto dimenticare!
In collera con se stesso, poco a poco si calmò.
Dima era cresciuta in una famiglia più che agiata, accontentata in ogni suo desiderio, non aveva però esitato a scegliere un compagno come lui, dalle ridotte possibilità: una macchina usata, shopping col contagocce, niente gioielli. E allora? A lei non importava affatto. Non si poteva attaccare l’etichetta del prezzo anche all’amore.
Rami aveva capito ed apprezzato, ora era il suo turno. Si era alzato presto, deciso a fare qualcosa per rimediare al suo errore.
Mentre rimuginava sul da farsi, gli cadde lo sguardo su un quotidiano. Parlava dei conflitti interconfessionali in corso in una cittadina vicino alla loro. Violenti scontri armati hanno avuto luogo innescati da una serie di fattori. Ci mancava solo questo! La situazione non era già abbastanza orribile?
Rami appallottolò la pagina e la strinse nel pugno. Questa notizia era davvero l’ultima cosa che avrebbe voluto sentire.
La città in cui la coppia viveva aveva subìto per lungo tempo violenti sussulti a causa di dispute di natura politica.
Ora una fragile tregua regnava, ma nuovi disordini si potevano innescare in qualunque momento, specie mentre zone limitrofe erano in piena rivolta.
Mentre cercava di allontanare da lui i pensieri negativi, notò una scatoletta rossa sulla poltrona in fondo alla stanza.
Curioso, corse a prenderla, la scartò. Era il regalo di Dima per lui. La carta sul pavimento, sollevò il coperchio. Un paio di scarpette gialle da neonato, le più piccole che avesse mai visto in vita sua: Dima era in attesa! Era sopraffatto dalla felicità.
Lo desideravano da tempo. Volevano un fagottino di gioia, frutto della loro passione che desse nuovi significati alla loro vita. Ogni mese era stata una delusione, ma ora Dima era incinta.
Ad un tratto, la stanza non sembrò sufficiente a contenere l’emozione di Rami. Era la cosa più importante che gli fosse mai capitata. La felicità era quasi intollerabile. Avrebbe voluto saltare e urlare. Dirlo al mondo intero.
Avrebbe avuto un figlio da baciare e da guardar crescere.
Si gingillò con l’idea di passare del tempo con lui. Non c’è dubbio che se fosse stata femmina l’avrebbe viziata e che se fosse arrivato un maschio lo avrebbe accontentato in tutti suoi desideri.
Poi immaginò che Dima fosse ansiosa di dirglielo. Aveva tradito le aspettative di sua moglie. Un brivido gli percorse la schiena. Trascorse tutta la notte sdraiato, fissando il soffitto in preda a emozioni contrastanti.
Appena spuntò l’alba e il cielo diventò arancione si alzò.
In pochi minuti indossò la giacca e uscì.
Solo un paio di negozi erano aperti a quell’ora. Si diresse dal fioraio di zona e comprò le più belle orchidee in vendita, le sue preferite. Poi, col mazzo in mano, proseguì verso la sua auto.
La prossima tappa era il miglior bar della città. Lei diceva che fare colazione a letto era così romantico. Voleva offrirle una colazione principesca.
Mentre guidava, la radio annunciava che la situazione si era aggravata. Le dispute avevano raggiunto un punto di non ritorno e il caos aveva cominciato a propagarsi per tutte le strade della città. Rami ascoltò le notizie e spense l’autoradio.
Nulla doveva turbare il suo buonumore.
L’ultimo obiettivo era l’agenzia di viaggi. Immaginava che non ci fosse più alcun motivo per rinviare la loro vacanza e che quello sarebbe stato l’unico modo per farsi perdonare la sua dimenticanza.
Discusse con l’impiegato sulle possibili mete della luna di miele. Sfogliò una miriade di depliant e infine scelse una destinazione. Sua moglie aveva sempre desiderato andare su un isola tropicale. Domani ce l’avrebbe portata.
Sulla strada di ritorno, un sorriso dipinto sul volto, era soddisfatto di sé. Dima sarebbe stata contenta, ne era sicuro.
Nel frattempo, Dima si era svegliata. Le dita tese, in cerca del marito, avevano trovato il cuscino vuoto. Sul cuscino un foglietto: “Mi dispiace per ieri sera, piccola! Non ci metterò molto. Aspettami! Ti amo!”
Lei si raddrizzò e guardò il viso pallido allo specchio. Non si sentiva bene. Prese il telefono e senza pensarci compose il numero del marito. Sentì lo squillo della nota suoneria riecheggiare dall’altra stanza. Rami aveva dimenticato di nuovo il suo cellulare a casa!
Cominciò a respirare irregolarmente. Il cuore le batteva forte. Si rannicchiò, il corpo la stava avvertendo di qualcosa di negativo. Non riusciva a dare un senso a quello che stava accadendo ed al perché.
Ed ecco Rami, a pochi metri dalla sua auto, steso sul marciapiede. I fiori, il vassoio della colazione e i cibi sono lì per terra, i biglietti aerei sporgono dalla tasca posteriore dei pantaloni. Le sue braccia assomigliano a steli senza vita. Un rivolo di sangue sgocciola sul pavimento. Rami è stato colpito da una pallottola vagante.
Innocente passante ucciso da cecchini correligionari.
Le persone si erano radunate attorno a lui, ma Rami non poteva sentire. Era in un luogo lontano senza preoccupazioni, senza dolori, senza stanchezza, senza guerra.
Lo coprirono con un lenzuolo bianco. Dima si chinò e pose le orchidee sul suo corpo.
Attorno a sé, vedeva solo nero. Fu straziante. Si sentiva come se qualcuno allo stesso tempo la stesse squartando e bruciando viva.
La guerra civile non poteva ottenere niente di più atroce.
L’avevano privata dell’amore, dell’amicizia, di suo marito e del padre di suo figlio.