Cerimonia di consegna del Premio Energheia Africa Teller
Il Quotidiano – Domenica 23 marzo
La cerimonia si è svolta presso l’Università
Energheia, consegnati i premi ai vincitori
“Siamo tutti seduti sul greto del fiume per veder passare il cadavere dell’Africa”. È stata la provocazione di Jean Leonard Touadì, giornalista di origine congolese, durante la cerimonia di consegna del terzo premio Energheia Africa Teller che si è svolta venerdì sera presso l’aula magna del polo umanistico dell’università degli studi della Basilicata.
“Per gli europei” ha detto Touadì, “il continente africano continua ad essere un enigma. L’Africa fa fatica a dire semplicemente quello che è, quella che è stata la sua storia, la sua identità, l’articolazione della sua antichissima e radicata cultura. La sua è una tradizione violentata ma ancora viva”. È un’Africa alla ricerca della strada verso la modernità quella descritta dal giornalista: “La modernità è seducente” ha sottolineato “ma non abbiamo le chiavi per raggiungerla. In Africa c’è un’identità plurale: non esiste l’Africa ma le Afriche”.
“Se volete sapere quello che accade di un continente, di un popolo, leggete i suoi scrittori. Gli scrittori sono dei sismografi che registrano ogni movimento. Se gli scrittori dormono, sono imprigionati, subiscono l’esilio, non c’è niente da aspettarsi. Se vivono, se sono letti, allora sì che possiamo aspettarci l’alba di una nuova era”. Touadì ha ricordato che quelli africani sono popoli dell’oralità, popoli della parola perché le loro culture si sono espresse essenzialmente attraverso la tradizione orale. E non c’era solo la parola ma il corpo, la gestualità, il poter esprimere vitalità e condivisione: “E’ importante cogliere l’Africa attraverso la parola dei suoi figli. Abbiamo dovuto sospendere la trasmissione della nostra parola per il tempo degli altri e le parole degli altri. Alcune pagine di scrittori africani raccontano “l’arte di vincere senza avere ragione”. Bisogna rivendicare l’indipendenza, la libertà: tutto questo si può fare tramite la letteratura che si fa canto per trovare l’unico modo per resistere e mantenere un’identità vissuta come ricordo di un tema abbandonato, diventando luogo di resistenza per denunciare i nuovi padroni. La letteratura, quindi, diventa specchio di quello che sta accadendo all’interno delle società africane, con una globalizzazione che le vuole sottomesse mentre invece esprimono forme di resistenza”.
Presenti alla serata il professor Emanuele Giordano che ha portato i saluti dell’università degli studi della Basilicata, Gianmarco Elia dell’associazione Amani e padre Kizito.
Nella foto_Un momento della cerimonia relativa al Premio Energheia Africa Teller