Il futuro remoto è la condivisione di oggi_Giulia Cogoli
_Il futuro può essere lontanissimo o vicinissimo, è solo una questione di punti di vista, dipende da quali lenti la nostra mente utilizza per guardare avanti: il tempo, infatti, può essere molto dilatato o estremamente compatto. Personalmente penso da sempre che il futuro sia oggi, o meglio che oggi possiamo e dobbiamo fare ciò che è importante per domani. Secondo me, quindi, futuro remoto significa impegnarsi oggi per un domani possibile, sostenibile e possibilmente migliore del presente.
Recentemente Christine Lagarde, direttore del Fondo Monetario Internazionale, ha dichiarato che ci sono troppe differenze economiche nelle nostre società, che sono un ostacolo alla ripresa finanziaria del mondo: dobbiamo dunque abbatterle e imparare a vivere in una società più equa e condivisa. Il giorno successivo Giancarlo Maria Bregantini, arcivescovo di Campobasso, nel discorso della Via Crucis affidatogli dal Papa ha detto cose molto simili attaccando le eccessive differenze economiche della nostra società. C’è davvero nell›aria qualcosa di nuovo se il presidente del FMI e un vescovo in prima linea nel profondo Sud italiano fanno discorsi così coerenti e affini. Questa cosa così nuova in realtà è molto antica: si tratta della condivisione, e – ci ricordano gli antropologi – l’uomo è partito da lì nel suo saper vivere in comunità e a quello deve tendere per rendere il futuro possibile.
Come dice l’economista Serge Latouche “Anche ammettendo che sia possibile il progetto di colonizzare delle galassie e trasferire altrove il genere umano prima che la Terra diventi inabitabile, o che gli ingegnosi bricoleur dell’umano – già alacremente all’opera sugli innesti di macchine e sugli impianti genetici – trovino in tempo le protesi giuste per fabbricare l’umanoide di domani (cyborg o cyberantropo in grado di prosperare in un ambiente degradato), tutto ciò sarebbe forse ragionevole? Per costruire un futuro umano è necessario scongiurare la mancanza di limiti e ritrovare il senso della misura”.
Il senso della misura in un mondo condiviso, ecco cosa dovrebbe essere il nostro futuro remoto, ma anche immediato, perché credo che in questo momento di crisi economica e finanziaria che sembra non avere fine – ma specialmente non avere una via d’uscita con le logiche attuali e con la filosofia e i valori economici che l’hanno creato – bisogna avere il coraggio di cambiare completamente mentalità. Tutti ormai sembrano d’accordo che il punto di ripartenza sia condividere diritti e doveri di un mondo più povero, con meno risorse, più inquinamento, meno lavoro, ma che avrà un futuro solo se sapremo metterci assieme condividendo le risorse che abbiamo.
Economisti, sociologi, antropologi, filosofi, letterati, giuristi usano tutti le stesse espressioni: dobbiamo imparare a condividere, dobbiamo insegnarlo ai giovani, dobbiamo farlo come ultima risorsa possibile.
I beni comuni sono entità tangibili, ma anche immateriali, che possono definire il senso di appartenenza a un territorio o a una comunità, nell’ottica di una nuova forma di economia, di democrazia e di società. Il futuro remoto è la condivisione di oggi.