Un articolo diverso.
Anche in questa pagina racconterò qualche cosa che probabilmente non sai. Si può dire, rozzamente, che i testi improbabili sono più informativi. Oggi, però, scrivo cose poco rilevanti: cancella pure la pagina senza leggerla.
Però spiego perché continuo a scrivere anche quando non mi pubblicano. Alcuni giornali non pubblicano miei pezzi neanche quando tra questioni di tecnica, scienza o economia su cui ho indagato e ragionato trovando qualcosa di interessante e poco noto. Scrivo, dunque, per voi (siete circa 6.000 – oltre quelli a cui li inoltrate): mi avete indicato che i miei scritti non vi dispiacciono. Vi sono grato perché sto meglio quando riesco a comunicare con chi ascolta. Apprezzo anche il garbo con cui mi rispondete solo se, a vostra volta, avete qualche cosa da dirmi. Credo che il Paese starebbe meglio se si studiassero e si discutessero i temi che conoscete.
Oggi, invece, sono egoista. Scrivo e dissemino per scaricarmi. Di impegni ne ho presi parecchi, fra cui quello di espletare varie incombenze noiose. Poi imparo più cose (lo predico e lo faccio). Ripasso la statistica (per non sfigurare col mio figlio minore che prepara un esame). Vado a parlare con amici ancora più vecchi di me. Fra questi oggi ho visto Julian Zimet, scrittore di cinema hollywoodiano, che vive a Roma e mi ha insegnato parecchie cose negli ultimi decenni. Ha 95 anni – è costretto a letto, sordo e ipovedente. Lo visito spesso.
Oggi mi ha raccontato della sua amicizia con John Wayne. Julian aveva scritto i copioni di vari film di Wayne, fra cui Circus World e Big Jake. Dopo le riprese, la sera andavano a bere insieme. Wayne finiva un bottiglia di brandy ogni volta e fumava 6 pacchetti di sigarette al giorno. Però non era affatto un rozzo incolto e violento. Julian gli diede da leggere “Down and Out in Paris and London” di George Orwell – il saggio su poveri, diseredati, clochard nelle due capitali. Wayne lo lesse tutto e lo discusse in modo intelligente e acuto. Una sera parecchi avventori del bar chiesero un autografo all’attore. Julian gli domandò se non fosse annoiato dalla loro insistenza. Wayne rispose: “I love it.” – a chi vende entertainment, la popolarità non dispiace affatto.
Poi il mio amico si è distratto e mi ha scambiato per qualcun altro. Mi ha chiesto se mi ricordavo di Yael, che era stata fidanzata di un regista americano. Non sapevo chi fosse e mi ha raccontato di questa persona interessante. È stata corrispondente di guerra e deputata al Parlamento israeliano. È figlia del famoso generale Dayan, che comandava l’esercito israeliano nella Guerra dei Sei Giorni e in quella del Kippur.
I contenuti di queste mie chiacchiere di oggi sono di scarso interesse quasi per chiunque. Chiedo scusa. Però, come accennavo, raccontare mi ha fatto bene. Fare qualcosa di neutro (e di non spregevole) è una cura. Si chiama “terapia occupazionale” (ne parlo nel mio ultimo libro su come non invecchiare). Riflettici: scrivere non è faticoso. È meglio che annoiarsi. Fa bene – e se nessuno ti legge, non è grave.