Cronistoria

Lo scrittore svedese Ulf Peter Hallberg a Matera_Giovedì 3 settembre 2015.

Sarà lo scrittore svedese Ulf Peter Hallberg ad aprire – Giovedì 3 settembre Palazzo Lanfranchi- gli incontri della XXI edizione del Premio Energheia 2015.

half3 half1 half2Ulf Peter Hallberg, nato a Malmö e residente a Berlino dal 1983, è uno degli scrittori svedesi dalla prospettiva più europea e cosmopolita. Autore per il teatro e il cinema, si è affermato con un originale tipo di narrazione tra romanzo e saggio. Lo sguardo del flâneur(1996) racconta la storia della seconda parte del Novecento attraverso ricordi personali e artistici. Grand Tour (2005), acclamato dalla critica e vincitore del prestigioso premio letterario “Samfundet De Nios Vinterpris”, è la storia di un odierno viaggio europeo di formazione. Nel Calcio rubato (2006) è l’Italia degli ultimi due decenni a essere osservata con arguzia e passione.

 

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Astro nascente della letteratura svedese contemporanea, Ulf Peter Hallberg è famoso per un genere impuro in cui biografia, autobiografia, racconto di invenzione, racconto di viaggio e saggio critico si frammischiano e si sovrappongono, costruendo un cocktail che spesso lascia anche ubriachi, ma mai indifferenti.

In questo libro “Trash europeo”_2013, il punto di partenza dal quale e attraverso il quale il filo si dipana è Ulf Hallberg: il suo quasi omonimo padre. “Io sono alla fine di una storia e allungo le braccia verso un padre scomparso”, scrive con toni lirici quasi in conclusione. “Vorrei ogni giorno potergli prendere la mano, sentire il tono della sua voce, incontrare il suo sguardo. Quando una vita si ferma e un padre appartiene unicamente al passato, i significati sono proiettati in avanti come i bagagli sulle cappelliere di un treno che si scontra frontalmente con un altro”. Il padre che da piccolo gli tagliava le unghie “preciso e cauto, come se fossero gemme da sfaccettare” e gli allacciava le scarpe, e più grande gli “trasferiva metà della sua pensione minima a Berlino perché suo figlio potesse sopravvivere nei primi anni difficili”; “spediva all’estero ogni settimana buste con ritagli di giornale, perché suo figlio non perdesse il contatto con la patria”.

E’ vero: il padre era anche un tipo “che aspettava suo figlio all’una e mezza di notte con il caffé appena fatto e sedici scones nel forno, per discutere della condizione dell’esistere, quando il figlio, il giorno dopo, doveva andare al lavoro alle otto”. Non lavorava come tutti gli altri e nella Svezia del boom economico del secondo dopoguerra non aveva accumulato un solo giorno di contributi per la pensione. Invece passava la vita a collezionare quel che ogni osservatore utilitarista, figlio compreso, definiva trash. Ciarpame e cartacce: pensieri e aforismi nei taccuini, ritagli di giornale, litografie, quadri, oggetti che intasavano il piccolo appartamento di famiglia. Il monumentale bric-à-brac diventa un filo conduttore di istantanee, rimandi intertestuali, frammenti narrativi, appassionate letture critiche di opere letterarie, pittoriche e cinematografiche. Il figlio scrittore vede senza sconti i limiti dell’ingenuità paterna. Ma è questa ingenuità che ha trasmesso alla famiglia la curiosità, l’amore per la bellezza, lo stimolo a viaggiare e a scoprire, la capacità di gioire delle cose buone della vita, lo sguardo aperto. Insomma, il coraggio di essere liberi. “Ci ha elevato alla ricchezza del mondo”, conclude Ulf Peter. “Come Strindberg, ha cercato di fabbricare l’oro. E sono ormai convinto che ci sia riuscito”.