I racconti "brevissimi di Energheia"

I brevissimi 2015 – Idi di Marzo di Elisa Chiocchetti, Asigliano(VC)

_Anno 2015 (I sette peccati capitali – L’Ira)

 

thumbnail15 Marzo, sei di sera. La piccola chiesetta di campagna, anonima, si tinge di un rosso sangue sull’alto della facciata, per un sole appena rinvigorito che sta tramontando.

Achille, un ragazzo allampanato dal viso scarno, arranca sul sagrato della chiesa: una salita di pietruzze bianche e nere che disegnano fiori incastrati fra loro. Sbuffa e sospira, sembra un toro con gli occhi spalancati sul testone scavato. Le labbra si muovono imbizzarrite, sussurrando parole.

«Quinto. Non uccidere. Quinto. Non uccidere… io non più… morto e risorto… io sono Dio»

Giunge alla porta della Chiesa. Si infila una mano nella tasca e stringe qualcosa. Si guarda per un istante intorno, guardingo come un cane randagio. Ma tutti sono nelle case, seduti a tavola. Anche sua madre dovrebbe essere a casa, che lo aspetta, con la minestra a bollire in pentola. Di lei Achille ricorda le grandi mani dolci, che stringono il libro delle preghiere alla mattina, e il rosario rosso profumato di rose. Ricorda le carezze, quando a dieci anni tornò con un occhio gonfio perché Pierino l’aveva colpito.

«I grandi se la prendono con i più deboli, bambino mio. Le persone fanno cose cattive. Ma non giudicarle, bambino mio. Dio insegna i perdoni. Perdona i malvagi, piccolo mio. Non sei tu il giudice, ma Dio li punirà al giudizio. Tu perdona. Dillo con me, Padre nostro, che sei nei cieli…»

Achille spinge e apre la pesante porta di legno della chiesa. Attraversa lentamente l’unica navata, al centro di due file di banchi di legno, volti verso il piccolo altare di marmo. Una mano nella tasca, lo sguardo fisso verso la porticina a lato dell’altare, dove c’è la sacrestia. Non alza lo sguardo sul crocifisso. Non ne ha bisogno.

«Perdono. Perdono. Per me nessun perdono. Dieci anni. Nulla è cambiato. Sono morto e son risorto. Per me non ci sarà alcun giudizio. Già son morto e son ritornato. Nessun peccato sarà il mio, ma un’equa punizione, poiché io son tornato dall’alto dei cieli. Cristo è mio fratello, no, mio figlio. Io sono Dio. A me spetta il giudizio».

Mentre sale sull’altare e si dirige verso la Sagrestia, chiama una voce: «C’è qualcuno?»

Achille la conosce bene. È la voce del prete della città, Don Paolo.

Un ricordo passa nella sua mente, veloce come il moto dell’ala di un uccello. Una serie di episodi che erano confluiti nell’unica immagine di un Achille bambino, dopo il catechismo, prima della messa, sull’altare vestito da chierichetto, e quella mano di Don Paolo che scattava come un serpente tra le gambe di Achille, che gli tappava la bocca, che gli ricordava il perdono, che arrivava per sua intercessione per lui e per la sua povera madre vedova.

«La fede in Dio è il perdono per il peccato. Abbi fede in me perché io son la Sua voce. Non dire a nessuno di questo. Nessuno deve sapere poiché il mio dono della salvezza lo concedo a te, alla tua mamma e alla felice memoria del tuo papà. Non dirlo alle altre persone che sono invidiose»

Achille apre la porta della sagrestia e il faccione di Don Paolo si sovrappone a quello del suo ricordo. Don Paolo, grasso come un mulo, lo riconosce e gli sorride.

Un’altra serie di ricordi. Achille che si chiude nella sua camera, che non ha amici, che non va all’università e nemmeno a lavoro, che schiva ogni contatto umano, che odia e disprezza tutta la razza umana, quella che cade a pezzi come brandelli di carne, che torna polvere, la razza debole.

La furia che per dieci anni aveva covato dentro di sé prende il sopravvento. Don Paolo arretra spaventato, vedendo gli occhi spalancati di Achille. Achille sfila la mano dalla tasca che brandisce un grande coltello da cucina.

Un ultimo ricordo. La sua piccola Bibbia adagiata sul comodino, aperta su un passo, le cui parole urla mentre affonda sette colpi nel corpo del prete:

«Ora, fra breve, rovescerò il mio furore su di te e su di te darò sfogo alla mia ira. Ti giudicherò secondo le tue opere e ti domanderò conto di tutte le tue nefandezze: saprete allora che sono io, il Signore, colui che colpisce».