Sic transit latex mundi
La sfilata del sado-sarto slovacco John Cuchka alla quale abbiamo assistito ieri sera, ha destato qualche imbarazzo tra i compassati spettatori: Cuchka ha sfilato da defunto in una cassa da morto. Lo stilista indossava un raffinato abito in latex con cravatta rosso sangue. Ciò che ha sconcertato gli addetti ai lavori era l’eccentrica terza asola della giacca, il cui bottone penzolava come un impiccato. Quale mistero si nasconde dietro quel bottone? Può un perfezionista come Cuchka, proprio nella sua sfilata finale, aver dimenticato di accomodare quel bottone? No di certo. Celebrato come il più grande sado-sarto funerario al di qua dell’Acheronte, le sue esclusive creazioni hanno accompagnato nell’ultimo viaggio insospettabili personalità del secolo da Kennedy a Sartre, da Thomas Mann a Sergio Bruni. Dopo aver fatto fortuna con la haute couture, ha creato una linea pret-a-porter adatta al giovane spigliato ed emancipato ansioso di tirare le cuoia in maniera originale e anticonformista. Ma è proprio nel periodo di maggior splendore che Cuchka rese noto il suo profondo malessere: “Troppe calorie!” pontificava col suo frustino tra Via Veneto e gli Champs Elysée, “come faccio a d abbozzare delle belle fogge se il più delicato dei miei clienti pesa 95 Kg.?” Feroce nemico delle diete zeppe di colesterolo, che pure tanti clienti gli procuravano, aveva più volte minacciato di ritirarsi in Biafra dove, sono sue parole, la linea ha ancora un significato. Poi la svolta: come narrano le cronache, dopo una robusta dieta dimagrante, Cuchka ha deciso di suicidarsi. Elegante e ben fasciato nel suo abito in latex, ha sfilato in una ponderosa cassa borchiata, dandoci una lezione di delicato bondage . Resta il mistero del bottone traballante. Cazzullo indaga.