L'angolo dello scrittore

Anacronico, metacronico e altri aggettivi.

– di Roberto Vacca

MadagascarL’inchiostro nel calamaio è finito. Il saggista guarda la penna. Il pennino è asciutto. Si decide: mette sul tavolo la macchina da scrivere. Inserisce un foglio bianco e batte rumorosamente i tasti. Un’ora dopo, guarda le due pagine: belle, ordinate, ben leggibili. Per oggi basta. Accende un sigaro. Più tardi mette il cappello, esce e prende una carrozza all’angolo della strada per andare al teatro. Se questi eventi accadessero oggi, come chiameremmo quel personaggio?
Anacronistico. L’aggettivo – antiquato, arretrato, fuori tempo, desueto, sorpassato – si applica a persone che vivono nel passato. Usano oggetti primitivi. Non hanno imparato a sfruttare macchine e sistemi moderni. Ignorano nozioni, scoperte invenzioni ormai diffuse da anni o da decenni. Non seguono le nuove mode nel vestire o consuetudini recenti negli atteggiamenti. Sono vittime della disoccupazione tecnologica. È come se il tempo per loro si fosse fermato.
Gli atteggiamenti anacronistici sono frequenti. Spesso cerchiamo di spiegare le cose umane ricorrendo ad analogie con teorie logico-sperimentali che analizzano meccanismi del mondo naturale. Così per chiarire come mai resistiamo al cambiamento (siamo anacronistici) parliamo di inerzia. È ragionevole ma vago: le spiegazioni scientifiche sono ben più precise e permettono di fare previsioni quantitative accurate, che non riusciamo a fare quando ci occupiamo di comportamenti umani. I fisici parlano del tempo in modo migliore di quanto siano mai riusciti a fare i filosofi.
Il filosofo e psicologo americano Victor Gioscia scrisse 50 anni fa sul “tempo sociale”. Partì dal concetto di anacronismo e tentò una classificazione generale degli atteggiamenti umani verso il tempo. Considerò il contrario dell’anacronismo, che chiamò “metacronismo” – la tendenza a proiettarsi in avanti nel tempo. Nel linguaggio comune si parla di persone precoci. Sono avanti negli studi. Si diplomano giovanissimi. Anticipano le novità e sono pronti a reagire. In inglese vengono spesso chiamati “trend setter”, cioè quelli che creano tendenze nuove in ogni campo: scienza, tecnologia, informatica, moda, gusti, industria, servizi. Molti di loro diventano famosi. Non sembra che ci siano ricette semplici per emularli.
La tassonomia di Gioscia sul rapporto che abbiamo col tempo, continua. Gli ipercronici, come gli altri tipi umani, non sono definiti formalmente, ma solo con esempi. Sono quelli che non mostrano impazienza, che si aspettano i cambiamenti, li interpretano subito e li accolgono con favore ed equanimità. Cercano di dominarli e spesso ci riescono. Al contrario gli ipocronici portano sempre ritardo, non apprezzano i cambiamenti, li ignorano. Sono passivi e annoiati.
Infine gli epicronici sono entusiastici: pur non avendo un buon rapporto con la realtà. Alcuni di loro vorrebbero dominarla, ad esempio imponendo una loro legge marziale. Altri la immaginano, coltivano le loro illusioni personali, diventano mistici.
Diametralmente opposti sono i catacronici. Temono e odiano i cambiamenti. Ne hanno paura. Cercano di non esserne toccati. Fuggono e si rifugiano nel rifiuto di tutto, nell’ebbrezza, nei narcotici. In casi estremi si suicidano.
Queste classifiche non hanno gran che di scientifico, né appaiono dettate dal comune buon senso. La differenza fra ipercronici e metacronici sembra scarsa. Fra loro dovremmo trovare i normali – quelli intorno ai quali fluisce la realtà contemporanea variopinta ed amica, senza destare in loro angoscia, né preoccupazione. Alcuni di noi cercano proprio di essere così.
Gioscia e tanti – troppi – psicologi o filosofi, dissentono radicalmente. Citano Marx, Freud, Marcuse, Heidegger, gli esistenzialisti. Considerano che il tempo lineare o sequenziale sia un nemico. Le ferite che ci infligge sono: alienazione, angoscia, repressione, anomia, patos. Con questi loro insegnamenti e discorsi danno poche speranze.
Questi filoni di pensiero sono negativi e credo distraggano dai rischi e dai problemi veri che ci attorniano. Ignorare la fisica e le scienze naturali o interpretarle in modi immaginosi ed errati serve solo a confondere le idee e a distaccare ulteriormente dalla realtà. Gioscia, ad esempio, considerava il tempo lineare come un asse orizzontale che si estende all’infinito nei due sensi. Si chiedeva, poi, se esista un tempo verticale che non ha rapporti col primo e che potrebbe essere sperimentato da chi percepisce segnali psichedelici sotto l’influenza di LSD.
La percezione del tempo che passa pare sia molto disturbata nelle persone che sono sotto l’effetto di droghe. Sperimentare su se stessi è pericoloso. Meglio provare a utilizzare il tempo che abbiamo a disposizione in modi tradizionali e costruttivi.