Human di Yann Arthus-Bertrand
_Un documentario-introspezione sulla comunità di oggi ma soprattutto sull’individuo. Attraverso guerre, disuguaglianze, discriminazioni, ci poniamo di fronte alla realtà e alla diversità della nostra condizione umana. Oltre questo lato oscuro, le testimonianze mostrano l’empatia e la solidarietà che siamo in grado di offrire. Tutte queste contraddizioni sono nostre e ci portano a riflettere sul futuro che vogliamo dare a tutte le persone e del pianeta.
Human è un dittico di storie e di immagini del mondo, per immergerci nella profondità del genere umano. Attraverso testimonianze piene d’amore, di felicità ma anche di odio e violenza, Human ci permette di confrontarci con l’altro e riflettere sulla nostra vita. Monologhi struggenti e di rara sincerità si alternano a immagini aeree inedite, accompagnate da musiche particolarmente coinvolgenti.
Presentato fuori concorso a Venezia 72 – nel 2015 – e proiettato all’Onu per il suo 70º anniversario,Human è il nuovo film del fotografo e regista francese Yann Arthus-Bertrand, già autore di Home, pellicola sull’ambiente, e della mostra 7 miliardi di Altri sull’umanità attuale. Arthus-Bertrand si occupa da anni della sensibilizzazione su questi temi con la sua Goodplanet, fondazione no profit produttrice del film. Qui, ha scelto di fondere natura e umanità in un unico viaggio, durato tre anni attraverso 60 paesi, in cui incontrare uomini, donne e bambini che normalmente non hanno voce e interrogarli sui grandi temi dell’esistenza e i mali del mondo, a partire dalle proprie, spesso durissime, esperienze di vita.
Da un lato, violenza, guerra, immigrazione, omofobia, sfruttamento, tossicodipendenza, fame, povertà, morte. Dall’altro, felicità, amore, famiglia, senso della vita. C’è chi vive o ha vissuto sulla propria pelle i grandi conflitti del nostro tempo – dalla II Guerra Mondiale al genocidio in Ruanda, dal conflitto israelo-palestinese alle guerre nel mondo arabo: Afghanistan, Iraq, Siria. C’è chi sperimenta in altro modo le contraddizioni che lacerano il mondo moderno. Così, emerge ciò che accomuna tutti, a qualsiasi latitudine, dall’aborigeno australiano al soldato americano, dal contadino delle Ande al bambino africano o brasiliano: gli stessi bisogni materiali (cibo, lavoro, casa, salute), le stesse necessità esistenziali più profonde: affetti, dignità, libertà, una vita serena. Ma emergono anche e soprattutto disparità e disuguaglianze, assieme alle responsabilità dell’Occidente, nonché della politica mondiale, nel determinarle e/o non sanarle. Ciascuno è chiamato a riflettere sul proprio modo di vita e sulla necessità di rimettere al centro l’uomo e i valori fondamentali dell’esistenza, come invita a fare l’unico personaggio noto tra gli intervistati: l’ex presidente uruguaiano Mujica.
Ancor più delle parole, però, vera forza del film sono le immagini che fanno da contrappunto alle storie, specie le splendide riprese aeree, in cui la bellezza dei paesaggi naturali mitiga la durezza della condizione umana. Immagini dal fortissimo senso artistico – a tratti sembra di avere di fronte i capolavori di Turner, o di qualche maestro dell’astrattismo. Per il regista la natura è dono da preservare ed il legame uomo-natura è forte, anche laddove il loro rapporto sembra difficile. Non mancano anche qui sequenze dure, che illustrano solitudine, fatica, miseria, ma accanto alla riflessione c’è la meraviglia per la loro bellezza. Dominano spazi immensi di cui l’uomo è parte (infinitesimale), che portano a vedere l’esistenza in una prospettiva più ampia e meno egoistica.