L'angolo dello scrittore

L’avvenire

di Roberto Vacca 

Dieci anni fa un sondaggio autorevole indicò che un terzo degli inglesi e degli americani credono che sia il sole a girare attorno alla terra e un altro terzo pensa che la terra giri attorno al sole ogni 24 ore.
La regolarità del moto della terra attorno al sole ci riguarda poco. Infatti sono pochi quelli che si occupano ancora di agricoltura e dalle intemperie siamo ben difesi. Eppure sono questi scatti di anno, secolo, millennio che ci fanno riflettere sull’avvenire. Invece dovremmo pensarci più spesso, ma non siamo tanto bravi a farlo. Ce ne accorgiamo bene, se ci guardiamo attorno:
“Videbis, filii mi, quam parva sapientia regatur mundus” (“Vedrai, figlio mio, con quanto piccola sapienza sia governato il mondo”) come disse al figlio lo statista svedese Axel Gustavsson Oxenstierna poco prima del Congresso di Muenster.
A parte le battutacce su chi fa non sa e chi sa non fa, in buona misura non sappiamo prevedere nè progettare l’avvenire perchè siamo troppo modesti. Non ci proviamo. Ci spaventiamo della difficoltà e della responsabilità. Sbagliato.
Credo fosse Sherlock Holmes a dire “Quello che un uomo ha inventato, un altro uomo può scoprire”. E’ vero: se un essere umano ci si mette, in condizioni favorevoli, riesce a scoprire anche cose che non ha inventato nessuno e che funzionano da millenni, da ere, da eoni. Eppure esitiamo. Consideriamo la nostra ignoranza e la nostra inesperienza e temiamo di rischiare. Abbiamo ragione di temerlo – fin quando non ci impegniamo a capire di più ad addestrarci in compiti stimolanti.
Ma non siamo soli a imparare lentamente e magari a rifiutare anche gli strumenti nuovi. Anche molte persone influenti ed ascoltate peccano in questo modo. Tempo fa un italiano che ha avuto incarichi importanti dichiarò candidamente: “Non userò mai un computer. Preferisco la mia stilografica col pennino d’oro”.
Allora siamo forzati a temere (essendone quasi sicuri) che la gente si adatterà lentamente e in modi goffi e superficiali a vivere i cambiamenti inventati da pochi: la scienza, le tecniche, l’informatica, le comunicazioni, e il così detto E-tutto (E-mail, E-commerce, E-marketing, telelavoro, etc.) Per merito di strumenti e di sistemi nuovi, efficacissimi staremo un po’ meglio – in attesa che alcuni sprovveduti distruggano con entusiasmo le case, le strade, le macchine e l’ambiente (magari con ottime intenzioni di aumentare la sicurezza oltre ogni limite).
Intanto continueremo a soffrire per i residui di burocrazia, formalismo e pensiero antico che altri (e qualche volta anche noi stessi) continuano a conservare scioccamente. Sentiremo offerte continue di prendere sul serio conflitti insussistenti – fra razze, nazioni, corporazioni, sciocche scuole di pensiero, religioni. Soffriremo le conseguenze di miopi avidità (di denaro, di potere, di primato) coltivate da persone che non hanno mai sentito nominare la teoria della cooperazione (è una teoria matematica con basi razionali robuste – e non ha nemmeno bisogno dell’ipotesi dell’amor fraterno).
Se non ci piace questa prospettiva, dovremmo scegliere l’alternativa ovvia che predico da anni: “Se impari almeno una cosa nuova ogni giorno, ti cambia la vita. Se lo facciamo tutti, cambiamo il mondo.”
E allora, non ci limitiamo a usare un computer personale per scrivere lettere. Impariamo a sfruttarne almeno la metà del potenziale: impariamo a ordinare, calcolare, programmare, disegnare. Impariamo a cercare su Internet le infinite cose che ci si trovano di economia, politica, storia, letteratura, arte, fisica, chimica, tecnologia, logica. Cerchiamo di capire quanto è grande e interessante il mondo e quante cose intricate s stimolanti altri hanno capito su di esso. Arriviamo a intravedere quali cose nessuno abbia ancora capito e, forse, arriveremo a capirne qualcuna nuova per primi. Certo: pensiamo anche ai soldi, ma non solo a quelli che ci riguardano direttamente. Possedere oggetti è utile, ma possederne troppi è una seccatura continua. (Epitteto, il filosofo schiavo scrisse “Lo schiavo che porta in spalla il pane per la squadra che va al lavoro, non riuscirà a mangiarne molto più degli altri”.) Dunque pensiamo ai soldi come un oggetto interessante di analisi, studio, ragionamento – non come chiavi per aprirci paradisi in proprietà esclusiva.
Mettiamo in discussione gli argomenti, le certezze e i fatti che ci vengono presentati: molto spesso sono insussistenti. Rifiutiamo di stare a sentire discorsi fatti mille volte e asteniamoci anche noi dal ripeterli.
Soprattutto immaginiamo cose nuove. Non è solo divertente: è anche il modo in cui possiamo far decollare un business nuovo, in cui possiamo diventare più interessanti per gli altri (alla fine anche sessualmente, perchè no?), in cui possiamo far stare bene persone vicine e lontane, in cui possiamo farci nuove amicizie. Per provarci abbiamo bisogno solo di slancio e di energia, non di permessi, di benedizioni, di titoli di studio. Questi ultimi non guastano, se dati da scuole avanzate e di alta qualità (chi si occupa di fondarne molte creando posti di lavoro ad alto livello?)
Non ascoltiamo i donabbondieschi “il coraggio, chi non ce l’ha, non se lo può dare”. Non è vero. Se sei abbastanza scontento e contrariato dagli esempi bestiali di egoismo, ignoranza e incapacità previsionale (che non mancano attorno a te) dovrebbe bastarti la motivazione a non perdere tempo, a non danneggiarti fisicamente (mangiando troppo, fumando, non esercitando muscoli e polmoni), a studiare economia, fisica, matematica, lingue e anche ragioneria e amministrazione (se no: ne saprai tanta, ma troverai chi ti frega con i numeri).
Queste parole somigliano un po’ alle Prediche Inutili di Luigi Einaudi (il miglior Presidente che abbia avuto l’Italia). Sono altrettanto amare – e meno equanimi. Se tu che mi leggi, le consideri inutili, aspettiamoci di avere in avvenire cose simili a quelle passate. Se pensiamo che sia fattibile cambiare noi stessi per cambiare il mondo, mettiamoci sotto.