Le parole dei giurati

Matera crocevia di percorsi culturali

 – di Sara Benedetti
Giuria XXII edizione Premio Energheia 2016

Ai finalisti della XXII edizione del Premio Energheia, che ho incontrato prima della cerimonia di premiazione, ho letto un passo di Lettere a un giovane poeta, scritte da Rainer Maria Rilke. Le indirizzava a un poeta ai suoi primi passi, su gambe metaforicamente malferme, che si rivolgeva a lui in cerca di consigli e presumibilmente di incoraggiamenti.

All’interno di una lettera più lunga e preziosa nel suo insieme, Rilke scrisse questo: “Lei domanda se i suoi versi siano buoni. Lo domanda a me. Prima lo ha domandato ad altri. Li invia alle riviste. Li confronta con altre poesie, e si allarma se certe redazioni rifiutano le sue prove. Ora, poiché mi ha autorizzato a consigliarla, le chiedo di rinunciare a tutto questo. Lei guarda all’esterno, ed è appunto questo che ora non dovrebbe fare. Nessuno può darle consiglio o aiuto, nessuno. Non v’è che un mezzo. Guardi dentro di sé.

Si interroghi sul motivo che le intima di scrivere; verifichi se esso protenda le radici nel punto più profondo del suo cuore; confessi a se stesso: morirebbe, se le fosse negato di scrivere? Questo soprattutto: si domandi, nell’ora più quieta della sua notte: devo scrivere?

Frughi dentro di sé alla ricerca di una profonda risposta. E se sarà di assenso, se lei potrà affrontare con un forte e semplice «io devo» questa grave domanda, allora costruisca la sua vita secondo questa necessità. La sua vita, fin dentro la sua ora più indifferente e misera, deve farsi insegna e testimone di questa urgenza. Allora si avvicini alla natura. Allora cerchi, come un primo uomo, di dire ciò che vede e vive e ama e perde”.

Probabilmente non è quello che ci si aspetta di sentire da una giurata in un premio letterario ma è quello che volevo portare all’attenzione delle persone i cui racconti avevo letto nei giorni precedenti, nei cui immaginari ero entrata con discrezione e curiosità. Era questo quello che volevo dire loro e la mia partecipazione al Premio me lo ha confermato.

In una competizione si premia il racconto che si ritiene migliore e nel formulare questa decisione concorrono tanti fattori: la forma, il contenuto, la coerenza, la voce e il gusto personale di chi legge.

A volte il fatto di trovare un pezzo di mondo che ci è caro o un’ossessione che inconsapevolmente l’autore condivide con noi e il cui percorso ha intercettato il nostro o l’ha anticipato.

Ma la bellezza del lavoro di un giurato è la lettura delle opere tutte, è quel camminare in punta di piedi su strade anche lontane dalla propria. Ascoltare voci più giovani o più mature. Interrogarsi se l’autore sia un uomo o una donna e provare gratitudine nel non riuscire a capirlo perché ci si accorge che è l’essere umano al centro, senza coordinate anagrafiche di nessun tipo.

Il Premio Energheia che nasce, e ogni anno torna a vivere, nella cornice di una città unica come Matera ha confermato una mia convinzione, come scrivevo qualche riga fa.

Nessun autore dovrebbe essere incoraggiato o scoraggiato dal riconoscimento o dal mancato riconoscimento che proviene da una giuria, da un editore, da un altro da sé. L’unico vero giudice del proprio scrivere dovendo essere l’urgenza che si sente nel farlo. Il respiro che la nostra vita prende quando tutto si sospende e si trova il tempo di dedicarsi a un’idea, farla crescere, modificarla, scriverla e vedere che forma assume, come cambia ancora, dove ci porta.

Che senso ha allora un premio letterario, perché parteciparvi, perché riunirsi in un luogo. A mio avviso non è per l’epilogo, per quello che si ritiene l’obiettivo, l’esito. È in realtà per immergersi nell’origine della scrittura. Per trovare un respiro più ampio, per dedicare uno spazio fisico e un tempo reale a incontrare altre persone che sentono la nostra urgenza, per rafforzarsi in questo spazio magico e neutro, distante dagli spazi quotidiani logorati da un eccesso di comunicazione e da una scarsezza di profondità.

E in questo Matera, le tante suggestioni che ha creato e che crea, i continui rimandi tra realtà e arte che torna al reale e da lì riprende l’avvio in un flusso difficilmente afferrabile, è il posto giusto per un incontro come questo.

Qui confluiscono autori nazionali e internazionali, la città diventa crocevia di percorsi iniziati altrove e che finiranno altrove, coordinata di cammini che proprio da qui si avviano. L’ospitalità, il calore, la disinvoltura con cui mi sono state aperte le porte di case dicono di questo luogo. Parlano dell’essere umano la cui felicità, non importa se a volte sembra averlo dimenticato, si fonda sulla condivisione, sull’apertura, sulla conoscenza dell’altro.

Matera con il suo canyon, le dolomiti lucane, il parco del Pollino e la Murgia a un passo è il posto giusto per “avvicinarsi alla natura” e da lì ripartire dopo aver sondato il proprio animo, come scriveva Rilke. E lo è con i suoi Sassi, le sue camere come rifugi in cui raccogliersi e cercare “come primo uomo” di raccontare ciò che si vede, si ama e si perde.

Come accade con certe narrazioni magistrali o con certi amori, alla fine dell’evento si lascia a malincuore questo luogo, serbando nel cuore la certezza che è importante ci sia il Premio Energheia e sia proprio qui.

 

 

Giuria ventiduesima edizione Premio Energheia