I brevissimi 2017 – Una macchia rossa di Maribella Piana_San Giovanni la Punta(CT)
anno 2017 (I colori dell’iride – rosso)
Quella massa ribollente di liquido rosso scoppiava in mute bolle dispettose spruzzando faville incandescenti e gorgogliando con un grugnito. Intorno all’altare deposto al centro del cortile su un cerchio di pietre nere si affaccendavano officianti scuri e sudati aggiungendo legna per ravvivare il fuoco e rimestando il magma con lunghi cucchiai. La quarara grande era stata preparata la sera prima, e risplendeva alla luna piena di un agosto che stava per morire, ma che lottava con tutte le sue forze. Il lavoro doveva cominciare di primo mattino per non fare ammosciare i pomodori alla calura del mattino ed eviscerarli ancora freschi di rugiada. La pelle lucida e tesa dei frutti rifletteva sul rosso intenso la luce del giorno. Il sugo appiccicoso fuoriusciva dalle ferite della polpa e colava lungo gli avambracci delle donne attirando il volo delle mosche già stanche e ubriache di caldo. Man mano che il sole saliva giallo verso il mezzogiorno un altro sole rosso e bollente gli rispondeva dal cerchio della quarara. Mentre le donne accoltellavano ridendo quelle piccole vittime gli uomini preparavano grandi stuoie su cui stendere parte della polpa ad arrostirsi al sole. I bambini scatenati dall’atmosfera di festa strizzavano i pomodori spiaccicati sulle grate con un movimento circolare delle manine, appreso insieme al latte della mamma. La figlia del padrone, ‘a signurinedda’ col suo vestitino bianco e le scarpette di vernice si sentiva tremendamente a disagio in mezzo a quella folla di persone sconosciute. Fu il figlio del mezzadro, un ragazzo poco più grande di lei, a prenderla per mano per farle vedere i gattini appena nati, nascosti dietro la giara dell’olio. La curiosità per gli animali della masseria, visti finalmente coi propri occhi e non sui libri come aveva fatto finora, sconfisse completamente la timidezza. La sensazione di aver trovato un amico le diede la sicurezza. Montava sulla cavalla grande e si faceva tirare per le briglie da lui che con santa pazienza la faceva girare in tondo. Andava a mangiare con i braccianti sulle panche sistemate all’ombra del grande fico, in quei piatti rustici e irregolari di terracotta giallastra, in cui i maccheroni fatti in casa nuotavano nella salsa rossa dei pomodori appena raccolti.
-Corri Paolo corri, io sono il cowboy e tu sei l’indiano, come nei film. Corri!-
E Paolo faceva finta di correre perché aveva paura di farla cadere, quella cosina piccola che si affidava a lui.
-Giochiamo Paolo giochiamo al matrimonio che tu eri lo sposo e io la sposa. I fiori, voglio i fiori!-
E Paolo si metteva il vestito buono e la camicia bianca, sotto quel pico di sole, e non gli pareva vero di avere una sposina così tutta bianca e rosa, col vestito bianco e i fiori in testa.
-Paolo vieni anche tu devi travagliare finiscila di giocare!-
Le grida acute di sua madre lo chiamavano dal cortile dove le donne e i ragazzi conservavano nelle bottiglie la salsa rossa e saporita per l’inverno.
I padroni andarono via dopo la vendemmia e si portarono via la fatica dei contadini e il caldo dell’estate. In una cesta le bottiglie di pomodoro fasciate come neonati da pezze di cotone per non farle rompere nel viaggio.
‘A signurinedda dimenticò nel tempo il sapore della salsa vera, sostituito dai barattoli comprati al supermercato. Dimenticò il ritmo della cavalla fra le gambe, abituata alla velocità e alla comodità delle automobili. Perse il gusto del sudore salato sulle labbra, in una casa dove il fresco d’estate e il caldo d’inverno fingevano stagioni fasulle.
Un giorno Paolo suonò alla casa di città, mentre lei era sola, come da anni ormai.
-Signorina, le ho portato un poco di bottiglie di salsa che ha fatto mia madre.
-Ma che fai mi chiami di lei? Vieni abbracciami che è tanto che non ci vediamo-
Un movimento brusco, una bottiglia rotta e la salsa rossa le si versò in grembo sulla gonna bianca.
Paolo scappò via e lei desiderò che quel rosso sulla sua gonna fosse il sangue vergine che non aveva mai versato.