I brevissimi 2018 – Ridere giallo di Vincenzo Di Francesco_Guidonia-Montecelio(Roma
_ Anno 2018 (I sette colori dell’iride – Il giallo)
Oltre che per il suo bizzarro nome, Amarillo era noto per la sua straripante ilarità. Amarillo rideva sempre. Amarillo non faceva altro che ridere. Rideva. Rideva in continuazione. Rideva anche nei momenti meno opportuni. Rideva pure ai funerali.
Era sempre stato un tipo ridanciano, ma da vent’anni a questa parte, la sua indole ridente aveva preso una piega incontenibile.
Amarillo possedeva una risata grassa come grassa era la sua stazza. Tra fischi asmatici, risucchi, colpi di tosse sordi come tamburi e grugniti gracchianti simili a legnose raganelle, il suo sghignazzo suonava al pari di una scordata orchestrina ambulante.
Appena iniziava ridere si faceva rosso in viso. Più rideva e più s’infiammava. E più s’accendeva e più quell’ardore risaltava gli epatici denti storti che orlavano le spalancate mascelle. Mascelle che, poderose, masticavano nella risata.
Mentre il volto s’avvampava e il sorriso ingiallito dall’incuria sfoggiava sulle ganasce sganasciate, la sua pancia carica di trippa balzellava su e giù in preda a convulsioni. Quel pancione gelatinoso, che d’estate sudava le camicie a quadri, si agitava così tanto che Amarillo piantava le mani su di esso come a volerne bloccare un’eventuale fuga.
L’unica cosa fissa erano i lunghi capelli. Quei pochi che gli restavano, erano perennemente impomatati da un’ignota mistura untuosa che non gli faceva mai battere ciglio.
Amarillo sembrava sempre sul punto di esplodere. Era come un bollitore a pressione all’apice del calore. Fischiava pure allo stesso modo.
Quella sua risata istrionica, doveva essere una reminiscenza dell’estro di sua madre: un’attricetta spagnola di teatro con il sogno di diventare la nuova Sarah Bernhardt. Sogno, che si era pressoché interrotto quando rimase incinta di Amarillo.
Per questo lui portava quel nome. Per questo si chiamava come il colore giallo.
Nel teatro spagnolo il giallo porta sfortuna. Il giallo è la tinta della mala suerte, poiché è la tinta interna del capote del torero. In caso di un’incornata mortale, l’amarillo, sarebbe l’ultimo colore che il matador vedrebbe.
E per la tenera genitrice, che considerò quella maternità una sventura, le sembrò doveroso chiamare il figlio come il colore della disgrazia.
Nella borgata del Quadraro, dove avevano romanizzato il suo nome in Ameriglio, lo conoscevano tutti.
In quel paese nella città di Roma, ci finì da bambino, quando con la madre lasciò la Spagna per l’attrazione di lei verso le luci di Cinecittà. Tentò in tutti i modi di sfondare come attrice, ma dopo l’ennesimo provino andato a vuoto, a cinquant’anni, l’unica cosa che sfondò fu il parabrezza di un taxi giallo che mise una croce su di lei e sul suo sogno.
Ad Amarillo piaceva scherzare. Gli piaceva sfottere le persone, ma più che ridere con loro rideva di loro, da solo, perché i canzonati non si divertivano mai. Nessuno trovava le sue beffe ironiche e dopo anni di sopportazioni ne erano tutti esausti.
I più insofferenti erano i conoscenti del Centro Anziani, dove si recava ogni giorno. E proprio lì, un giovedì pomeriggio, accadde l’irreparabile.
Dopo una partita di briscola a quattro, Amarillo sbeffeggiò uno degli sconfitti appellandolo come portatore di sfiga. Il perdente già seccato per la disfatta e stufo delle assidue irrisioni non resse all’ennesimo sfottò. Con tutta la stizza che aveva, sbottò dicendo: «Porterò pure sfiga ma almeno non porto le corna come te».
Nel locale calò il gelo. L’uomo alluse al fatto che la moglie di Amarillo, vent’anni prima, lo aveva mollato per l’amante. In tutto questo tempo nessuno, compreso Amarillo, aveva mai toccato l’argomento, causa, tra l’altro, della sua sciatteria e della sua dirompente ilarità.
Dopo attimi di mutismo generale, Amarillo scoppiò a ridere come sempre e come sempre fu una risata gialla. Fu un rire jaune per dirla alla francese. Una risata forzata, un ridere senza avere nulla da ridere.
Rise più del previsto. S’infuocò più del solito. Rimase senza fiato, letteralmente. Fece un lungo fischio. Fischiò come un treno a vapore, poi si accasciò battendo il capo sul tavolo da gioco.
I presenti seguitarono a tacere finché uno di loro rise per quello strano sibilo. Credendo fosse uno dei tanti scherzi di Amarillo, risero anche gli altri. E tra le risate, gialle come le sue, Amarillo lasciò questo triste mondo.