Il tempo è troppo lento?
_di Roberto Vacca
“Sono stato angosciato dalla lentezza con cui passava il tempo, più di quanto sia mai successo a un carcerato, a un erede o a un amante. Guardavo di continuo il mio orologio. Restai in quello stato dal momento in cui avevo comprato parecchi biglietti della lotteria fino a quando furono pubblicati i numeri vincenti. Mi sono trovato più volte in questo stesso stato. Il primo premio della lotteria era sostanzioso. Se lo avessi vinto, sarei stato ricco per tutta la vita. Comprai un numero di biglietti sempre più alto. Ogni volta andavo a spendere decine di sterline. Una volta vinsi 5 sterline. Varie volte non vincevo un penny. Un’altra volta vinsi una ventina di sterline: compensavo così una parte minima delle perdite che avevo già subìto e quella piccola vincita mi sembrava irritante – una presa in giro . Nei miei giorni di attesa immaginavo in dettaglio i palazzi e le aziende agricole che avrei potuto comprare. Annoiavo spesso i miei amici lamentandomi della mia sfortuna.”
Il Dott. Samuel Johnson andò a guardare in fondo alla lettera il nome del mittente, ma era anonima. Il suo corrispondente descriveva a lungo i suoi guai. Perdeva parecchi soldi in quel gioco d’azzardo, ma c’era di peggio. Perdeva troppo tempo a ragionare inutilmente su come avrebbe potuto individuare, per intuizione o per ragionamento, i numeri vincenti. Quindi trascurava la gestione della sua azienda di tessuti e accumulava perdite, invece di profitti.
Il Dr. Johnson era un letterato di Oxford. Pubblicava due volte alla settimana una rivistina The Rambler (il Girovago) con un suo articolo di consigli o ragionamenti e nel dicembre 1751 decise di pubblicare la lettera dell’anonimo coi suoi commenti. Scrisse che è naturale il desiderio di diventare ricchi rapidamente, anche per chi non è geniale e non vuole lavorare troppo. Però, chi, in conseguenza, spera troppo nei colpi di fortuna, si distacca dalla realtà: si illude che gli eventi più improbabili si verifichino per lui a breve scadenza – e soffre continue delusioni. Poi Johnson raccontava le delusioni subite da alcuni suoi conoscenti che avevano cercato di sposare donne molto ricche. Andava fuori tema: le sorti dei meschini cacciatori di dote hanno poco a che fare con l’azzardo e la probabilità.
Johnson omise di esporre considerazioni ben più significative. La prima è che il gioco d’azzardo è sempre iniquo: il banco che lo gestisce paga a chi vince premi inferiori a quanto dovrebbe in base al calcolo delle probabilità. Quindi chi gioca a lungo perde sempre. Può vincere chi gioca poche volte o una sola.
Oggi 7 giugno 2019 il primo premio del Superenalotto è di oltre 160 milioni di euro. Compro una scheda da 3 euro puntando su 6 numeri. La probabilità che vengano estratti tutti e sei è una su più di 600 milioni; se il gioco fosse equo, il jackpot dovrebbe essere di circa 2 miliardi di euro. Dunque sono quasi (ma non del tutto) sicuro che non vincerò. In conseguenza non aspetterò con ansia il momento dell’estrazione e non guarderò in modo compulsivo l’orologio. È giusto usarlo per essere puntuali agli appuntamenti, per valutare la produttività, la velocità degli spostamenti e i tempi di cottura di quel che cuciniamo – non per sollecitare il tempo a scorrere più veloce.
È più probabile che vinca qualche premio più basso, ma calcolarne le probabilità sarebbe noioso. Certo farei male a comprare qualche migliaio di schede: la probabilità di perdite sarebbe alta. A queste andrebbe aggiunta la perdita di tempo nel gestire e controllare questa banale attività. Sarebbe poi del tutto insulso ragionare su quale possa essere la migliore scelta di una sestina di numeri, come faceva l’anonimo corrispondente del Dr. Johnson nel 1751.
Ho fatto leggere le righe che precedono al mio amico Valerio che è molto colto e razionale. Mi ha biasimato: i giochi in cui l’esito dipende dal caso sono noiosi anche se sono equi. Ai giochi non equi non bisogna partecipare nemmeno una volta! Ha abbastanza ragione. Però giocherò ancora qualche euro, anche se sarà minima la probabilità di vincere parecchie decine di milioni.
Se, poi, una volta riuscirò davvero a incassare tanti milioni
[immeritati]
, Valerio ci resterà male. Malgrado la sua disapprovazione, cercherò di consolarlo e di convincerlo a ragionare insieme sulla scelta di un obiettivo nobile e meritevole da cercare di raggiungere impiegando tutti quei soldi: fondare una scuola, un laboratorio?