Io sto con la Fiom
Martedì 11 Gennaio 2001
di Dino Cotrufo Componente Rsu Fiom-Cgil e-geos/Telespazio del Centro Spaziale di Matera
Il conflitto Fiat-Fiom si configura come uno spartiacque per il futuro economico e sociale del paese. La posizione della Fiat, quasi unanimemente sostenuta dai giornali e dalle televisioni, oltre che dal governo, è quella per cui con la crescente competizione internazionale nel mercato dell’auto i lavoratori devono accettare progressivamente condizioni di lavoro sempre peggiori e la perdita di diritti fondamentali fino all’impossibilità di scegliere in modo democratico i propri rappresentanti sindacali[1].
Un quadro ottocentesco nel quale i rapporti sociali non sono il prodotto della mediazione figlia di un qualche conflitto, ma l’imposizione della pura forza come esito dell’uso più spregiudicato possibile dei mezzi di produzione. Supremazia economica utilizzata per il massimo incasso politico.
Nessuna politica riformatrice in Occidente è stata in grado, negli ultimi vent’anni, di arginare l’omologazione a modelli economici di produzione che hanno bruciato decenni di lotte fatte di sangue e di speranze. Chissà se i vari D’Alema, Fassino, Veltroni e Bersani hanno provato qualche vergogna nel ricordare le “valenze positive” del diktat di Marchionne, di certo hanno confermato definitivamente di essere strateghi del nulla destinati alla subalternità ad oltranza. Con loro non c’è speranza!
La cancellazione della Fiom sarebbe non solo la cancellazione di una forza sindacale democratica (forse l’unica) ma la tabula rasa dell’idea che possano esserci ostacoli agli obbiettivi cannibali del capitalismo post-moderno.
E’ utile ricordare che il costo del lavoro degli operai di Mirafiori incide sul prodotto finale per circa il 7%, dunque non è aumentando la fatica alla catena che si renderanno più competitive le autovetture. Non saranno i 10 minuti in meno di pausa (l’agenzia sanitaria europea considera che per tutelare le condizioni elementari di salute dovrebbe essere obbligatoria una pausa di dieci minuti ogni ora), le 120 ore di straordinario in più e il digiuno forzato per 8 ore, da aggiungere alle già dure condizioni che oggi riducono piu’ del 20% di chi lavora in Fiat a una “sigla”: RCL (Ridotte Capacità Lavorative), a salvare un prodotto che, almeno in Europa, è in eccesso di produzione tra il 30 e 40 per cento e che in Cina entro 5 anni raggiungerà una sovracapacità produttiva del 20 per cento[2].
Tra il 2002 e il 2008 la produzione delle auto Fiat è crollata del 28,87%, in Germania è salita del 9,23%, la Fiat presenta nel biennio 2008-2009 una diminuzione della redditività che è il doppio di Toyota, Wolkswagen, Daimler e Honda, problema che Marchionne vorrebbe farci credere essere risolvibile semplicemente sopprimendo ogni conflittualità nella fabbrica che intanto non attrezza a nessuna riconversione, quella che richiederebbe il superamento del motore alimentato dai derivati del petrolio a favore almeno dell’elettrico, come altri stanno facendo.
Intanto l’accordo firmato dai sindacati fascistoidi a Mirafiori ricorda quello della “Carta del Lavoro” 1927, addirittura con le stesse parole (verrebbe da dire: “di che ci meravigliamo, eravamo sotto il fascismo anche allora!”). I sindacati ammessi sono solo quelli che dicono si’ al padrone, cosi’ era nel sistema corporativo del ventennio.
Di fronte a tanto e’ necessario resistere e rilanciare, e la Fiom ha compreso che non sara’ solo difendendo l’esistente che si salvera’ il lavoro e quindi la “cittadinanza” di migliaia di operai, bisognera’ infatti proporre sul piano della pratica politico-sindacale obbiettivi di riconversione industriale che si sposino con una qualche idea di sostenibilita’.
Ma intanto la gravita’ del momento richiede l’urgente impegno di tutti nel sostenere la battaglia della Fiom, prima di tutto aderendo all’iniziativa di “MicroMega”[3], e poi alla campagna per il sostegno economico delle iniziative che la Fiom sta mettendo in campo dentro e fuori i luoghi di lavoro[4].
Lo sciopero del 28 gennaio, per il quale c’e’ il sostegno di tutta la CGIL rappresenta un nuovo punto di partenza per saldare la prospettiva di chi si batte nelle fabbriche, con la battaglia del movimento che si batte contro la distruzione della scuola, dell’universita’, della ricerca e della cultura.
[1] Guido Viale, il Manifesto, 9 gennaio
[2] Il sole24ore, 6 gennaio
[3] http://www.blog-news.it/go_ext.php?go=io-sto-con-la-fiom-firma-l-appello-di-micromega-per-i-diritti-di-chi-lavora-1