Una toillette sotto le stelle
Amani – 8 Luglio 2011 – di Daniele Parolini_
State a vedere che in questo mondo esistono ancora il pudore e la discrezione, come ai bei tempi andati. Oppure sarà soltanto ipocrisia? Giudicate voi. Sta di fatto che raramente, anzi quasi mai, si parla di un certo problema ecologico e soprattutto sanitario, che riguarda poco meno della metà del genere umano. Ebbene sì: circa 2 miliardi e mezzo di persone defecano all’aperto, sotto le stelle, sotto il sole, sotto la pioggia e nel gelo; proprio come l’Homo Sapiens (circa 150mila anni fa). Sono cifre dell’autorevole Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo.
Parlavo dei bei tempi andati, pensando a un capitolo dell’avvincente, anche se raccapricciante “Il pianeta degli slum” di Mike Davis. Questo capitolo fa riferimento all’Inghilterra della regina Vittoria e a un titoletto inequivocabile: Vivere nelle proprie deiezioni. Descrive cioè la favolosa epoca vittoriana (metà – fine Ottocento), quando però colera e tifo imperversavano a Londra e si dovette affrontare un argomento che di solito veniva ignorato nei salotti, appunto il nostro argomento.
Uno studioso dell’epoca, Steven Marcus, scrisse allora: “La consapevolezza borghese veniva bruscamente scossa dall’idea che milioni di inglesi vivevano praticamente nella merda. E quindi, convinta che l’epidemia avesse originerai fetidi miasmi fecali dei distretti degli slum, improvvisamente l’èlite cominciava ad interessarsi delle condizioni di vita dei propri connazionali”.
Oggi non sono milioni come nell’Ottocento, quando gli inglesi chiamavano Napoli “la Calcutta d’Europa”: quelli che vivono nella merda sono due miliardi e mezzo. Sono milioni, purtroppo, i morti dovuti a tifo, colera, diarrea, enterite che nascono da questo dilagante inquinamento escrementizio e colpiscono soprattutto i bambini.
Che succederà ora che siamo nel XXI secolo? Che anche l’Onu ne parla e proclama l’anno del risanamento ambientale? Succede che su questo gravissimo problema per l’uomo e per la natura si innesta un grande business: quello dell’acqua potabile da depurare e delle toilette.
In certe città africane, l’acqua costa 4-5 volte più della media delle città statunitensi. Oggi Kinshasa, capitale della Repubblica democratica del Congo, con oltre 10 milioni di abitanti, è priva di un sistema fognario a smaltimento idraulico. A Nairobi lo slum di Libera aveva, sino a pochi anni fa, dieci latrine per 40mila persone.
In India solo 17 su 3700 città e centri minori hanno qualche trattamento degli scarichi, prima dello smaltimento finale. In ogni parte del mondo esiste il dramma delle donne che devono aspettare il buio o il mattino presto per i loro bisogni, movendosi in gruppo per evitare aggressioni, che comunque avvengono ugualmente.
Che altro dire? Spero che al ragioniere Rossi, il quale ogni giorno prende possesso di uno dei suoi due bagni, anche per leggere tranquillamente il quotidiano locale, sfugga questo articoletto. In ogni caso, però, penserebbe che è solo invenzione, o al massimo, un problema del passato, un passato molto remoto. E invece è molto, molto attuale e importante per l’ambiente e soprattutto per la dignità umana.
Importante magari come il riscaldamento di questo pianeta, dove due miliardi e mezzo di persone non possono fare in pace ciò che la natura comanda. Peggio dei cani.