I brevissimi 2001 – La salita di Antonella Capone_Napoli
anno 2001 (I sensi – Gli odori)
Clara prende il 22 ogni pomeriggio. Attraversa la piazza inondata di sole. Il vento che viene dal mare la stordisce.
Prende la strada a sinistra della piazza. Nell’ombra umida la città odora di case stipate di roba vecchia e baccalà.
Il pulmino, giallo, sta accostato a destra in fondo alla via. Clara vi sale, cerca un sedile all’angolo e apre un libro. Una striscia di borotalco sfugge dalle pagine. E’ un borotalco che ha l’odore leggero dei suoi bagni di bambina. Sotto la polvere la pagina sa ancora un po’ di crema idratante. Quella al mandarino è un po’ grassa. E’ per scongiurarne le macchie che ha cosparso il libro di borotalco. Dentro di sé maledice ancora una volta il suo vizio di portarsi dietro ovunque i libri. Inciampando nella pronuncia dei nomi russi, da sempre per lei ostacolo ad una serena lettura, ha ripreso il filo del racconto.
Un uomo e una donna anziani le sono seduti di fronte. Lei è
piuttosto grassa e il sedile di plastica sembra non riuscire a contenere il suo formidabile sedere. Lui è piccolo. Magrissimo. La donna gli tiene la mano e lui stringe forte. Clara li incontra ogni pomeriggio. Di solito arrivano dalla piazza, un po’ accaldati. Qualche volta lui lascia dondolare un involto di pasticceria sul dito di una mano. Le sue dita sono magre come i rami di un albero rinsecchito. Clara non è riuscita a capire se sono compagni o fratelli. L’uomo è così piccolo che Clara immagina che sua sorella, questo pomeriggio propende per la seconda ipotesi, quando arriveranno a casa lo porterà su per le scale in braccio e poi lo metterà a sedere al tavolo della cucina. Come fosse un bambino.
L’uomo ci vede poco, quasi niente. Clara ha l’impressione che si lasci guidare dagli odori, oltre che dalla mano salda di quella sorella con gli occhi ben spalancati sul mondo.
Il pulmino sta partendo per incominciare una passeggiata che lo porterà, attraversando veloce la piazza e scivolando sul lungomare, su per la salita che finisce al belvedere.
“Sono fioriti quei fiori rosa nel Giardino” la voce dell’uomo che si rivolge alla sorella è sottile. E’ vero sono fioriti gli alberi del Giardino affacciato sul mare! Dal pulmino in corsa sono una pennellata di vernice morbida. Hanno un profumo dolciastro. Arriva alla gola e quasi ti soffoca. C’è traffico questo pomeriggio. Abbiamo appena imboccato il primo braccio di strada che arriva al belvedere.
“Quanto tempo ci mette oggi? Neanche siamo al panificio”.
Clara sorride. Sembra che abbia molta urgenza! Intanto Clara ha messo via il suo libro e ha chiuso gli occhi dietro gli occhiali scuri. E sono arrivati all’angolo sul quale si affaccia il panificio. L’odore di pastella fritta è un soffio di vento che abbraccia il pulmino in salita. L’uomo distende appena un po’ le labbra in un sorriso lieve. Come zucchero a velo che sfugge da una ciambella. Anche Clara sorride. E’ l’odore che tante volte la ha accolta appiccicoso all’entrata del luna park.
Alla prossima fermata i fratelli scenderanno. Clara li guarda sempre fin quando spariscono nel portone di casa. Quasi a proteggerli. Li immagina salire gradini consumati dal tempo, l’odore del bucato steso nel cortile che sa di ammorbidente, poi entrare in casa e aprire il pacchetto dei dolci nel torpore di chiuso e di stoffe umide. Perché deve essere quello l’odore della loro casa. Come la vecchia casa delle sartine che la mettevano in piedi su una sedia per misurarle gli abiti con la pettorina a nido d’ape.
Sorride lieve il vecchio. E anche Clara sorride. E il suo sorriso assomiglia sempre di più a quello di quel vecchio secco come un arbusto bruciato, che quasi ogni pomeriggio si lascia dondolare su un dito un pacchetto di pasticcini odorosi.