I brevissimi 2004 – Mandarini di Silvia Fleri_Roma
anno 2004 (I sensi – Sapori)
Per arrivare fino a scuola, ci metto venti minuti, più o meno. Il problema è
che mi sembra sempre di metterci una vita, visto che i miei genitori, tredici
anni fa, ebbero la bella idea di iscrivermi ad un istituto che comprende
elementari, medie e superiori e di conseguenza, ormai, la strada la
conosco a memoria, se avessi una tela abbastanza lunga, potrei
ridipingerla tutta a grandezza naturale.
Per cercare di sopravvivere al tedio, ho sviluppato varie tecniche di
distrazione durante il cammino, tipo ascoltare la musica con il discman,
cosa che funzionò benissimo per tre annetti, gli anni delle medie per la
precisione, fino a quando, a causa delle cuffie, non udii la sirena
dell’ambulanza che passava e che mi servì cinque minuti dopo; oppure
contare con inverosimile pignoleria, quanti passi ci vogliono per arrivare
da casa mia, fino al portone della scuola, e tutto questo calcolando,
magari, anche l’esatto tempo impiegato per tale operazione; questa tecnica
durò soltanto una settimana, alla fine della quale, sapevo che camminando
con andatura regolare, dovevo fare 4.563 passi per oltrepassare l’adorato
tempio del sapere; a parte questi due, ci sono molti altri metodi validi, ma
il migliore, è senz’altro quello dei mandarini.
È efficacissimo: si esce di casa con un numero tot. di mandarini,
controllando bene che siano del genere clementini, quelli che non hanno
quei fastidiosissimi semini, e appena oltrepassato il portone del palazzo, si
comincia a sbucciarne uno, non con noncuranza, però secondo un preciso
disegno teorizzato precedentemente: si può cercare di togliere la buccia,
facendo in modo che rimanga un unico grande pezzo, oppure centellinarla,
strappandone a poco a poco, piccoli pezzettini, il tutto sempre
camminando in direzione della scuola: se non c’è una strada che potreste
fare a occhi chiusi non vi consiglio di provarci, perché è molto facile per
chi non è abituato a sbagliare direzione, per la troppa attenzione posta
nello sbucciamento, non poche volte, agli inizi, mi è capitato di arrivare a
scuola in ritardo per questo motivo, ovviamente, adducendone altri per
non essere presa per una disadattata.
Comunque, ritornando al discorso di prima, dopo aver tolto la pelle al
mandarino, arriva la parte più importante: quella dell’assaporamento del
frutto; vi consiglio di controllare accuratamente, la qualità dei vostri frutti,
perché può succeder, in preda allo sconforto e si può rimanere disorientati
se il gusto è un po’ troppo dolce o se la consistenza è troppo secca. Gli
spicchi vanno assaporati uno per uno, molto lentamente, con un
atteggiamento, oserei dire, quasi solenne, come fanno i degustatori alla
televisione quando assaggiano i formaggi e i vini di qualità. “Il succo di
questi frutti è leggero, allegro, rasserenante, color sole che tramonta. Si
abbinano perfettamente alla merenda di metà mattinata”. È importante
ignorare totalmente gli sguardi dei passanti, che possono mettervi a
disagio e rendervi insicuri e poi, cominciate a muovervi più goffamente e
allora vi cadono i mandarini dallo zaino. Un casino.
Effettivamente, all’inizio, ho avuto un po’ di problemi su questo punto,
perché mi imbarazzo facilmente e non sono molto disinvolta: col tempo,
però, ci si abitua e magari ci si rende anche conto che la gente è soltanto
invidiosa dei tuoi mandarini, perché non ne ha. In ogni caso, fregatevene.
Una volta finito il primo mandarino, si ripetono le stesse operazioni con il
secondo e così via.
Quando arriverete a scuola o in ufficio, ci sarà chi dirà che non gli piace
l’odore dei mandarini, ma voi ricordate che ci si sposa con i fiori d’arancio
e che senza di essi, vi sareste annoiati da morire per tutto il percorso
mattutino.
Col tempo ci si perfeziona, si riesce a calcolare, con esattezza, la quantità
di frutti di cui si abbisogna e in caso di cattiva stagione, si sviluppa un
particolare equilibrio tra il passo della gamba e la mano che sbuccia, in
una sintonia amichevole.
Io posso affermare, con sicurezza, che se ho resistito alla pesantezza di un
liceo è anche merito dei mandarini e che anche se ho scoperto, solo
adesso, che in una delle case che si affacciano sulla strada che percorrevo
ogni mattina, abitava Stendhal, non per questo mi sento in colpa.