Manifesto per la felicità
Sassilive – lunedì 7 febbraio 2011
Si svolgerà venerdì 11 Marzo 2011 presso la Sala Levi del Palazzo Lanfranchi in Via Ridola a Matera, con inizio alle ore 19.30, l’incontro sul tema: “Manifesto per la felicità”. Organizzato dall’associazione culturale Energheia, Psichiatria Democratica e dalla Libreria dell’Arco, la serata vedrà la partecipazione del Professore Stefano Bartolini, docente di Economia politica ed Economia sociale presso la Facoltà di Economia “Richard M.Goodwin” dell’Università di Siena e autore del libro: “Manifesto per la felicità” (Donzelli 2010).
Dopo il primo incontro con Serge Latouche sulla “decrescita serena”, un ulteriore approfondimento che sottolinea il “benessere dell’uomo”, attraverso indicatori della qualità della vita.
Nel 1968 Robert Kennedy, in un dibattito con gli studenti dell’Università del Kansas poneva le basi per questa nuova visione del Mondo: “Il PIL (Prodotto Interno Lordo) misura tutto, eccetto ciò che rende la vita degnamente degna di essere vissuta”.
Oggi, dopo oltre quarant’anni, complice la crisi internazionale e il crollo di qualsiasi certezza economica, il vecchio Pil appare sempre più senza qualità, non in grado di fotografare completamente la realtà. Così la ricerca di una nuova lente conquista anche l’economia e la statistica, tanto che nel 2008 il presidente francese Nicolas Sarkozy incarica i premi Nobel Joseph Stiglitz e Amartya Sen di trovare la formula del Benessere Interno Lordo(BIL). Il primo risultato è una lista di otto indicatori di qualità: le condizioni di vita, di salute, l’istruzione, le attività personali, la partecipazione alla vita politica, i rapporti sociali, l’ambiente, l’insicurezza economica e fisica.
Viviamo in paesi ricchi, ci siamo affrancati dalla povertà di massa e abbiamo accesso ai beni di consumo, all’istruzione, alla sanità, a una vita più lunga e sana. Eppure ognuno di noi avverte nell’aria il serpeggiare di un’insoddisfazione diffusa, di un malessere e un disagio psicologico che si esprimono in una dolente e ostinata litania che passa di bocca in bocca: la mancanza di tempo.
Viviamo di corsa in mezzo a individui frettolosi. E a mancare è prima di tutto il tempo delle relazioni con gli altri, sacrificate sull’altare del benessere materiale, che conosce due soli imperativi: lavoro e consumo. Siamo più ricchi di beni e sempre più poveri di relazioni. Ecco perché siamo sempre più infelici. È questo il quadro desolante confermato dagli studi di varie scienze sociali sulla “felicità” nei paesi a più alto grado di sviluppo.
Ma davvero per divenire più ricchi economicamente dobbiamo per forza essere poveri di relazioni interpersonali, di benessere, di tempo, di ambiente naturale? Davvero non esiste un’altra strada?
Parte da queste basilari domande l’analisi e la proposta di un economista che da anni studia il tema della felicità nelle società avanzate. Perché i paesi ricchi non sono riusciti e non riescono a coniugare sviluppo economico e benessere? Perché i dati evidenziano che la felicità non è migliorata dal secondo dopoguerra, e anzi in certi casi, come negli Stati Uniti, è addirittura peggiorata?
E’ dunque un viaggio attraverso le cause e le soluzioni dell’insoddisfazione contemporanea. Il cuore del problema è che lo sviluppo economico si è accompagnato a un progressivo impoverimento delle nostre relazioni affettive e sociali. Questo tipo di sviluppo non solo non produce benessere, ma crea anche enormi rischi per la stabilità economica, come la crisi attuale dimostra. Essa, infatti, è il prodotto di un’organizzazione sociale che genera la desertificazione delle relazioni umane.
Ecco dunque perché il nostro sistema economico e molti aspetti della nostra esperienza, sia individuale che collettiva – la famiglia, il lavoro, i media, la vita urbana, la scuola, la sanità – hanno bisogno di un profondo cambiamento culturale e organizzativo. Governi e amministrazioni locali, partiti e movimenti politici, imprenditori, manager, genitori, docenti, medici e noi tutti abbiamo la possibilità e la necessità di riprogettare il nostro mondo: coniugare prosperità economica e felicità è necessario e possibile. Cambiare la scuola. Cambiare le città. Cambiare lo spazio urbano. Ridurre il traffico. Ridurre la pubblicità. Sono alcune delle proposte concrete che compongono un vero e proprio manifesto per la felicità.
La vera domanda è: che prezzo siamo disposti a pagare per la prosperità economica? Il caso americano illustra che se tale prezzo è quello dei beni che per noi sono veramente importanti, come le relazioni, allora il gioco della crescita economica non vale la candela del benessere: non è tanto lo sviluppo che conta per il benessere, quanto la sua qualità sociale.