The Google Story di D.A.Vise
“Come imparare tanta matematica. Come inventare procedure informatiche innovative. Come beneficare milioni di persone. E, intanto, come guadagnare miliardi di dollari senza spendere niente in pubblicità.”_ di Roberto Vacca_
Larry Page e Sergey Brin, i fondatori di Google.
“Come imparare tanta matematica. Come inventare procedure informatiche innovative. Come beneficare milioni di persone. E, intanto, come guadagnare miliardi di dollari senza spendere niente in pubblicità.”
Non avevano un manuale che insegnasse tutte queste cose Larry Page e Sergey Brin. Studiavano all’Università di Stanford nell’area della Baia di San Francisco ed erano orientati verso i due primi punti soltanto. Uno di loro scelse come tesi di dottorato in computer science “Come scaricare su computer TUTTO il contenuto del WorldWide Web – non per forza bruta, ma in modo da renderlo utilizzabile.” Era una missione impossibile, eppure riuscirono a realizzarla in pochi anni e anche a raggiungere gli obiettivi citati sopra. Il manuale che non esisteva, lo ha scritto David Vise: è questo libro “The Google Story”.
Chi dagli inizi ha cercato in rete dati, documenti, testi, persone, ricorda le goffaggini antiche. Da Mosaic, Infoseek, Excite prendevamo testi in .txt senza immagini. Siamo andati meglio con Altavista, NorthernLight e Yahoo. Ma l’aumentata velocità dei PC e dei modem non sarebbe stata molto utile senza un modo di eliminare le irrilevanze usando un ricercatore automatico in rete che si concentra su oggetti davvero utili.
Per analizzare il contenuto dell’intera Rete, individuando documenti, immagini e oggetti e selezionandoli al meglio, Brin e Page dovettero risolvere due tipi di problemi. Il primo era: sviluppare software nuovo capace di valutare automaticamente il valore di documenti e la loro desiderabilità per utenti che cerchino oggetti di interesse in rete mediante una o più parole chiave. Già negli anni ’90 la Rete conteneva centinaia di milioni di documenti – nel 2005 siamo a oltre 13 miliardi.
Il secondo compito immane consisteva nello spezzettare la ricerca fra migliaia di computer funzionanti in parallelo. Il software innovativo per la ricerca doveva funzionare, quindi, su hardware speciale. Brin e Page realizzarono gradualmente la rete di PC più grande mai realizzata con capacità di memoria mai vista. I singoli PC usati sono modificati e interconnessi da Google.
Ma i contenuti del WorldWide Web crescono di giorno in giorno: come stare al passo? Qui Brin e Page sfruttano la legge di Moore: la velocità di calcolo e le capacità di memoria dei PC raddoppiano ogni 18 mesi. Quindi rinnovando le macchine, riescono a vagliare tutta la mole immane e crescente della Rete.
I costi di questa struttura e del suo aggiornamento sono alti. Le risorse necessarie sono fornite da aziende che comprano pubblicità. Questa ha la forma di finestre raccolte sulla destra di ogni pagina Google. Per ogni click che un utente fa sul suo messaggio l’inserzionista paga un tanto, commisurato a valore del prodotto e popolarità della parola chiave a cui si vuole collegare. L’utente non paga niente. Io che uso molto il motore di ricerca e non guardo mai la pubblicità, ne traggo solo benefici gratuiti
Altra innovazione notevole è che il sistema mostra al navigatore in rete solo inserzioni pubblicitarie aventi rapporto con gli argomenti che sta ricercando. E’ una procedure molto più efficace di quella dei banner, ospitati da siti informativi (come quelli dei giornali on line).
David Vise ha fatto un buon lavoro. La prosa è leggibilissima, l’interesse umano abbondante e molti argomenti difficili sono resi comprensibili anche ai profani. Questa non è solo una storia di un successo imprenditoriale (sia pure straordinario). E’ un libro di pedagogia: fa capire come due famiglie di alta cultura educarono questi due ragazzi (“parlando di tutto, discutendo, sfidandosi”) che poi si misero insieme.
E’ un manuale di management: mostra come due scienziati/tecnologi abbiano organizzato, motivato, ispirato lavoratori di alto livello e gestito un’azienda commerciale in crescita vertiginosa. Naturalmente lo stile di management Google stimola i creativi: non è burocratico. Ogni dipendente dispone liberamente del 20% del suo tempo in cui persegue suoi progetti di ricerca e sue invenzioni, senza bisogno di approvazione superiore.
E’ un libro di morale: il motto di Sergey Brin “Don’t Be Evil” (Non Essere Cattivo) non è uno slogan autoincensante. E’ una frase stenografica che descrive come i ragazzi Google abbiano davvero diffuso più cultura di innumeri editori e di innumeri scuole, facendosi pagare da imprese commerciali – senza illegalità e senza fregare nessuno. Il principio che io insegno da anni: “Impara almeno una cosa al giorno: se lo fai ti cambi la vita.” è realizzabile senza sforzo usando Google. Ancora più utile filtrare Google attraverso http://clusty.com , che classifica in decine di categorie i documenti od oggetti trovati e fa risparmiare ore e giorni di tempo. Io ho una biblioteca di migliaia di volumi: spesso invece di alzarmi a prendere un libro a pochi metri da me, ne trovo il contenuto on line in modo istantaneo.
Qualcuno propose di fare santo W.A. Mozart per la delizia delle sue musiche. Credo che Larry e Sergey meritino più di Mozart un riconoscimento agiografico perché diffondere conoscenze e valori intellettuali è merito spirituale ineguagliabile. Google tenta di farlo ora anche scandendo e mettendo on line decine di milioni di libri dalle università del Michigan, Stanford, Harvard e Oxford. Tutto bene se sono scaduti i diritti d’autore: se no, Google assicura che offriranno in rete solo l’indice e qualche brano del libro. Ugualmente divampano le polemiche da parte degli autori che temono di essere depredati e fanno sentire la loro voce anche al Congresso USA.
E che altro si potrà inventare ora? L’inventore del WorldWide Web, Sir Tim Berners-Lee, sta lavorando da anni alla rete semantica. Dovrà funzionare in modo che i motori di ricerca capiscano le richieste e anche i documenti che vanno a cercare. Per ottenerlo ogni parte di ogni documento dovrà essere collegata a un cartellino virtuale che spieghi di che si tratti: nome, data, codice postale, somma di denaro, grandezza fisica e così via. E’ un approccio di forza bruta che richiederebbe di rielaborare tutte le informazioni contenute – non solo di passarle allo scanner. Non possiamo prevedere se e quando si potrà realizzare, malgrado la genialità di Berners Lee. Ora e qui, la realtà di Google è goduta da chi vuole conoscere meglio il mondo e dagli inserzionisti. Certo: anche dagli inventori che hanno meritato ampiamente il loro successo.