I brevissimi 2011_L’avarizia di Martina Turano_Roma
anno 2011 (I sette peccati capitali – l’avarizia)
Secondo quanto narra un’antica leggenda, molte epoche fa la terra era abitata da piccoli esseri molto simili a folletti, evoluti ed intelligenti tanto quanto l’uomo moderno; sembra vivessero in villaggi tutti uguali fra loro, a tal punto da non poterli distinguere l’uno dall’altro; a quei tempi non esistevano stati o regioni, né leggi particolari che interessassero zone più di altre, poiché dappertutto regnava il buon senso: tutti i rapporti, gli scambi, le tradizioni riguardavano tutto il mondo, che ne era volentieri partecipe. Una generazione poteva vivere anche per molti e molti anni, tanto che intere famiglie centenarie vivevano insieme senza ricchezze, lussi e senza brama di essi; vivevano nella natura, secondo natura. Era un popolo estremamente generoso che si arricchiva del proprio stesso valore ogni volta che un abitante dimostrava bontà ed altruismo nei confronti di un suo simile. Ogni singola buona azione si moltiplicava in benessere comune: l’intera vita si basava esclusivamente sul vivere in maniera semplice e senza troppe pretese, nel sentirsi tutti fratelli, tutti in dovere di aiutare la propria grande famiglia comunemente condivisa. In questo modo prosperavano per millenni, ricchi in terre, numero di abitanti, ricchezze naturali, bestiame, risorse, senza che però nessuno in particolare fosse più abbiente degli altri. Un giorno, un abitante tra loro, a causa di strane ragioni, iniziò a guardare tutto il bene della sua popolazione con occhio avido e, divenendo invidioso della prosperità del suo stesso paese, stufo di dover condividere tutto con molti, voleva che ogni cosa che vedesse e a cui avesse sempre contribuito con gli altri, fosse unicamente sua. Incominciò allora a non prestare più generosamente aiuto a chi ne avesse bisogno, come tutti facevano, contribuendo a diminuire tutta l’immensità di altruismo che aleggiava nell’aria e che pervadeva ognuno. Era diventato avaro. Celava tutto il bene di cui era fino a quel giorno stato capace, decidendo di conservarlo per il giorno in cui sé stesso ne avrebbe avuto bisogno. Smise di distribuire alle famiglie vicine tutti i frutti che potesse ricavare dalla coltivazione del suo campo e li iniziò a mettere da parte, volendo godere da solo di tutte le ricchezze possibili. Tutto ciò che al contrario gli veniva donato, ugualmente non lo sfruttava, iniziando così a consumare lo stretto necessario, sfruttando tutto al massimo e non buttando via nulla; era tenuto in vita non più dal cibo né dal bene ricevuto ed in passato donato, ma dalla vista delle provviste accatastate che sembravano promettergli una ricchezza senza eguali, tramite il quale primato, credeva di poter diventare un re. Molti abitanti, respirando l’aria divenuta priva di generosità, seguirono il suo esempio, perseguendo il mito della ricchezza, auspicando la prosperità materiale, aridi dentro. Da quel momento, a causa della progressiva diminuzione di bene che manteneva in vita tutto il mondo, il mondo stesso iniziò a spegnersi; gli animali non riuscivano più a trovare cibo: i boschi erano razziati. La gente moriva: ognuno pensava alla propria salute. Non c’erano più scambi: ognuno pensava alla propria economia. Si prosciugarono addirittura i fiumi a forza di sottrarne l’acqua. Alla fine tutto degenerò, tutto il male dell’avidità salì al cielo fino a contagiare il sole, che smise di splendere, stufo di dover bruciare per gli altri. Avrebbe conservato le energie per altri tempi. Tutti assistevano al mutamento da soli, fino a quando da soli si distrussero. Il mondo privo della fonte di vita, iniziò la sua involuzione, accartocciandosi come una foglia priva di linfa vitale con tutto ciò che c’era dentro, come foglio di carta nel pugno dell’universo. L’avarizia non aveva portato a nulla, anzi a forza di egoismi il mondo aveva finito per andare a morire. Un giorno lontano si creò nuovamente tutto, grazie ad una nuvola generosa che donò la pioggia che dissetò la foglia del mondo, imbevendola, aprendola, rivitalizzandola. Insieme al mondo l’acqua ridiede vita anche alle antiche creature che la abitavano: le anime dei folletti egoisti, si piantarono secolari nei corpi di alcuni uomini e furono causa dell’egoismo, mentre le anime dei pochi buoni rimasti, dei generosi, si donarono, si frammentarono, andandosi a depositare indistintamente nella maggior parte degli uomini, piantando in loro il germe della generosità. Da quel giorno, il mondo non rischierà di implodere finché l’avarizia verrà contrastata dalla generosità. Se le anime dei folletti egoisti vinceranno la lotta, il mondo imploderà, al contrario, se vincerà l’altruismo, il mondo acquisterà l’eternità grazie alla bontà di ognuno. Sta a noi dunque, stabilire la direzione in cui indirizzare il destino proprio e quello ugualmente nostro di tutta la specie.