I brevissimi 2011 – Un amore di badante di Silvia Stucchi_Antegnate(BG)
anno 2011 (I sette peccati capitali – l’avarizia)
“Allora, Irena, noi ci vediamo domenica prossima, no? E mi raccomando, se papà ha qualche problema, ci chiami, eh, ci chiami subito” “Certo, signora Silvana” “E tu papà, cerca di non fare impazzire Irena, hai capito? Cerca di stare buono, eh, se puoi. Non fare capricci, ricordati che non sei più in cattedra…Oh, caspita, che tardi! Andiamo, dài, , che ci aspettano. Ciao, eh, papi, ciao Irena” (Bacio veloce, un po’ distratto, seguito da bacio, altrettanto frettoloso, dei nipoti, e porta che si chiude alle spalle del genero. In sottofondo, una rampa di scale più in basso, si sentono vociare Marco e Leonardo, che con alte strida reclamano un gelato prima della cena in pizzeria)
Ma certo! Ti lavi in fretta la coscienza, tu, tanto te ne vai, e magari domenica prossima scopri all’ultimo minuto di avere un impegno, urgentissimo, o forse no, e comunque mica ti fai viva. Bel sollievo, avere una figlia. Tu e quel cretino di tuo marito! E intanto mi lasci con questa qui.
“Irena! Irena! Dove sei? Vieni subito!” “Eccomi!” “Fammi un caffè” “Va bene!” “Anzi un thè”
“Va bene” “No, ci ho ripensato! Meglio il caffè!” “Va bene!” “Svelta, però! Cos’è, aspetti che arrivino i chicchi dal Brasile?” “Sì, subito, faccio subito!” “Anzi, no, ho cambiato idea, niente caffè e niente thè! Dammi il telecomando, piuttosto!” “Va bene, signor Mario!”
Eccolo ancora. E quanto insiste! Ma quanto rompe! E lui non lo sa quanto lo detesto! O forse sì? Ma sì, ma sì che lo sa, lo sa benissimo. Per questo se ne approfitta! Certo che se potessi tornare al mio Paese, anche solo con la metà dei suoi soldi, sarei davvero a posto! Eh, già. Mi conviene sempre farmi vedere gentile e paziente, se no come glieli spillo un po’ di quattrini?! Intanto, ci siamo quasi, ormai io lo so che l’idea del matrimonio gli sta frullando in quel cervello in acqua. Importante è che creda di averla avuta lui, l’idea. Certo che finchè la figlia si comporta così, è quasi troppo facile. Lui tutto solo, cattivo come la fame, ma solo, e la figlia sempre via. Mi sembra quasi troppo facile.
Eccola che arriva Certo, crede di essere la più furba di tutti. La signora. La signora Copparo. Ah, ah, ah! Me la ricordo, io, quando l’ho scelta come badante. Allora camminavo ancora, almeno un po’, con il bastone, e non ero ancora ridotto sulla carrozzina. E poi, ci vedevo quasi bene. Com’era timida, spaurita, Irena, in mezzo ad altre, poi. Ed erano tutte belle figliole, eh! sa dove. Ma tu pensa, la crisi cosa spinge a fare. Eh, l’avevo capito, subito, che quelle, dietro la timidezza, miravano al soldo. Anche Irena, naturalmente. Eh, già. Ma mica mi fanno fesso, a me. Il Parkinson sì, ma l’Alzehimer non ce l’ho, almeno, non ancora. Ah, e che belli quei capelli biondi. E quelle gambe lunghe e snelle. Quel collo delicato, e gli occhi grigi. Era la più bella. E ho voluto lei. A mia figlia, a quella cretina di Silvana, ho fatto credere che fosse perché Irena, di quelle dieci, era l’unica che era davvero infermiera. E poi, piano piano, ho capito che per non farmela scappare, e per fare dispetto a quella cretina di mia figlia e al quel cerebroleso di suo marito col suo tennis e la BMW rigorosamente in leasing, dovevo sposarmela. La cretina! Irena crede di avermi fatto fesso, lo so, pensa che l’idea l’abbia avuta lei e pensa pure di avermela fatta filtrare nella testa poco per volta. Illusa! Deve ancora nascere chi mi persuade! A me! E quanto è premurosa! Io gliel’ho anche presentata bene la questione: cara Irena, così e così, io sono vedovo, sono vecchio, lo vedo come sono conciato, lo so benissimo che è una proposta un po’ strana, ma mia figlia, l’hai vista! Io vorrei ringraziarti per tutto quello che fai, che dici? Se ti lasciassi qualcosa nel testamento (e come scuoteva la testa lei! Come se non volesse nemmeno sentirne parlare! Certo, per fingere, finge proprio bene!) mia figlia riuscirebbe a togliertelo. Meglio se ci sposiamo, eh? Che dici? Facciamo tutto in segreto, fra noi, così ti posso lasciare questa casa, quando io non ci sarò più, e metà del mio conto in banca.
Vecchio stupido. Tu credi che io ti ho sposato per amore? Anzi no, per affetto? Per riconoscenza?! Stupido! Io voglio vederti, io! E non mi dire che sono cattiva! Hai idea di che cosa ho passato, io? Venire così da lontano, sola, sempre sola, e aver lasciato a casa mia madre e mia figlia, e adesso anche la mia nipotina, che è nata da sei mesi e ancora devo vederla… e qui, dover lavorare con anziani che nessuno vuole tenersi vicini. Per forza! Certi vecchi, come il Professore, sono così cattivi, acidi, egoisti, credono di poter comandare a tutti; sono brutte persone, brutte, per forza che i figli e i nipoti non li vogliono vedere, o vengono a trovarli meno che possono. Io voglio essere contenta, voglio che mia figlia sta bene, voglio che la mia nipotina, che non ho mai visto, ma si chiama come me, studia, diventa medico, o pianista: che fa quello che vuole senza Più preoccuparsi dei soldi. Per questo l’ho sposato, e tutto il resto. Lui, il Professore, fingeva una generosità che non ha mai avuto, mai, scommetto: io ti voglio bene come a un nonno, diceva. Eh, sì! Come no! Ma che me ne importa a me? Però, adesso, che ci siamo sposati, un giorno di mercoledì, senza che la signora Silvana lo viene a sapere, con la portinaia e un’amica mia come testimoni; adesso, la casa è mia e i soldi miei, e signora Silvana, quando lo scopre, quando Professore è morto, chi sa come resta! Chi sa come grida! Signor Mario è stupido, stupido e porco, come tutti i vecchi! Ma intanto, siamo sposati, e quando vendo questa casa qui, e incasso soldi sul conto, smetto davvero di faticare per niente. E finalmente, torno da mia figlia, da mia mamma e da Irena piccola.
Ah, l’avidità, che male che fa. Eh, già. Perché io, dopo quarant’anni a insegnare al liceo, lo so meglio di tutti. E lo capisco subito quando mi si vuole fregare. Non si sta tanto in cattedra senza conoscerere la gente. L’avarizia, direbbe Dante, l’avarizia non è il peccato di chi vuole mantenere il suo, ma di chi vuole di più: è questa l’avidità che vedo brillare negli occhi grigi della mia giovane mogliettina. Ah! Da quando è diventata la signora Copparo, ormai, non vuole più nemmeno lo stipendio, sicura com’è di ereditare. Chi sa mia figlia come strillerebbe, se lo sapesse! Povera Silvana mia! Credeva, da giovane, di fregarmi, per questo si è sposata con quel cretino di Giacomo. Credeva che l’avrei aiutata, perché Giacomo era ancora studente, e ancora oggi, mah, che di laurearsi per fortuna non parla più, chi sa, penso io, chi sarà quel cretino di direttore di banca che l’ha assunto? Ma io a quei due due non ho mai voluto dare niente: han voluto sposarsi nonostante io glielo dicessi a Silvana, di lasciarlo perdere? E allora, arrangiatevi. Tanto, la madre di Silvana era già morta, non c’era più nessuno che poteva convincermi. E ora tutti e quattro, Silviana e Giacomo, e quei due mostriciattoli ignoranti, aspettano solo i miei soldi! A Silvana verrà un infarto, quando saprà che non è la sola erede, che Irena è la sua matrigna! E magari, se sono fortunato, verrà un infarto anche a quel cretino di Giacomo. O forse, per la disperazione, lei si butta giù dalla finestra. Magari Giacomo, è lui quello più emotivo dei due, e forse ci resta anche secco: il notaio Genuardi ha lo studio al quarto piano. O al quinto? Ah, la testa, maledetta testa che perde i colpi!Peccato non esserci quando apriranno il testamento, dal notaio. Peccato davvero!
-Irena! -Sì?-Preparamiqua lcosa di dolce! Svelta! La torta di mele, dài. -Subito! -Anzi, no, togliti subito quel grembiule, scendi alla gelateria qui sotto -Subito! -Prendimi…annota, che poi ti dimentichi!Scrivi, scrivi: un chilo di gelato, fragola e stracciatella. Scritto? –Sì -Ecco, adesso riscrivi, ho cambiato idea. Mezzo chilo. Ci sei? Cioccolato e limone. Va bene?
-Sì -Scritto? -Sì-Ecco, ho cambiato idea, adesso, da brava, correggi: stracciatella e amarena. Capito? -Sì, capito – Non mi fido. Fa’ vedere il bigliettino. IGNORANTE! “Stracciatella” con 2 C e 2 L! Vergogna!
– Scusi professore! – E smettila di piangere! Va’ va’ a prendere questo benedetto gelato. Svelta! -Corro, signor Mario!
Vecchio cattivo! Maligno e cattivo! Lo so che lo fai apposta! Che avrai anche un principio di Parkinson (e anche un po’ più di un principio!), ma la testa, quella, ti funziona ancora benissimo! Che ti diverti, a tormentarmi, a umiliarmi! Divertiti, divertiti, tanto io lo so che, poi, mi ripaghi di tutto. Lo so. Devo resistere, e poi: quanto può campare ancora? Un anno? Due, forse, ma anche molto meno….mesi, forse. In fondo è vecchio, anche senza Parkinson può morire da un momento all’altro. Posso resistere. Posso. Devo. Ma quanto è cattivo, il Professore!
Ma guardala, ma sentila, come trotta veloce giù per le scale, la mia Irena. Quando sarò morto, cosa scoprirà la mia badante, anzi, la mia bella mogliettina, davanti al notaio, aprendo il testamento? Lei sopporta, mi serve e riverisce, ma quel giorno, quando sarò sottoterra, Silvana sverrà quando saprà che metà dell’eredità spetta alla sua matrigna, che nemmeno sapeva di avere! E Irena, invece, scoprirà che…nessuno può intascar niente! da anni, ormai, sono rovinato: a furia di giocare in borsa ho perso tutto. Tutto, anche questa casa. E non c’è più nulla da ereditare. Questo è l’ultimo mio regalo, anzi, l’ultimo insegnamento del professor Copparo. Ah, ah ah.