Progresso tecnico veloce e colletti bianchi poco produttivi
_di Roberto Vacca_
Nel 1980 usavo un personal computer che faceva un milione di operazioni al secondo. Nel 1984 passai a 7 milioni; nel 1993 a 60 milioni, nel 1997 a 270 milioni e ora ne prenderò uno da 2 miliardi e mezzo di operazioni al secondo. In 23 anni la velocità del mio PC è cresciuta di 2500 volte. Anche io, quindi, lavoro più veloce. Scrivo più pagine al giorno. Elaboro più dati. Imparo più rapidamente. Stabilisco più contatti professionali. Però grosso modo sono solo due o tre volte più produttivo, cioè ho progredito mille volte di meno dei miei computer.
Fu l’economista Lester Turow nel 1986 a formulare per primo il paradosso: “L’informatica avrebbe dovuto migliorare come per magia il lavoro di ufficio e di elaborazione dati. Però dal 1978 al 1985 il rendimento degli operai è cresciuto del 15% e il loro numero è calato del 6%. Invece il numero dei colletti bianchi è cresciuto del 21% e la loro produttività non è aumentata affatto”.
Pare che questi squilibri fra progresso tecnologico velocissimo e miglioramenti lenti delle prestazioni umane tendano ad accentuarsi.
Probabilmente nel 2020 in un solo chip saranno concentrati più di 30 milioni di transistor. Secondo alcuni i personal computer del futuro eseguiranno un milione di miliardi di operazioni al secondo. Si va verso il gigantismo di hardware e software.
Attenti, però! Più grande e più veloce non significa necessariamente migliore. In parte i risultati finali non migliorano in modo adeguato proprio a causa di difetti delle nuove macchine. Anche quelle di uno stesso fornitore a breve distanza di tempo non sono compatibili fra loro. Le interazioni diventano più difficili e costose. I computer vengono scartati e sostituiti con altri più veloci che ospitano software sempre più pesante – che spesso offre funzioni appena marginalmente migliori e contiene imperfezioni fastidiose.
Sull’andamento della produttività dei colletti bianchi si discute molto e i pareri sono divisi. Secondo alcuni la migrazione dei lavoratori da agricoltura e industria a terziario (elaborazione di conoscenza e servizi) è stata effettivamente accompagnata da aumentato rendimento del lavoro dato dalla Tecnologia dell’Informazione e della Comunicazione. I colletti bianchi addestrati sarebbero produttivi più del doppio più rispetto a 10 anni fa (dal 1960 al 1990 la produttività era cresciuta solo del 60%). I redditi e il PIL sono aumentati in misura meno che proporzionale.
Alcune società di consulenza pretendono di aver trovato sistemi sicuri per innalzare i rendimenti lavorativi di impiegati e manager. Per dimostrare quanto sia conveniente affidarsi a loro, sostengono che negli ultimi 20 anni la produttività dei colletti bianchi è cresciuta solo dell’1%. Le cifre sono incerte perchè è difficile misurare quanto valga una elaborazione di dati o di testi. Il valore è largamente indipendente dalla quantità e spesso persone diverse lo valutano diversamente.
La tabella qui accanto mostra per i vari Paesi europei e per gli USA di quanto fra il 1996 e il 2000 un investimento dell’1% in Tecnologia della Comunicazione e dell’Informazione abbia fatto crescere annualmente il Prodotto Interno Lordo, l’occupazione e la produttività. Anche queste cifre sono incerte. Il meccanismo dei rapporti di causa a effetto fra uso dell’informatica e fattori socio-economici non è semplice. Comunque da quanto detto sembra chiaro che i progressi nella tecnologia elettronica continuino a essere molto maggiori del miglioramento dei risultati finali. Perchè? In quanto segue esamino tre ipotesi intese a spiegare questo squilibrio.
La prima ipotesi è che il ritardo di redditi e PIL sia dovuto alla produttività calante dei lavoratori non informatizzati e addestrati in modo primitivo. Ma il divario digitale grave non separa gli informatizzati da: incolti, vecchi, donne, abitanti in zone sperdute. Separa, più gravemente, le nazioni avanzate (Svezia, Finlandia, Irlanda, etc.) da quelle arretrate (Italia, Portogallo, Grecia). I rimedi sono da cercare nella creazione di istituti di studi avanzati e nella disseminazione di modi di studiare più efficienti.
Una seconda ipotesi è che lo squilibrio citato dipenda dalla congestione dei canali di comunicazione, che è sempre in agguato. In effetti ce ne sono sintomi. Chi si connette spesso a Internet sa bene che ogni tanto le attese sono lunghe. Poi le velocità effettive di trasmissione dati sono di circa un ordine di grandezza minori di quelle nominali. Una connessione ADSL trasmette dati a meno di 100 kbs, invece che a 860 kbps. Altra causa di perdite di tempo è lo spamming, cioè il traffico di messaggi indesiderati, inutili od offensivi inviati da sconosciuti. Pare che in USA circa metà del traffico di posta elettronica sia costituito da spamming. I giornali ne parlano come di un flagello. Molti invocano leggi severe contro chi manda E-mail con réclame porno, barzellette,o proposte di cure magiche (“dimagrite mentre dormite!”). Io non credo che il fenomeno sia così grave. In pochi minuti cancello decine di messaggi inutili.
Una terza ipotesi è che proprio gli esperti ai livelli più alti siano male addestrati ad aumentare il valore aggiunto dei contenuti. Soprattutto non sanno comunicare. Teorie, progetti, innovazioni di valore notevole restano lettera morta perchè gli originatori non sanno trasmetterli. Producono testi in gergo, male organizzati, prolissi. I destinatari non li capiscono: se sono decisori ad alto livello, non approvano progetti o proposte e il rendimento del lavoro fatto va a zero. Vanno, quindi, addestrati gli esperti a comunicare meglio con ogni strumento. Vanno create scuole di qualità per comunicatori nell’uso di tutti i mezzi di comunicazione. Bisogna tornare all’uso del linguaggio articolato, della grammatica, dell’organizzazione logica. Un aiuto può venire dell’informatica umanistica, disciplina che forma letterati, filosofi e linguisti ad analizzare ed elaborare conoscenza. Gli studiosi che la inventano dovranno essere ingaggiati per insegnare a manager, tecnici, scienziati come esprimersi efficacemente – anche con le nuove tecnologie.
Crescita annua di
(1996-2000) Þ |
PIL | Occupazione | Produttività |
Austria | 2,5 | 0,7 | 1,5 |
Danimarca | 2,9 | 1 | 1 |
Spagna | 3 | 3 | 0,5 |
Finlandia | 5 | 2 | 3,7 |
Grecia | 3,3 | 0,7 | 1,8 |
Svezia | 2,9 | 0,9 | 2 |
Regno Unito | 2,8 | 1,2 | 1,2 |
Germania | 1,7 | 0,7 | 0,5 |
Irlanda | 9.5 | 5,2 | 4 |
Olanda | 3,8 | 2,9 | 1 |
Italia | 1,8 | 1 | 0,6 |
Francia | 2,1 | 1 | 1 |
Belgio | 2,9 | 1 | 1,4 |
Portogallo | 3,6 | 0,4 | 2,1 |
15 paesi Europei | 2,5 | 1,3 | 0,8 |
USA | 4,2 | 1,5 | 1,8 |