Beatles or Rolling Stones_La storia
_ONDE LUNGHE, la musica raccontata. Intrecciando dialogo, narrazione per immagini, voce e musica, accompagna il pubblico alla scoperta di alcuni dei più affascinanti generi o gruppi musicali.
Beatles or Rolling Stones una contrapposizione tra i due gruppi che ha imperato tra i giovani amanti del rock negli anni Sessanta-Settanta. Un confronto fra le due band che a seconda se ci si identificasse con l’aggressività e l’audacia dei Rolling Stones, o con la raffinatezza dei Beatles, era, per la gioventù contemporanea, la scelta fra due estremi, e più che una semplice preferenza musicale, significava due modi diversi di concepire la vita.
Ogni taglio di capelli, ogni completino che da blasé veniva bucherellato e stracciato, ogni significato dei testi dei brani, sembrava essere stato un calcolato e ritmico riaggiornare di due brand che hanno fatto la storia del pop occidentale nel dopoguerra. “I Beatles erano dei teppisti che venivano fatti sembrare bravi ragazzi, mentre i Rolling Stones erano dei gentlemen trasformati in teppisti”.
Una rivalità costruita ad arte. Nei favolosi anni ’60 le differenze socio-economiche di partenza delle due band erano completamente differenti: i primi arrivavano dal Nord povero, i secondi dal Sud e della Londra borghese. Come la relativa trasformazione estetica-culturale-visiva grazie ai manager scopritori: Brain Epstein per Fab Four e Andrew Loog Oldham per Jagger e compagnia. “Dichiararsi fan dei Beatles significava essere (proprio come i Fab Four) persone ben inserite nella società, amabili ed educate: non necessariamente perbenisti, ma nemmeno di quelli pronti a sfidare le convenzioni sociali. Il fan dei Beatles era uno che si conformava quasi in tutto alla società, che era d’accordo, che rispettava le regole: uno che quando guardava il mondo che avrebbe ricevuto in eredità si sentiva soddisfatto. Schierarsi con i Rolling Stones equivaleva a trasmettere il messaggio opposto: significava che eri uno che voleva spaccare tutto, farlo a pezzi e appiccarvi il fuoco. «I Beatles vogliono tenerti per mano, gli Stones vogliono radere al suolo la città», scrisse una volta scherzosamente Tom Wolfe, giocando sul titolo di due famose canzoni, I Want to Hold Your Hand dei Beatles e Burn Down This Town dei Rolling Stones.
Per arrivare a questo, però, c’è stato il maquillage che ha trasformato quattro teppistelli – John Lennon e George Harrison sicuramente più di Ringo e Paul – di Liverpool in aggraziati baronetti con capelli a caschetto, giacchetta chiusa sul collo, e parecchi “yeah, yeah” nei coretti tra un verso d’amore e l’altro; e modificato geneticamente quattro buoni ragazzi borghesi – Charlie Watts magari no, ma Richards sì e Jagger ha perfino frequentato la London School of Economics. Oltretutto con gli Stones che in qualche modo sconfessano il loro privilegio classista e i Beatles che si ripuliscono degli eccessi da miserabili nei concerti e nella vita quotidiana dell’epoca di Amburgo per finire ad essere invitati e osannati dalla regina madre. Da notare, comunque, che, noblesse oblige, non si sono mai registrati veri e propri scontri tra i componenti delle due band, come se ci fosse oggettivamente spazio mediatico per entrambi i gruppi, oltretutto slittando la popolarità mondiale degli Stones proprio dal ’67 ai primi anni settanta, dopo che i Beatles l’avevano fatta da padrone tra il ’63 e il ’66. I Beatles e gli Stones erano sia amici che rivali ed hanno costruito tra loro un rapporto cordiale nonostante la competizione nelle vendite dei dischi, nell’influenza culturale, e nella credibilità estetica. Poi è chiaro, i Beatles, complici la marijuana e Bob Dylan, nonché la strafottenza di Lennon davanti ad Elvis nel 1965 – disse al re del rock and roll di avere scritto canzoni banali e interpretato filmetti idioti – uscirono fuori dallo spartito scritto da Epstein: “Non ci volle molto, tuttavia, perché i Beatles cominciassero a sentirsi prigionieri della loro immagine rassicurante e dei loro capelli a caschetto, e invidiassero gli Stones per la relativa libertà di movimento di cui godevano.
Un’altra cosa che probabilmente non andava giù ai Beatles era che Mick Jagger e compagnia si fossero conquistati una maggiore credibilità presso il «giusto» tipo di pubblico, non ragazzine isteriche ma bohémien e intenditori. Dei quattro Beatles, era soprattutto John Lennon a non sopportare il fatto di dover reprimere così spesso la propria personalità. Più avanti, il fatto che i Rolling Stones venissero dipinti dalla stampa underground come eroi politici della sinistra, mentre i Beatles erano associati all’idealismo soft degli hippy, fu ragione di grande irritazione per lui.
Paradossalmente rifiutandosi di rimettersi insieme, i Beatles forse hanno lasciato un’eredità più solida. A differenza di altre leggende del rock e del pop degli anni ’60 e ’70, i Fab Four si sono ritirati quando erano quasi all’apice della forma. Non hanno annacquato il loro catalogo con una sfilza di dischi mediocri e non si sono reinventati come musicisti da tour, piazzisti che smerciano i loro successi di trenta-quarant’anni fa ai figli danarosi del baby boom.