I brevissimi 2000 – Il viola di Viviana Noce_Nuoro
anno 2000 (I sensi – Color viola)
Nel limbo di un colore indefinito, che plasma forme oscure ed indecifrabili, sommerse nel loro stesso fluttuare in aria rarefatta e nebulosa.
Come vivere nell’ostilità apparente, in una realtà che non contiene nient’altro che ombre, scevre di consistenza, simulate in pareti di magma fangoso e torbido, cercando di mantenere intatta la loro esistenza, di creare formule nuove, su cui adagiarsi, riposare inerti nella loro stessa voglia e necessità di esistere, sempre e comunque, senza perdere la propria individualità.
Individualità che nel VIOLA esiste, pur nella sua contraddittorietà… un colore che mostra l’immobilità nella fragilità, l’inconsistenza di un’esistenza incerta, esposta al cambiare del vento.
Tra i muri crollati di apparenti sicurezze, VIOLAte da certezze inalienabili, un esile passaggio di carezze fruttate, che spingono più in là, dove neanche il pensiero può lontanamente inoltrarsi, scontrandosi al caldo morboso ed infimo del rosso che nasconde la passione, velata da timidi e pudichi gesti.
Il languido presagio di antinomie, celanti l’allegria di un momento lasciato all’immaginazione, una lacrima che scende e trasporta al mare della leggerezza, dei pensieri che ruotano, danzando inerti nell’aria circostante.
Il respiro sofferto di un’anima che vola lontano, abbracciata e stretta alla sottigliezza di un sentimento che racchiude le proprie speranze, i tradimenti laceranti e mai dimenticati.
Di un’anima che nasce, sospinta da una mano che la sorregge e che la fa rivivere, attimo dopo attimo, lasciandola libera di essere se stessa, lasciandola libera i ritornare.
Neanche il mare potrebbe sopportare un peso inconsistentemente inconsistente, ma tanto grande da poter ricoprire l’universo intero, avvolgendolo di morbida rugiada fresca e limpida.
Ne osserverebbe il volto, impaurendosi di tanta scevra beltà e si chiederebbe chi avrebbe potuto mai creare un “essere” tanto libero quanto vivo.
Sospinta dal vento che l’ha generata, impaurita nell’universo che la ricerca, per scoprirne la provenienza, vagherebbe alla ricerca di un posto dove riposare, di un rifugio dove poter osservare e capire.
Non trovandosi a suo agio nel mondo che la circonda, si metterebbe in discussione ogni giorno, pur di materializzare quell’inconsistenza che la rende così diversa da tutto, affondare il suo essere silenzioso ed impaurito in una realtà totalmente sconosciuta, pur di comprendere la sua natura e veleggiare nello scoprire, pur di modellare il suo piccolo spazio dove ricreare attimi sfuggenti di purezza, dove rivivere se stessa.
Ogni momento della sua inconsistente esistenza da vivere, inosservata da incomprensibili ed acuti sguardi, sbiaditi dallo scorrere di un tempo silenzioso e tetro, che non lascia spazio all’immaginazione, alla felicità di un attimo che sfugge, ma ritorna.
C’è nel suo profumo, un delicato sapore antico, come di frasi rimandate da secoli trascorsi nell’inadeguata immobilità, di parole desuete che vengono riscoperte da appassionati fruitori di un obsoleto esistere, nella speranza di un ritorno, agli albori dell’umanità, quando il poco era la vita; il vissuto di un tempo che non ritorna, ma che non viene scordato da anime fulgide ed attente ai cambiamenti quotidiani.
Il suo colore rimembra di collezioni di timorosi ricordi, soffocati dal rumore delle lancette, che segnano l’inesorabile esaurirsi delle risorse di un cuore spezzato, che non ne riconosce la disperata armonia, investe nella sua forza, distruggendone la consistenza beata e lieta.
Quello stridio di urla disumane, che ancora animano sentimenti rapiti, chiedono, adulano, ad ampie mani pregano perché ancora possano esistere, crescere, morire di gioia, nella passione di un minuto, perché una lacrima possa far sbocciare ancora un nuovo fiore.
Un colore non è mai un colore… se lo si guarda da vicino, è la vita che cresce e non muore.