I brevissimi 2002 – Il trillo del diavolo di Domenico Cantanna_Speziale di Fasano(BR)
anno 2002 (I sensi – Gli odori)
Posta! Una busta biancheggiava oltre i fori della cassetta. “L’esito
dell’audizione…”. Il cuore di Giulio si lanciò in una serie di salti mortali
frantumandosi con uno “splash” sull’indirizzo del mittente: Prof. Ugo
Maresca.
“Noo..”, pensò. “Non un’altra serata di beneficenza”. Indovinato in pieno.
Il vecchio professore lo invitava ad esibirsi, l’antivigilia di Natale, alla casa
di riposo comunale, naturalmente per pura disinteressata filantropia. Un
milione di solfeggi, dieci anni di conservatorio, una precoce artrosi
cervicale e tutto quel che riusciva a rimediare era un concerto in ospizio. Il
sottile tarlo della depressione non trovò gran polpa da sgranocchiare.
Vivere di musica… Chi ci pensava più!
Giulio si affrettò, il ragazzino dall’orecchio più duro del mondo lo
aspettava per la lezione. Che strazio. La sera del concerto era di cattivo
umore. Si aggiustò lo smoking e diede un’occhiata al pubblico. Rimpianse
subito di averlo fatto. Fissò saldamente il violino tra la spalla ed il mento e
posò gli occhi sullo spartito: “Fantasia natalizia per violino solo”. “Un,
due, tre”, inspirò forte appoggiando l’archetto sulle corde… L’ultimo gesto
che in seguito ricordò d’aver fatto. Il suono della prima nota interruppe il
tossicchiare catarroso del pubblico, la seconda lo svegliò. I fondi di
bicchiere di Cosimino, un ottuagenario miope, presbite e fortemente
astigmatico, andarono in mille pezzi.
“Il diavolo… il trillo del diavolo”, mormorò Suor Luisa. L’archetto, animato
di vita propria, sfregava le corde, liberando un suono struggente, un acuto
inno alla vita. Le note stregate avvolsero ogni spettatore e senza riguardo,
al suo stato di salute o all’età, gli ordinarono di alzarsi e ballare.
Il primo a buttare la coperta fu Pasquale, balzò in piedi e restò incerto sul
da farsi… erano anni che non camminava più. Donna Vitina, liberatasi dalla
stampelle, lo afferrò per un braccio e lo guidò in una piroetta da manuale.
“No, non va bene”, si lamentò Pasquale. “Sono io il cavaliere, si faccia
portare da me”.
La neo coppia si lanciò in un valzer appassionato. Anche i più lungo
degenti scesero dalle carrozzine e provarono qualche passo di danza. La
musica vorticava, con la forza di un ciclone travolse quelle esili creature,
inducendole ad obliare la loro condizione. L’aiuto cuoco, un omaccione
irsuto, di centotrenta chili, sorrise senza denti all’esile sguattera e con un
caschè al cardiopalma, la spalmò su un sofà, come un formaggino sul
pane. Suor Luisa distolse pudicamente los guardo dallas cena immorale,
ma una bassa vibrazione le scosse le viscere e a pesce si butto nella
mischia supplicando un bacio. La professoressa Martinelli si agitò vedendo
la mamma ultranovantenne entrare ed uscire a ritmo di rock and roll dalle
gambe divaricate del vecchio Oronzo, ma quando Celestino, risvegliatosi
dall’arteriosclerosi più galoppante del west, la fece volteggiare sopra la
testa, la cosa le sembrò normale.
L’archetto si muoveva senza sosta, tormentando le corde del violino che
gemevano, urlavano… nessuno le aveva toccate mai in quel modo. Il suono
riempì la stanza, forzò una finestra e uscì all’aperto. Le tartarughe si
svegliarono dal letargo e andarono a fare dispetti agli istrici che ancora
sbadigliavano. Un coro di passeri fece affacciare un’insegnante di
catechismo e i bambini corsero in strada a giocare a cavallina, un gioco
che da cinquant’anni nessuno faceva più. La musica crebbe, sfiorò il cielo
sollevando tutti venti centimetri da terra e senza preavviso, cessò. In un
unico corale tutti ricaddero al proprio posto, i nonnini e le nonnine sulle
carrozzelle, la suora sulla poltroncina e gli aiutanti di cucina sulle seggiole.
I bambini si ritrovarono in sagrestia e gli animali si riaddormentarono.
Giulio aprì gli occhi, aveva l’impressione di essersi distratto… Guardò il
suo mesto pubblico e sospirando, ripose lo strumento, sarebbe stato
inutile suonare la ninna nanna di Natale: dormivano tutti così bene…