I racconti "brevissimi di Energheia"

I brevissimi 2002 – Sordo, muto e cieco di Flavia Piccinni_Lucca

anno 2002 (I sensi – I suoni)
Menzione dell’associazione Energheia

 

Questi cazzo di rumori, non riesco più a sopportarli. Basta! Non ne posso

più di alzarmi e ascoltare il maledetto trapano che batte contro il maledetto

pavimento. La gallina di mia suocera, che dal piano di sopra mi chiama

insistentemente, urla incredibilmente forte. I bambini, sicuramente o

troppo piccoli o troppo grandi, ma sempre troppo pallosi, imprecano. E poi

c’è il capo al lavoro, la polizia con i suoi controlli, quei maledettissimi

clienti. E poi ci sono le richieste, i desideri, le speranze. Che sono sempre

degli altri e che per me non ci sono mai state, e mai ci saranno. Ma da ora

basta. Da ora, dico, da ora, sono sordo. Ho deciso. Non sento più nulla.
– Caro, andiamo?
– Andiamo dove, scusa? – cazzo, dovevo essere sordo.
– Al lavoro. Caro, mi senti? Ci sei, Amore?
– Non sento più nulla. Dille a quella strega di tua madre che è

bene che mi tolga il malocchio, altrimenti i soldi per pagare le bollette del

telefono a lei e a quei pervertiti 166-dipendenti, non so dove li prenderà.
– Amore, ma stai urlando. Abbassa la voce che poi il Signor

Cremoni scende e prende di nuovo a schiaffi Franceschino. E non rimanere

lì con quella faccia da ebete. Mi senti?
– Lucia, Lucia non ti sento e non ti vedo. Sto morendo, Lucia,

Lucia, sto morendo, aiutami…
– Salvatore, è la terza volta in cinque giorni che fai questo

giochetto: sei patetico, patetico.
– Lucia non sento. Non vedo. Lucia, non scherzo.
– Via, ti vesto e ti porto al lavoro. Provvederanno lì.
Suona il campanello. Apre il figlio numero 3, quello troppo rompipalle e

grande. Sbraita qualcosa. Un uomo è arrivato per Lucia, che poi sarebbe

mia moglie. Sorrido. Lo nasconderà: cercherà di non farmelo vedere, lo

porterà in cucina e lo seppellirà fra i rifiuti della zia Giuseppina: è una

situazione grottesca. La vedo che cammina verso di me. Cioè, non la vedo,

perché sono cieco, ma so che è lei. Mi si avvicina. Parla. Dice che lei va,

deve lavorare con Gigi, il suo “amico”, e che sono solo un inutile intralcio.

Non mi muovo. Io sono cieco e muto e sordo. Mi agita una mano davanti

agli occhi il Gigi della situazione. Mi trattengo dal rispondere all’affronto.

Sono cieco e sordo e muto, ma mica scemo, quella è una tua prerogativa.

Mi limito a tossire. Vedo che i loro corpi si avvicinano, e vedo che si

baciano, appassionatamente. Non come io baciavo mamma o zia Lorenza,

ma come io la baciavo, Lucia, tempo fa.
Sono cieco e muto e sordo, ripenso fra me e me. Muovo la testa, ballo

armoniosamente su una canzone immaginaria. Sogghigno beffardamente.

Lucia alza la testa. Inizia a spogliarsi. “Sorprendente mia moglie, mi

tradisce davanti!”, penso. Forse è quello che mi merito, forse. Aspetto che

abbiano finito. Rimpiango quella passione che un tempo anche noi

avevamo. La guardo dritta nelle palle degli azzurri occhi. È nuda sul letto.

Il Gigi si sta rivestendo. “Vai al lavoro?”, mi urla velenosa. Non rispondo.

Cerco di non ribattere, ripetendo fra me e me: sono cieco, muto e sordo.

“Sì”, sussurro. “Dai, che sei in ritardo, io, almeno, già un cliente l’ho

fatto”.