I brevissimi 2003 – Chimera di Annalisa Croce_Barletta(BA)
anno 2003 (I sensi – Sfiorare)
Poi, certe notti, avveniva un prodigio: lasciavo che il tempo gocciasse via
dall’orologio e spalancavo le finestre, per rubare tutti i suoni ed i rumori
che la vita sapeva darmi.
Per assurdo, lentamente, dolcemente, la realtà attorno diventava più flebile
e confusa: luci ed ombre si fondevano e mi adagiavano attorno, come un
morbido guscio che riuscivo ad accarezzare col respiro. L’atmosfera era
soffice e densa, come la polpa di un frutto esotico.
Sentivo d’aver camminato per chilometri e aver lasciato tanto alle mie
spalle; ricordavo d’interi giorni passati a fissare un paesaggio dietro un
finestrino e bevevo con gli occhi tutto ciò che mi sollecitava l’anima. Il mio
essere assorbiva goccia a goccia… poi si fermava e centellinava quei
ricordi e quei piaceri.
Come in una fotografia, ero nell’angolo più remoto della terra, scivolavo
fra l’impeto delle cascate, per poi addormentarmi sugli scogli, riscaldati dai
raggi di un sole bollente o bagnati dalla pioggia estiva, calda e profumata.
Una notte pensai a mio padre, che viaggiava per lavoro e visitava i paesini
più assolati, dormiva in alberghetti di poche camere, nascosti nelle
campagne o fra i boschi. Quando tornava, mi portava frutti colti da piante
selvatiche, i ricci pungenti delle castagne ancora chiusi, mandorle in un
vellutato guscio verdino o strani dolci comprati da un fornaio di paese. Io
custodivo quei tesori ancora pregni del lungo viaggio: io, bambina,
speravo che anch’essi avessero anima e sensi nascosti chissà dove, per
raccontarmi…
Quando mio padre abbandonò quel lavoro, ogni sera, prima di
addormentarsi, disegnava percorsi su vecchie cartine geografiche e si
addormentava, sognando viaggi che non avrebbe mai fatto e neanche io
feci mai, ché al solo pensare di viverli, avrei avuto nostalgia o paura.
Ma quelle notti sfioravo la realtà, rubando solo ciò che desideravo:
l’adagiarsi dei cerchi di luce nel buio, l’abbaiare fioco di un cane…
Sentivo che era la mia anima a precedermi nei viaggi, era lei ad inebriarsi
dei paesaggi incantati, lei a fremere per l’emozione, la paura, la gioia. Fu
lei a portarmi presso un fiume dalle acque cristalline, il cui fondo era
animato da guizzi argentei: i pesci si confondevano con l’ondeggiare delle
acque ed io ero tra loro, ma ben presto mi rividi salire verso la cima di un
monte ricoperto dal verde.
Solo io, senza sentire altro me stessa… lontano vidi l’orizzonte.
Silenziosamente repressi la mia anima, poiché tremavo avvicinandomi ad
esso: quali universi custodiva, quali meraviglie celava…
… dolce non sentire e annegare nell’immenso…