I brevissimi 2004 – Il sapore della coda di lucertola di Andrea Serra_Cavaglià(BI)
anno 2004 (I sensi – Sapori)
Il tintinnio dei croccantini nell’atto goloso del versare è stato il primo dei
suoni che Pallino ha imparato ad amare; un suono tenue, che si ingrossa
d’un tratto, come un fiume in piena di crocchi e gusti succulenti, per poi
attenuarsi, nuovamente, nel gioco del dare e non dare, che fa ambire a
nuove razioni e accresce l’acquolina.
La ciotola non resta mai piena più del tempo necessario. Il piccolo divora
con l’avidità esigente di chi deve ancora crescere; i cibi che gli offrono
sono tutti deliziosi, anche se nulla può competere con la dolcezza
affettuosa della poppata concessa sino ad ora dalla mamma. Un fluire
dentro che riappacifica e rassicura di ogni timore. Ma Pallino non è un tipo
che si impaurisce facilmente. Corre nell’erba del giardino, saltellando
scompostamente, come tutti i cuccioli, e dà sfogo agli entusiasmi e alla
voglia di conoscere. Adora il tepore del sole sul pelo, il solletico dei fili
d’erba contro il pancino, quando si acquatta e finge un agguato a qualche
compagno di giochi. Le energie fluiscono per tutto il corpo, per la cosa,
per le zampe, sino agli artigli e gli donano un senso di appagamento che
lo entusiasma.
I grandi, talvolta, se ne lamentano, perché nella sua sovreccitazione,
Pallino disturba la loro pennichella o, peggio, vanifica gli appostamenti per
la caccia, ma come resistere al fascino del moto rapido di un topolino,
delizioso bocconcino o dello scodinzolio della coda tronca di una lucertola?
Il pizzicore accattivante che produce un brivido di piacere che gli fa rizzare
il pelo. Non scorda il compiacimento della madre, mentre gli insegnava i
rudimenti della caccia, trattenendo il topino con colpetti sicuri sulla zampa,
così che il suo piccolo potesse prendere confidenza con la prede. Quando,
ora, cattura un sorcetto, la sua soddisfazione maggiore è portarlo alla
mamma, che lo accoglie con approvazione e gli lecca tutto il pelo in
premio.
Lo lascia un po’ perplesso l’entusiasmo della padrona umana, che lancia un
grido forte, la viva contentezza, presume Pallino, ma poi cerca di portargli
via la preda, se lui non è rapido a mangiarsela. Il sapore della carne
conquistata sul campo è dolce assai, e lo fa sentire sempre più sicuro di
sé. Come quando riesce a sottrarre un pezzetto di salsiccia incustodita
dalla cucina dei padroni: ore di attesa, valutazioni attente, fingendo di
sonnecchiare per poi, zac! Al momento opportuno lo scatto e la corsa
fulminante in giardino, prima di essere scoperto, in tempo per divorare il
suo bottino, premio della sua pazienza, malgrado l’esuberanza della
gioventù. Il gusto intenso dell’adrenalina che digrigna le fauci e sfodera gli
artigli ad afferrare, l’illusione di onnipotenza, per un attimo, lo fanno
sentire con una criniera e un nome trionfale: leone.
Pallino ama giocare con i fratellini e gli amici in zuffe giocose, rincorse,
gare di arrampicate, cacce di gruppo. Catturare un porcospino e cercare di
mangiarlo, preservando il muso dagli aculei, oppure assaggiare dubbiosi, il
frutto sconosciuto dall’albero del giardino, per scoprire se è dolce o
acidulo.
Oppure, ancora, andare a provocare i cani, trattenuti dalle catene,
facendoli abbaiare, sino a sentire un brivido lungo la spina dorsale, e
rizzare il pelo, per far credere loro, di aver paura.
Chi, se non i gatti, può assicurare l’amor proprio di quei quadrupedi
ottusi? Poi, la sera, quando le energie della gioventù lasciano il posto ad
una soddisfatta stanchezza, un nuovo pasto delizioso, e un sonnellino
vicino al fuoco, col gusto buono dell’appagamento, e la dolcezza delle
coccole dei padroni, in quelle ore più disponibili ed affettuosi.
Quando si esce a miagolare alla luna, Pallino si unisce alle lodi al Signore
per aver fatto i gatti superiori alle altre creature. Perché i gatti sono
superiori, anche agli umani. Gli uomini sono dominatori del mondo, ma i
gatti sanno assaporarlo sin nel midollo, e perciò innalzano alla luna i loro
canti di lode.