I brevissimi 2004 – La compagnia dei golosi di Giovanni Maria Pedrani_Legnano(MI)
anno 2004 (I sensi – Sapori)
Menzione redazione de “La Gazzetta del Mezzogiorno”
“A Paolo!”, fecero tutti, sollevando il calice e brindando al loro amico che
non c’era più. Erano seduti, ormai, già da due ore a quel tavolo. L’ultima
volta era stato tre mesi prima, in quel tradizionale appuntamento che
vedeva coinvolti i vecchi amici ghiottoni. Quella volta, Paolo, era ancora
con loro. Iniziavano sempre raccontandosi la loro vita, come se fosse
l’ultima volta che si sarebbero visti.
Proseguivano con delle tartine innaffiate con un buon vino. E poi,
finalmente a tavola, dove avrebbero narrato le loro esperienze culinarie,
con l’entusiasmo di un esploratore che fa una scoperta meravigliosa. Dopo
qualche assaggio si lasciava, poi, lo spazio al piatto forte. Anche questa
volta la padrona di casa, che questa sera era Maria, portò il vassoio con
religiosa solennità. Lo posò sulla tovaglia al centro, in silenzio, con
delicatezza, con amore.
Il profumo avvolse la compagnia che, inebriata da quell’inconfondibile
aroma, conservò la quiete della situazione. Marco interruppe per
complimentarsi: “Anche stavolta hai superato te stessa, Maria!”.
Commossa, raccolse il sorriso e l’approvazione di tutti i convenuti ed iniziò
a riempire i piatti. Consumarono la pietanza con lentezza, boccone dopo
boccone, talvolta persino ad occhi chiusi, per assaporare la prelibatezza.
Solo dopo un po’ Claudia azzardò una sua preoccupazione: “Siamo rimasti
in pochi ad apprezzare la buona cucina. Già, dovremmo trovare altri
intenditori”. Ma i piatti non erano ancora vuoti, e quella frase rimase
inascoltata. In realtà, tutti sapevano in cuor loro che era vero. Di veri
gourmet ne erano rimasti pochi. Solo loro erano riusciti a superare i
confini dell’arte culinaria. Solo loro avevano osato sperimentare le
alternative più edotte della gastronomia. Ma erano rimasti solo in otto.
Carlo, Luisa e per ultimo Paolo li avevano lasciati. Consumarono l’ultimo
boccone con questo triste pensiero, ma con la gioia di aver potuto un’altra
volta assaggiare una autentica specialità. Si guardarono soddisfatti. È
difficile spiegare che cosa significhi, per un palato fine, il gusto. Appagarlo
equivale ad un orgasmo per una persona normale, ad un piacere completo
ed assoluto di tutti i sensi, contemporaneamente. Era venuto il momento.
Come ogni sera di ogni loro incontro, il rituale prevedeva che con gli
“avanzi” si preparassero tante polpettine quanti erano i convenuti. Maria
arrivò alla cucina con il piattino. Questa volta, con otto sfere croccanti, che
mise in tavola tremando, con una composta austerità.
Silenzio. Marco, il più anziano, allungò la mano per primo. Seguirono
Giulia, Luca, Sandro e tutti gli altri. L’ultima doveva essere la padrona di
casa, Maria. Ognuno reggeva la propria polpetta con due dita, forse
infrangendo una regola del galateo, ma assegnando a quell’atto una
dignitosa sacralità. La addentarono contemporaneamente. Un primo morso,
poi un secondo, l’ultimo per gustare l’estrema e finale delizia di quella
prelibatezza. Ancora una volta, il piacere invase il senso della loro vita,
lasciandoli nel silenzio che accompagna ogni voluttà.
Luca iniziò a tossire. Sputò il boccone ed allungò il braccio, come per
cercare di raggiungere il bicchiere. Stava avendo delle convulsioni, il suo
sguardo di terrore si aprì sugli altri, in una disperata richiesta di aiuto. La
bava alla bocca gli impediva di parlare, ma quegli occhi sgrananti erano
più eloquenti di qualsiasi parola. I suoi amici rimasero impassibili sulle
loro sedie. Qualcuno riusciva ad osservarlo mentre si contorceva, ma la
maggior parte aveva la testa bassa e le mani strette, sotto il tavolo per il
dolore e la consapevolezza. Oggi era toccato a lui. Speravano solo che
quella agonia finisse il più presto possibile. Furono accontentati. Luca si
inarcò con un ultimo disperato grido vitale, per poi accasciarsi
definitivamente sul tavolo, dove avevano appena consumato gli ultimi resti
del loro amico Paolo.